MetereTermoli2018
L’architetto Saverio Metere

“Quod non fecit Mussolini, fecerunt degasperini”

TERMOLI – Il sottotitolo in epigrafe è tratto da Noterelle e schermaglie del 1953 di L. Russo. La qual cosa si riferisce più che allo statista trentino ai danni causati dal bustarellismo praticato dalla D.C dagli anni ‘50 fino alla fine degli anni ’70.

Termoli, come Roma, vanta il triste primato di aver subìto scempi di ogni sorta. La politica…i politici, hanno ridotto un paese, fiore all’occhiello del Molise, ad un paese brutto e inutile.

La storia è maestra di vita e poteva evitarci questo scempio!?

Risale all’agosto de 410 d. C. l’invasione dei Goti di Alarico che, in soli 3 giorni di saccheggio, ridussero Roma ad un ammasso di rovine, ammazzando, rubando e distruggendo opere sacre e chiese.

Successivamente, nel maggio del 1527, l’esercito imperiale di Carlo V, fornito di 30.000 uomini. italiani e spagnoli insieme a truppe tedesche di mercenari Lanzichenecchi, terminarono l’opera dei primi. A nulla pote’ il Papa Clemente VII che dovette consegnare anche tutto l’oro e l’argento della chiesa.


Nel seicento i Barberini completarono lo scempio della città. Le Pasquinate raccontano di episodi immondi di trasformazioni di interi edifici ad uso e consumo della famiglia del Papa Urbano VII Barberini. Questi, in virtù delle cariche e dei poteri ottenuti, fecero danni alla città maggiori di tutti quelli causati da tutte le precedenti invasioni barbariche messe assieme. Lo stesso Palazzo Barberini fu costruito con materiali presi dal Colosseo (sic!).

Arrivando ai nostri giorni, l’imbarbarimento è continuato. La Legge Urbanistica del 1942, prima col Piano casa di Fanfani del 1949 e in seguito con la cosiddetta legge Ponte del 1967, permise la costruzione di case anche al di fuori della normativa edilizia. Molti spazi verdi del nostro paese furono ricoperti da un’edilizia costituita da edifici brutti e senza limiti di volumetria.


A Termoli, il Piano regolatore del ’71 fece il resto. Sorsero interi immobili che prendevano il nome dai costruttori che li eseguivano; come il Palazzo Narducci in Piazza Monumento, il Palazzo Lops in Via Mario Milano di fronte all’altro di Macrellino, l’edificio enorme a forma di piramide che insieme a palazzo Cieri e gli altri che affacciano sulla sottostante Via Carlo del Croix, hanno contribuito alla devastazione della collina.


E ancora! I due palazzoni del Molinello, affiancati dagli altri due di fronte al vecchio ospedale e tutta la parete di case prima del viadotto, sono delle vere e proprie colate di cemento che hanno distrutto il paesaggio. E potremmo continuare. Scempio dopo scempio, il Comune costruiva case con un’edilizia popolare scadente e brutta, come quella verso il cimitero in Via del Calcio.

Anche l’attuale Municipio e quell’orribile costruzione che lo affianca, risalgono a questo periodo d’imbarbarimento edilizio. Anche il verde della Villa Comunale di Piazza S. Antonio spariva a favore di questi ultimi edifici, fatti edificare da amministrazioni diccine a scomputo-voti dei costruttori che garantivano loro poltrone e potere. Sparirono anche tutti i locali cinematografici: il Moderno, l’Arena Lucciole e l’Adriatico; quest’ultimo incartapecorito da oltre 15 anni in fondo al Corso Nazionale. La Chiesa di S. Timoteo si… giocava a dadi, come la veste di Cristo, il sagrato; costruendo, al suo posto, il cinema Oddo, intitolato al vescovo di Termoli Oddo Bernacca. Così, le nostre compagnie teatrali, ancora oggi, devono andare fuori, a Vasto, Campobasso, Guglionesi, se vogliono eseguire qualche pièce teatrale.

E il nostro paese: con un porto da fare invidia ai migliori porti d’Italia, un’Autostrada collegata alla rete italiana nazionale, una ferrovia dove transitano i treni provenienti da tutta la penisola da nord a sud, da est a ovest, deve dipendere da città che dovrebbero solo leccarsi… le ferite per non avere avute, da madre natura, le nostre preziose specificità. Si sta verificando quello che neanche Iorio era riuscito a fare: sostituire Campobasso con Termoli!

Ma i barbari non sono solo a Termoli. Essi risiedono altrove, in quei paesi, in quelle città che ci hanno sempre invidiati. Che fare? Reagiamo! Non blocchiamo le nuove idee che ci vengono proposte e smettiamola di costruire case su case, catrame e cemento! É ora di pensare ad un paese che vuole crescere, andare avanti: per noi, per i nostri figli e nipoti.

Pensiamo, piuttosto a riaprire i reparti ospedalieri, curare ed eliminare tutte le negatività che non ci consentono di avere la bandiera blu, intervenire nel porto non più con dispendiosi disabbiamenti che vanno avanti da oltre sessant’anni, ma con un progetto organico e definitivo. Facciamo in modo che nel nostro paese la cultura abbia più spazi effettivi di aggregazione con la creazione di auditori, servizi per i cittadini e per gli ospiti che vi transitano.

Il ripristino della “Galleria d’arte Contemporanea” istituita da Achille Pace, che tanto ha dato a Termoli, potrebbe essere un segnale positivo in modo che il sogno del grande critico d’arte termolese di “…rendere Termoli un esempio di civiltà e d’amore e rispetto dell’arte…” possa finalmente realizzarsi.

Altrimenti resteremo sempre un paese di serie B. E questo veramente non ce lo meritiamo!

Saverio Metere

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Saverio Metere
Saverio Metere è nato a Termoli il 23 settembre del 1942. Vive e lavora a Milano dove esercita la professione di architetto libero professionista. Sposato con Lalla Porta. Ha tre figli: Giuseppe, Alessandro, Lisa. Esperienze letterarie. Oltre ad interventi su libri e quotidiani, ha effettuato le seguenti pubblicazioni: Anno 1982: Lundane da mazze du Castille, Prima raccolta di poesie in vernacolo termolese; anno 1988: I cinque cantori della nostra terra, Poeti in vernacolo termolese; anno 1989: LUNDANANZE, Seconda raccolta di poesie in vernacolo termolese; anno 1993 da Letteratura dialettale molisana (antologia e saggi estetici–volume primo); anno 1995: da Letteratura dialettale molisana (antologia e saggi estetici–volume secondo); anno 2000: I poeti in vernacolo termolese; anno 2003 (volume unico): Matizje, Terza raccolta di poesie in vernacolo termolese e Specciamece ca stá arrevanne Sgarbe, Sceneggiatura di un atto unico in vernacolo termolese e in lingua; anno 2008: Matizje in the world, Traduzione della poesia “Matizje” nei dialetti regionali italiani e in 20 lingue estere, latino e greco.