La questione casa a Termoli: le nostre proposte  riutilizzare edifici vuoti, calmierare gli affitti (terza parte dell’inchiesta)

La ex caserma dei Carabinieri in via Martiri della Resistenza a Termoli

TERMOLI – Dopo le prime due puntate (in cui abbiamo affrontato il tema degli sfratti e quello delle politiche abitative) prosegue l’inchiesta de La Città Invisibile/Termoli sulla questione casa nel nostro territorio con questa terza ed ultima parte, dove ci dedichiamo ad elaborare alcune proposte per intervenire sui bisogni collegati alla casa. 

Se, come pensiamo, infatti,  la casa è un diritto inalienabile di ogni persona, allora è necessario e urgente porre al centro delle politiche locali strumenti adeguati affinché tale diritto venga riconosciuto. La questione delle politiche abitative è, certamente, un tema molto complesso: esso si interseca con le problematiche e la visione degli amministratori rispetto alle politiche sociali, culturali, turistiche, urbanistiche. 

Alla luce della nostra esperienza di lavoro con i senza tetto e con le altre marginalità sociali, alla luce dei dati raccolti, ci sentiamo di proporre alcune misure e iniziative che potrebbero essere prese per intervenire efficacemente sulle situazioni di disagio abitativo. Sono proposte fattibili, nel breve e medio termine, in parte realizzabili con risorse già a disposizione, in parte realizzabili attraverso studio e progettazione, e soprattutto con tanta volontà personale e politica di riconoscere il diritto alla casa per tutti.

PER I SENZA DIMORA CRONICI: PRIMA LA CASA!

C’è, come dicevamo, anche chi a Termoli vive da più di quattro anni strada, senza casa (sono quelli che vengono definiti senza dimora “cronici”). In alcuni casi coincidono con situazioni di disagio psichico e dipendenze, disabilità fisiche, età avanzata, che richiedono necessariamente l’intervento di professionalità specifiche, e percorsi individuali. In questi casi la costruzione di un rapporto di fiducia e diretto è fondamentale e l’invio in strutture istituzionali non può essere imposto dall’alto.

Per queste persone il dormitorio non è evidentemente una soluzione praticabile, e spesso sono loro stessi a rifiutarlo per i più svariati motivi. Un ingresso a intermittenza e un limite di giorni, in aggiunta a regole che spesso non vengono accettate da chi è ormai abituato a un certo stile di vita, fanno del dormitorio un luogo non adatto a chi vuole riconquistare autonomia e tentare un percorso di re-inclusione. Caso per caso (sono in tutto circa un quarto delle situazioni riscontrate, in numeri assoluti davvero poche persone) è necessario offrire la possibilità a queste persone di ricevere un orientamento per accedere a forme di reddito e alle graduatorie per la casa popolare.

I progetti di Housing First in questo senso rappresentano secondo noi la modalità più efficace di intervento. Si basano sul principio che la casa è un diritto e che l’accesso alla casa non deve essere condizionato a “fare il bravo povero”. In altre parole, anche per chi ha problemi di alcool, droghe o disagio psichico la casa deve essere concessa come inizio di un percorso di autonomizzazione e non alla fine come “premio”. Le esperienze già in campo (in Italia da pochi anni, all’estero da molto più tempo) dimostrano che questo approccio funziona. Le persone da quando mettono piede in casa loro iniziano a stare meglio.

Come si può realizzare? 

Di nuovo, gli edifici pubblici in disuso potrebbero essere adibiti tra le altre cose a uso sociale, anziché venduti ai privati. Evitando di creare dei ghetti, è possibile fare di questi luoghi spazi di socialità, cultura e inclusione.

Oltre agli immobili pubblici, l’Housing First (come ci è stato ampiamente spiegato nel convegno di givedì 27 giugno presso la sala consiliare del Comune di Termoli) può essere realizzato in immobili di proprietà della Chiesa o altri enti benefici, così come con accordi diretti con piccoli proprietari privati, come funziona con il sistema di protezione e accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati.

PER CHI È IN EMERGENZA: RECUPERARE IL PATRIMONIO INUTILIZZATO

Per chi è in emergenza abitativa, cioè è sotto sfratto o ha perso la casa da poco, andrebbero predisposti appartamenti appositi dove persone singole, coppie o famiglie possano alloggiare per un periodo di alcuni mesi, personalizzato a seconda del bisogno, e accompagnati in un percorso di recupero dell’autonomia, per l’accesso a forme di reddito, formazione o lavoro. Questi appartamenti quindi andrebbero a liberarsi man mano che le situazioni di emergenza vengono risolte lasciando spazio a nuovi casi.

Per fare questo, edifici pubblici in disuso o abbandonati, andrebbero adeguati e messi a disposizione dal comune, a partire da quelli già idonei ad essere abitati (vedi l’ ex-caserma dei Carabinieri in via Martiri della Resistenza). La messa a disposizione di appartamenti per l’emergenza non richiede neanche l’affido della gestione a organizzazioni del privato sociale che devono impiegare personale. L’unico impegno del comune sarebbe quello di consegnare le strutture in buono stato, monitorarne periodicamente l’utilizzo e pagare le utenze. Inoltre le famiglie beneficiarie potrebbero essere coinvolte in un progetto di auto-recupero dell’immobile e degli appartamenti, che così avrebbe anche costi più bassi per il pubblico e contribuirebbe a rendere le case più intime, personalizzate e accoglienti.

L’ex-caserma potrebbe diventare così un vero e proprio condominio, in cui potrebbero essere predisposti alcuni spazi comuni per attività ricreative e per incontri di gruppo con volontari e servizi sociali, aperto anche ad associazioni culturali per eventi. Perché la marginalizzazione si combatte anche con le relazioni e la cultura. Senza grosse spese e senza costruire nuovi edifici si potrebbe sfruttare il patrimonio esistente e riutilizzarlo a fini sociali.

Esistono già in Italia numerosi esempi virtuosi di città che hanno dichiarato ‘Bene Comune’ alcuni spazi e edifici in disuso recuperati, in collaborazione fruttuosa tra istituzioni, abitanti e associazioni, come a Genova, Napoli, Messina, Milano, Venezia. Su questo alcuni cittadini in passato hanno già fatto una mappatura di spazi abbandonati e in disuso a Termoli che il comune potrebbe usare per attivare percorsi di pianificazione partecipata della città.

La ricchezza che può derivare dalla vendita del patrimonio immobiliare della città non sarà mai paragonabile alla ricchezza sociale che produrrebbe uno spazio come l’ex-caserma al servizio dei bisogni degli abitanti, per impedire a tante persone di scivolare nella povertà e intraprendere una strada verso la ritrovata dignità.

PER PRECARI, LAVORATORI POVERI, DISOCCUPATI, FAMIGLIE IN DIFFICOLTÀ: CALMIERARE IL MERCATO IMMOBILIARE PRIVATO!

Si potrebbe fare un censimento di tutte le abitazioni sfitte, vuote o inutilizzate, il che permetterebbe anche di avere un quadro completo della situazione (oltre che di mettere allo scoperto la vasta fetta di “nero” presente in città, soprattutto sugli affitti estivi). A Termoli, circa l’80% degli annunci di case sui diversi siti sono solo per i mesi estivi, oppure viceversa sono per case libere soltanto da settembre a maggio. Chi ha bisogno di una casa per vivere cosa deve fare? L’unica soluzione è pagare 2000 euro al mese per i periodi estivi, oppure lasciare la casa.

Esiste un enorme patrimonio di case private sfitte, vuote e inutilizzate per la maggior parte o tutto l’anno. Il comune può predisporre delle politiche per incentivare l’affitto a prezzi calmierati, ad esempio predisponendo una short list di proprietari disponibili a protocolli speciali per l’uso sociale delle case vuote (vedi Riace) oppure disincentivando l’inutilizzo e lo sfitto attraverso una leva fiscale progressiva sugli immobili.

La casa è un diritto!

La città invisibile – Termoli

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