Con l’economia civile si può. Il Molise capofila della Rete dei Distretti di Economia Civile.

Rete dei Distretti di economia Civile
Guglionesi – Rete dei Distretti di economia Civile

GUGLIONESI – Diciotto dicembre 2022, a Guglionesi istituita la Rete dei Distretti di economia Civile. – “ Siamo felicissimi di essere stati i primi a deliberare la costituzione delle rete dei distretti di economia civile insieme a Castiglione del Genovesi. Crediamo che dal buio si possa ritrovar la luce”.-  Con queste parole piene di saggezza, il Sindaco di Guglionesi, Mario Bellotti, ha aperto l’incontro che ha sancito la nascita della rete tra Enti, privati, associazioni.

Centinaia di adesioni hanno scandito la marcia verso un traguardo che ha dell’incredibile. La forza dirompente del progetto che vede Stefano Zamagni tra i fautori, ha determinato un successo che ha travalicato i confini di moltissime regioni italiane. Solo qualche mese addietro, in occasione della tre giorni molisana che ha visto la consegna delle chiavi della città di Guglionesi nelle mani del prof. Zamagni, conferendo egli la cittadinanza onoraria, tutto sembrava utopia. Nell’occasione nasceva un comitato spontaneo costituito dal Parco letterario e del Paesaggio “F.Jovine”, dall’Arci cittadina, dalla sezione Anpi “ Primo Levi”, dal Comune di Guglionesi che avviava la consultazione con i vari distretti di economia civile sparsi per la nazione. Dalla Campania alla Lombardia passando per la Puglia, Veneto, Liguria, Toscana, Marche, unanimemente si rilevava la necessita di mettere a sistema i distretti e porre l’attenzione del problema “lavoro” al centro di ogni condizione cognitiva. L’esperienza del distretto del merletto e dei filati, rinvigoriva l’idea e la storia segnerà nei suoi annali, un risultato che neanche il prof. Zamagni, nell’auspicarlo, poteva immaginare, queste le sue parole del suo intervento da remoto –“ Sono così felice del risultato ottenuto che ho in bella vista la mia targa del conferimento della cittadinanza onoraria. Molti mi chiedono dove e come sia Guglionesi e nell’essere orgogliosamente vostro concittadino, pur se onorario, dico loro solo di prender esempio e porsi immediatamente al sevizio per amplificare le gesta di capofila di una idea che sempre più si materializza come futuro consapevole di rinascita e di vita condivisa da sussidiarietà, reciprocità, bene comune”.- Molti gli interventi che hanno tracciato la strada verso lo firma dell’atto. Moderati da Maurizio Varriano hanno relazionato : Valerio Pediconi presidente della Commissione speciale sull’economia civile e Terzo settore, istituita dal Consiglio Comunale di Milano; Antonella Ciaramella, membro fondante del Comitato scientifico Osservatorio Regione Campania sull’economia Civile, responsabile della “ Casa dei Diritti” in Campania; Filiberto Parente, già presidente del Forum del Terzo Settore della Regione Campania e presidente Acli Campania; Giorgia Salvatori, già assessore all’economia civile del Comune di Campi Bisenzio; Gianni Pinto, sociologo della Caritas Termoli/Larino; Sabrina del Pozzo, presidente Arci Molise; Costanzo Cascavilla in rappresentanza del Consorzio pugliese “ Gargano slow”; L’approccio dell’Economia Civile, sviluppato dagli economisti Luigino Bruni e Stefano Zamagni, delinea una nuova prospettiva culturale volta a conciliare le interazioni economiche del mercato con i principi di reciprocità e fraternità già espressi nel Medioevo e nell’Umanesimo Civico dei secoli XV e XVI, e ripresi più tardi nel Settecento dalla scuola di Napoli, guidata da Antonio Genovesi.

Guglionesi – Rete dei Distretti di economia Civile

Le persone tornano al centro di realtà relazionali, il mercato viene spiegato come un luogo di vantaggio reciproco, dove le relazioni non sono motivate né solo dall’interesse personale né solo dall’altruismo, ma da un virtuoso equilibrio di entrambi. La reciprocità offre la possibilità di realizzare i propri progetti di vita all’interno di una dimensione di mutuo valore, in cui si riconosce l’altro come necessario alla propria autorealizzazione. L’Economia Civile attribuisce un volto umano all’attività economica e sceglie il principio di reciprocità come l’elemento chiave per raggiungere il “bene comune”. Nel bene comune le persone non sono parte di un indistinto gregge sociale, comunemente dalla politica identificato come pecore ammansite e succubi di un sistema sempre più verticistico e appropriato alla condizione di sudditanza dal padrone di turno, anche se da decenni sempre lo stesso, ma rappresentano unità uniche e irripetibili, ciascuna apportatrice di un contributo e ugualmente importante. Pertanto, non è possibile anteporre il bene di un singolo a scapito di quello di un altro. Basta pensare, per aver contezza di ciò che rappresenta il valore dell’economia mondiale, che negli ultimi trent’anni la produzione economica mondiale sia più che triplicata, ma i benefici di tale sviluppo hanno raggiunto solo marginalmente le classi più povere della popolazione, aumentando le disuguaglianze economiche e sociali. Concentrarsi solo sulla crescita economica, senza tener conto della sua distribuzione, ha consentito e consentirà, sempre più, favorire la ricchezza di pochi a discapito dell’altra faccia di un mondo che fa fatica ad esistere. La felicità viene così nascosta ben bene sin da pensare che questo tipo di crescita economica sia sinonimo di infelicità, di smarrimento del potenziale “Uomo “, sia la fine di un libero pensare.

Per questo è necessario tornare a parlare di uomini e non di padroni, di vita e non di morte. Non a caso il più bel monologo sulla difficile condizione di anomale sofferenza dettata dal padrone di turno ci porta a riflettere ed a renderlo un inno per il Mondo che vuole continuare ad esistere, ad essere partecipe al cambiamento e vedere prima o poi, come ci canta Lino Rufo, cantautore decisamente avanguardista, autore dell’inno della rete, la ritrovata felicità. Ed allora il tutto: – “Si ricapitola, si riassume in questa parola: amarsi; però c’è una cosa da dire: che il tempo passa, e il problema fondamentale dell’umanità da 2000 anni è rimasto lo stesso… amarsi. Solo che ora e diventato più urgente, molto più urgente, e quando oggi sentiamo ancora ripetere che dobbiamo amarci l’un l’altro, sappiamo che ormai non ci rimane molto tempo”, ci ricorda Benigni con il suo splendido monologo. Benigni ci ha reso, come Lino, un servigio senza pari. La logica dell’utilitarismo, che ci propina un oggetto per soddisfare un bisogno, non realizza il nostro desiderio di essere felici. Siamo esseri umani, meritiamo di più.  Contro corrente, l’Economia Civile ci parla di felicità in termini di persone e non di cose, invitandoci a perseguire l’espansone di beni relazionali e non l’accumulo di beni di mercato. Paradossalmente, la felicità individuale si realizza con la felicità degli altri. La nostra felicità è una felicità pubblica

«È legge dell’universo che non si può far la nostra felicità senza far quella degli altri», sosteneva Antonio Genovesi, filosofo ed economista italiano a cui, nel 1754, fu affidata la prima cattedra di economia per la quale impartirà “Lezioni di economia civile”. Tra i maggiori esponenti dell’illuminismo italiano. Genovesi indica proprio il mercato come luogo di mutua assistenza e reciprocità: la peculiarità della sua riflessione consiste nel veicolare un’idea di economia legata ai concetti di pubblica felicità e incivilimento. Il cardine di tutta la sua riflessione è rappresentato dal principio di relazionalità come costitutivo della persona: «in uno stato umano è da reputarsi più infelice quanto è quello di essere soli, cioè slegati da ogni commercio de nostri simili. È un detto di Aristotele bello e vero, che è forza che l’uomo solitario e contento di sé solo sia o divinità o una bestia».

Oggi l’economia civile ha un programma che si pone come alternativa alla teoria economica classica nella misura in cui pone al centro la persona e considera il mercato, l’impresa e l’economico in sé luoghi di amicizia, gratuità e mutuo vantaggio. Occorre ridisegnare ed attuare un tentativo di riforma contro un’economia che esclude, un’economia dello scarto. Infatti, come è solito affermare il noto economista Luigino Bruni, “l’economia o è civile o è incivile”, ed è incivile quando esclude, penalizza, sfrutta, distrugge la vita comune. L’economia e la filosofia devono camminare insieme per riconsiderare il legame esistente tra economia, relazioni personali e felicità intesa, in senso aristotelico. Questa è la sola rilettura possibile per porre le domande giuste al discorso economico, a cominciare dalla domanda sull’uomo. 

Le relazioni sociali devono essere alla base dell’economia civile e rappresentano la cerniera tra economia e felicità. Come già evidenziava bene Aristotele, la grande peculiarità dell’essere umano è la relazionalità: “Senza amici, nessuno sceglierebbe di vivere, anche se possedesse tutti gli altri beni” (Etica Nicomachea, VIII, I). Il danaro fine a sé stesso non è la molla per essere felici, ci ricorda Richard Easterlin, presto divenuto noto per aver dimostrato che vi è un paradosso “della felicità “, visto il debole legame tra reddito e felicità in tutti i Paesi che hanno già raggiunto una certa soglia di ricchezza, contraddicendo in tal modo una convinzione che era alla base dell’economia classica. Solo il concetto di bene relazionale consente di risolvere tale paradosso, ponendo al centro la persona.

A tal proposito è necessario diffondere la missione e prendere esempio da economisti del calibro di Stefano Zamagni e Luigino Bruni, fondatori della Scuola di Economia Civile (SEC), con sede ad Incisa Valdarno. «Necessità di superare un’impostazione che vada oltre i singoli atti di responsabilità sociale e di mera filantropia, in favore di una che sia capace di interiorizzare una prospettiva che riconsideri integralmente il modo di essere e fare impresa». «Può l’industria darsi dei fini? Si trovano semplicemente nell’indice dei profitti? Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinate, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica?».

Questo è l’ideale di Adriano Olivetti (1926-1960), il cui obiettivo infatti, era tradurre in progresso civile i risultati del processo produttivo: secondo questa concezione, infatti, l’impresa è irriducibile al puro profitto. La fabbrica si sviluppa per creare e diffondere, al proprio interno e nella realtà circostante, una migliore qualità della vita. Ancora più recentemente, una traduzione del modello di economia civile è rappresentato dall’Economia di Comunione (EdiC), con le peculiarità che derivano dalla dimensione di fede e spiritualità in cui nasce. 

A dare inizio a questo modello di economia è Chiara Lubich (1920-2008), fondatrice del Movimento dei Focolari, in seguito ad un viaggio in Brasile nel 1991, in cui rimase scandalizzata dalla disumana povertà che incontrò. Umanizzare l’economia attraverso la creazione di imprese guidate da persone competenti per ricavarne degli utili da mettere in comune e da distribuire in favore dei poveri, per creare strutture deputate alla formazione di “uomini nuovi”, capaci di diffondere questo progetto, e, infine, per lo sviluppo dell’impresa. L’economia di comunione, che pone alla propria base il concetto di persona, rifiuta il paradigma dell’assistenzialismo e promuove invece la cultura del dono: il dono, infatti, non ricerca lo scambio di equivalenti ma persegue il rafforzamento delle relazioni sociali. Il Mondo è nelle condizioni globali che hanno generato ricchezza per pochi e povertà per molti. Sono sei le grandi potenze mondiali che, oltre le Banche, generano disuguaglianza e tristezza, generando vizi mortali, guerre psicologiche che sfociano in guerre fratricide e distruttrici. La forza bruta dell’onnipotenza a tutti i costi danneggia l’essere vivi e godersi senza fronzoli e comunitariamente quel mondo della tradizione che ci porta a pensare, senza mezzi termini, che la Vita è decisamente al di sopra di ogni Morte, anche di quella più scontata. Per avere occorre donare e non creare un verticistico Mondo che guarda dal trono solo per sentire i lagni e non distruggere quella malerba che sempre più inaridisce l’altra e fa morir. Dal Molise, piccola regione dal sapore della biodiversità e della categorizzazione politica, misteriosa e dominante, parte così la sfida con l’istituzione della Rete Nazionale dei Distretti di Economia Civile. La riflessione è d’obbligo, la vita e la felicità, un dono.

La rete è conseguenza di un progetto, di una responsabilità che va oltre ogni confine. Essa non può prescindere da perequazione ed identità. Per il Molise spiccano le adesioni, oltre chiaramente al Comune di Guglionesi, dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo del Molise, del Distretto Molise Centrale, della Fondazione Hera, la rete consortile “CibiMolisani”. In sala Laura Venitelli , a rappresentare continuità e partecipazione attiva, in rappresenza della “Casa dei Diritti“ Nazionale.Il Manifesto dell’economia civile si arricchisce e consta ad oggi di oltre 150 firmatari. Prossimo incontro a Milano presso la sede Cittadina. Li si decideranno i vertici che guideranno la rete nazionale. 

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