CAMPOBASSO_ La vittoria chiara e netta dei sì ai quattro quesiti referendari non può che riempirci di felicità. Ci sarebbe piaciuto gongolare lungamente e magari parlare ora di estate e vacanze, ma purtroppo non possiamo distrarci perché un’altra sfida, egualmente importante, è alle porte: il rinnovo del consiglio regionale.

Ciò che ci rammarica e ci fa rabbia è che i partiti di centrosinistra nostrani puntualmente non hanno capito nulla di quello che sta accadendo in Italia e del procedimento vincente adottato con i referendum; non si sono neppure premurati, presuntuosi come sono, di cercare qualcuno che spiegasse loro come si è arrivati al raggiungimento del quorum e dunque alla risorgente passione politica di tanti disaffezionati per causa loro, prima ancora che alla bocciatura di leggi nefaste e lesive dei diritti dei cittadini e del buon vivere. La riprova è stata la meritata e preannunciata sconfitta al rinnovo del consiglio della provincia di Campobasso, di fronte alla quale non hanno fatto una grinza. L’autocritica in casa loro è bandita come nefasta e distruttiva.

Diciamocelo subito, ad alta voce e senza mezzi termini: alla stragrande maggioranza dei molisani sostituire il presidente della giunta regionale Iorio con un D’Ascanio, un Di Laura Frattura o un altro pinco pallino, famoso o di dubbia fama, non gliene frega assolutamente niente, se non cambia il metodo di fare politica. Qualunquismo? No, semplicemente indisponibilità ad essere utili idioti nelle mani di arroganti e inetti. Ne sa qualcosa quell’ercolino sempre in piedi di Roberto Ruta che continua impunemente a fare lo stratega per conto terzi e a collezionare, imperterrito, ammesso che non ci provi addirittura gusto, sconfitte su sconfitte. Un politico colombiano in corsa per il secondo mandato arringò gli elettori chiedendo di rinnovargli la fiducia perché col primo mandato aveva sistemato i più vicini e ora poteva pensare anche a loro, a differenza dell’antagonista che, in caso di vittoria, si sarebbe dovuto occupare anzitutto dei suoi. Fu vincente, come sarà vincente Iorio o chi per lui, se la sinistra non cambia stile. Noi lo pretendiamo. Altrimenti tanto vale tenersi l’originale piuttosto che le scimmiottanti brutte copie per nulla alternative.

Fare le primarie o designare direttamente qualcuno come candidato, prima di aver steso il programma, vuol dire truccare la corsa e turlupinare le persone. Il primo effetto sarà che i più resteranno a guardare.

Scaricare un programma di cose da fare da internet, e ce ne sono di pacchetti belli e confezionati pronti all’uso, senza confrontarsi con le esigenze e le attese concrete della gente è demagogico e fallimentare. Interpellare gruppi, associazioni, movimenti sui problemi e le attese per i quali soffrono e stanno lottando significa riaffezionare alla cosa pubblica e creare, attraverso la coscientizzazione, la partecipazione attiva. Non il tema generico dell’energia elettrica, ma la postura selvaggia di pali eolici ha aggregato circa 150 sigle nella lotta risultata vincente. La democrazia sta morendo non per ignavia dei cittadini, ma perché la si sta svuotando di contenuti da parte di chi si è impossessato delle leve del potere e agisce a suo esclusivo interesse. La ignobile trovata del consiglio regionale che, in un momento di crisi e di contestazione della casta, approva uno statuto che prevede 32 consiglieri e otto assessori ne è una prova; fu bocciato dalla corte costituzionale, ma non dai partiti ancora una volta totalmente irresponsabili.

Eppure i partiti hanno, nonostante tutto, una funzione indispensabile nel nostro sistema, perché è loro la grande responsabilità di sostenere, incoraggiare, fomentare i passaggi fin qui enucleati, anche se purtroppo sono sempre più avulsi dalla realtà, a tal punto che più di qualche idiota è attento unicamente a salvaguardare il proprio posto e a lanciare il suo nome, piuttosto che contribuire a costruire un’alternativa valida. Per non parlare della moltiplicazione di aggregazioni senza arte né parte che hanno l’unico scopo di rastrellare e fare incetta di voti in cambio di favori personali. La corsa di cinquecento candidati per venti scranni alla provincia di Campobasso sa più di concorso per un posto di lavoro, in tempo di crisi, che di volontà di impegno per il bene comune.

È un momento importante. La società civile, già in agitazione e mobilitata poi per i referendum, non è disponibile a fare da comparsa, incasellata come una tifoseria, ed esige prove tecniche di democrazia. O si costruisce insieme il futuro partendo dal basso oppure sarà costretta ad agire a prescindere, se non contro i partiti. Certo non rimarrà, spettatrice annoiata, a guardare una competizione dove in fondo l’uno vale l’altro, visto che usano gli stessi metodi e le stesse strategie da padroni assoluti del vapore. Presto gli scenari saranno delineati. Noi non ci sottrarremo perché vogliamo una società a misura d’uomo

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