Il Coordinamento 9 dicembre su S.s. 87
TERMOLI
. Il “Coordinamento 9 dicembre” scende di nuovo in piazza in nome della ‘rivoluzione culturale’ che, da quasi un anno, porta gli attivisti in giro per l’Italia. Dopo la riunione termolese di settembre, stavolta è toccato alle Marche ospitare Danilo Calvani e gli altri sostenitori. Hanno gridato ‘basta’ al sistema politico che ha messo in ginocchio gli italiani, privandoli della loro dignità.
Sono otto i punti su cui gli attivisti si stanno battendo, come si legge nel volantino: il non riconoscimento del potere politico illegittimamente costituitosi, lo scioglimento delle Camere, le dimissioni del Presidente della Repubblica, il ritorno alle urne, il rispetto della Costituzione, il disconoscimento dei fondi finanziari di salvataggio europeo, l’inserimento nella Costituzione del referendum propositivo e vincolante, l’istituzione di un tribunale speciale che indaghi e quantifichi i danni economici e proceda penalmente nei confronti di chi ha ridotto in schiavitù il popolo italiano.
Angelo Marino e Giuseppe Becci, rispettivamente coordinatore ed amministratore del movimento per la Regione Molise, spiegano cosa sta accadendo ed il motivo della protesta. “Ieri una formazione molisana si è recata a Centobuchi, nelle Marche, dove tutto il quartier generale ha avuto modo di incontrare la popolazione per ribadire gli otto punti su cui stiamo. Purtroppo dal 9 dicembre dello scorso anno ad oggi non è cambiato nulla per il popolo, noi tuttavia siamo sempre più determinati e più organizzati di prima”.
Lo scopo della mobilitazione generale è quello di dare uno ‘scossone’ al popolo italiano che “ha paura di reagire nei confronti del potere e non è aggiornato sulla situazione – continua Marino – Basta leggere le pagine del Mes (Meccanismo europeo di stabilità, detto anche Fondo salva-Stati, istituito dalle modifiche al Trattato di Lisbona, art. 136) per capire a cosa sta andando incontro l’Italia. Questo escamotage rappresenta solo un modo per tassare i cittadini, prelevando dai conti correnti e tassando i beni immobili, nel momento in cui si attinge al fondo europeo. I cittadini devono sapere, chiedo loro di leggere il Mes ed il trattato di Lisbona in modo da essere informati”.
Amareggiati dal comportamento della classe politica dirigente sia italiana che europea, il coordinamento chiede allo Stato “le immediate dimissioni di questi politici corrotti che hanno svenduto l’Italia e gli italiani. La nostra Repubblica e la sua Costituzione non sono più rispettate, la disoccupazione continua a mietere vittime, le tasse non fanno che incrementare questa situazione ed il malgoverno ha polverizzato la nostra dignità. Ci stanno svendendo. Siamo vittime di una guerra fra poveri che non fa che aumentare il loro potere”, ammette Marino.
Il Coordinamento nasce sulla scia della crisi politica ed economica, ma non ha intenzione di sostituirsi al potere statale e sia Marino che Becci ci tengono a sottolinearlo: “Non siamo né saremo mai un partito. Non abbiamo nessuna intenzione di candidarci. Nelle nostre riunioni non sono ammessi simboli o bandiere politiche di qualsiasi schieramento esse siano, solo la bandiere tricolore. Non tolleriamo nemmeno atti di violenza, ingiuria o minaccia. Lavoriamo per il popolo italiano, è importante che questo si capisca e che le persone ci appoggino”.
Sulla questione degli immigrati Angelo Marino commenta: “Dobbiamo prima di tutto pensare agli italiani, dopo a loro. Servono delle regole, come avviene in altre parti d’Europa; c’è la necessità di creare un registro nazionale dove iscrivere queste persone per capire chi sono, da dove provengono, se hanno un contratto di lavoro ed il motivo per cui sono arrivati qui”.
Qual è allora la soluzione per far ripartire l’economia? Marino ha le idee chiare: “Gli italiani devono affiancarsi al Coordinamento 9 dicembre, solo insieme siamo più forti e possiamo farcela. Dobbiamo uscire dall’euro, ristampare la lira e finanziare le nostre imprese, abbassando le tasse per aiutarle in questo momento di difficoltà e permettendo loro di assumere forza lavoro. Il Fiscal Compact o patto di bilancio europeo, lascia fuori tutte le imprese agricole ed industriali italiane, ma nessuno ne parla ed il popolo non ne sa nulla. Si parla solo di scemenze e non di cose serie che andranno ad intaccare il nostro futuro. A breve l’America ci guiderà a nostra insaputa. Non è giusto che i nostri giovani siano costretti ad andare fuori dal Paese per lavorare e non esiste che così tanti italiani siano senza lavoro e non abbiano la possibilità di provvedere alla propria famiglia. Adesso basta”. La paura di non farcela, tuttavia c’è: “Se non ce la facciamo saremo rovinati, ancora più di come lo siamo attualmente”.
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