Saverio Metere
TERMOLI _ Voglio innanzitutto ringraziare i quattro oratori gentilmente intervenuti alla serata di presentazione del libro: il dott. Alberto Montano, già sindaco di Termoli e oggi presidente del consiglio comunale, l’assessore alla cultura del comune di Termoli, avvocato Michele Cocomazzi, lo storico e presentatore del mio lavoro in quanto ne ha curato la prefazione Antonio D’ambrosio, già presidente del Consiglio Regionale di Campobasso e attualmente in lista per le primarie, uomo di vasta cultura e certamente tra i futuri politici più interessanti della nostra Regione. Infine, per ultimo ma non ultimo, in sostituzione del sindaco Di Brino, che non è intervenuto per problemi famigliari, è stato chiamato a presiedere il professore Achille Pace, illustre critico d’arte, vera gloria e vanto della nostra città, che faceva parte del pubblico.

Nella sala della Galleria Civica, oltre agli architetti Antonio De Felice e Tonino Crema, c’erano anche il giornalista sportivo Fedele La Sorsa, i corrispondenti della stampa molisana e della televisione regionale. Dopo gli interventi dei quattro oratori presentati con sapienza da Lucia Checchia, è intervenuto il sottoscritto che ha letto e commentato alcuni brani del libro. Il buffet di Giorgio Sprocatti ha concluso in modo sublime la serata.

Rispondiamo e precisiamo a quanti si sono interessati e hanno voluto scrivere sul mio lavoro. Diciamo subito che i commenti e le impressioni suscitate dalla lettura del testo sono state essenzialmente positive. Infatti, nell’articolo di Giovanni De Fanis, apparso il 16 agosto, all’inizio si leggeva: “Promette di far discutere e di sollevare interesse e reazioni animate “Famiglie, la saga dei Milongi” l’ultima opera di Saverio Metere…nel quale l’autore racconta dall’interno la storia della sua famiglia, formata da abili e laboriosi commercianti….mette in piazza con lucida consapevolezza le cose più intime di casa perché è persuaso che esse abbiano valore generale”.

E Antonella Salvatore su mytermoli sottolinea “… Un libro che ripercorre i principali avvenimenti accaduti a Termoli nel dopoguerra guardati con gli occhi dei componenti dei Milongi. Un libro che si legge tutto di un fiato”. E ancora il De Fanis: “…l’autore ha voluto inserire la saga dei Milongi nel contesto storico economico, rievocando con grande efficacia momenti e personaggi di un’epoca esaltante e buia, dando così al racconto un respiro assai più ampio e degno d’attenzione”.

Ma se il libro trattasse solo delle aspirazioni di una famiglia di diventare ricca non avrebbe suscitato l’interesse che in effetti ha avuto. La storia dei Milongi, il loro progredire si lega continuamente, costantemente, allo sviluppo del paese, di Termoli, che cresce e diventa una cittadina molto ambita e invidiata, come è, in un certo qual modo, invidiata la famiglia il cui progresso si muove in parallelo a quello di politici che il De Fanis definisce “… fantasmi del recente passato di Termoli considerati alla maniera di prepotenti e capricciosi signorotti medioevali”. E mentre questi signorotti distruggono quel patrimonio ineguagliabile che è stata La Villa di Piazza S. Antonio così i Milongi distruggono e annientano quello che avevano costruito in tanti anni di abnegazione: il significato stesso degli affetti familiari così faticosamente costruiti. Ancora una volta la storia del paese e quello della famiglia si sviluppano secondo un dualismo che viaggia in parallelo convergendo, alla fine, verso uno stesso scopo: l’accumulo di una ricchezza realizzata a scapito della bellezza dei luoghi per il paese e a detrimento di uno dei componenti per la famiglia.

Se le amministrazioni comunali sapevano solo distruggere il patrimonio naturale del paese (vedi la Villa comunale), ai Milongi non era mai riuscito di fare le divisioni : la ricca… torta finale, infatti, era stata divisa in cinque e non in sei, quanti erano i fratelli, sorella compresa. E ha ragione il De Fanis quando scrive che questo è “ …un risentimento dell’autore che percorre dall’inizio alla fine il libro”. D’altra parte quest’estate qualche cugino mi ha voluto incontrare esponendomi i problemi della divisione finale. Ma gli argomenti che proponeva riguardavano solo chi di loro aveva avuto di più e chi aveva avuto di meno. Nessuno ha pensato che era semplicemente stata “sbagliata” la divisione in quanto mancava uno dei divisori e il quoziente era molto più cospicuo per ognuno degli interessati alla spartizione; il “resto” della divisione, poi, era “zero”. Non scrivo queste cose perché voglio rivendicare la quota spettante a mia madre. Lo faccio perché sento di farlo. Prima di concludere, mi corre l’obbligo di dare un altro paio di risposte alle osservazioni, peraltro sempre pertinenti, della stampa. Ad Antonella Salvatore che nell’intervista mi chiede: “ C’è un messaggio nel libro? Rispondo che ce ne sono tanti. Il più importante, però, non viene dal sottoscritto ma da quel grande scienziato che è stato Albert Schweitzer. Nella prima pagina del libro, sotto la dedica a quel sant’uomo di mio padre, ho riportato le sue bellissime parole “ …se a qualcuno non diremo cose che gli dispiaceranno, non diremmo mai, per intero, la verità!”.

E la frase si commenta da se. A Giovanni De Fanis che muove un’osservazione sul taglio dato, rispondo che non ho voluto fare un racconto a sfondo sociale allargato interessando anche “…l’intera realtà di Termoli di quel tempo in cui la povertà e la disoccupazione la facevano da padrona e tanti erano i ragazzi tagliati fuori dall’istruzione per mancanza di mezzi” . Ho voluto descrivere le cose dal mio punto di vista tenendo presente il contorno delle persone che frequentavo nel periodo descritto, cioè fino al ‘63. Ho voluto dare questo taglio al racconto, altrimenti ci sarebbero voluti almeno altri due anni, dopo le oltre… trenta di gestazione della prima stesura. Come scrittore, poi, sono un dilettante e faccio fatica a mettere insieme tanti argomenti e scriverli in modo sempre corretto e comprensibile. D’altra parte i problemi che avevano i Milongi erano comuni a molti ragazzi, a molti dei giovani in quel periodo e si possono anche intuire per similitudine. La scelta, poi, di aver inserito delle poesie durante gli avvenimenti che descrivo, a mio avviso, non arrecano alcun disturbo al lettore facendogli interrompere il filo della lettura. E’ altrettanto vero, invece che, a volte, i versi riescono a tradurre certi aspetti e sentimenti che la prosa difficilmente riesce a fare. La poesia riesce a sintetizzare avvenimenti e personaggi, molto meglio e in modo più immediato rispetto a quello che possa fare la prosa.

Si pensi allo stesso Eduardo che traduceva in film delle poesie. Una per tutte: Vincenzo De Pretore, poesia portata sullo schermo dal figlio Luca. E’ stata, pertanto, proprio un’impostazione, una scelta espositiva molto meditata che esalta e traduce immagini che altrimenti non sarebbero state comprese fino in fondo; sono come note a pie’ di pagina che un lettore attento e intelligente si va a leggere per comprendere e approfondire meglio gli argomenti trattati. Lo stesso dicasi per le parti della narrazione che sono stati scritti con un carattere più piccolo e staccati dal filo della trama principale. E per concludere sveliamo il mistero del cognome della famiglia in quanto tanti mi hanno chiesto il perché dell’anagramma: perché Milongi e non direttamente Limongi? I motivi sono almeno due : il primo è per creare un senso di mistero nell’individuare la famiglia; Il secondo, molto più sottile, si riferisce al fatto che della famiglia Milongi facevano parte anche i Metere che comincia con la lettera “emme”. Una civetteria linguistica che per me ha un profondo significato… morale!

Tanto vi dovevo. Con affetto

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7 Commenti

  1. famiglie
    La “rivalsa”, a questo punto, può essere esclusivamente “morale”, che a mio avviso è molto più importante di quella economica. Inoltre, più che “vendetta” direi “giustizia”. E’ importante imparare anche la …divisione insieme alla …moltiplicazione!

  2. In risposta ai due precedenti …scriventi.
    Caro “ueh!” e caro “lettore” che vi nascondete dietro pseudonimi, fatevi riconoscere e spiegatemi cosa vuol dire “esibizionismo forzato” e “vendetta familiare”. Non sono questi i significati che ho voluto dare al mio racconto. Avete letto il libro fino alla fine? O vi siete fermati a pagina 10. Fatevi riconoscere. Io mi chiamo Saverio Metere. E voi? Resterete anonimi tutta la vita!

  3. All'”anonimo “altro lettore:
    Caro secondo anonimo “secondo lettore”, (ma siete tutti anonimi in questo paese?),vedo che non hai capito il senso della mia risposta. Io non “galleggio” come te che …galleggiando puoi solo affondare! Io volo in alto e volando vedo cose che tu non puoi vedere. Siccome il discorso è lungo, se t’interessa, autorizzo mytermoli a fornirti il mio numero di cellulare. Sono pronto a chiarirti molte cose che, magari, nel libro non ti sono state chiare. Cordialmente, Saverio Metere