…dove si serve quasi esclusivamente birra!

La cantina di ‘Ndonje “ Ghjettone”, nel borgo antico di Termoli

TERMOLI – Le cantine, fino ai primi tempi del dopo guerra, sostituivano i moderni bar. Si andava a bere vino oppure a giocare a carte. Ce n’erano tre o quattro: quella di “Ze’ Basse” nella Vecchia Piazzetta, oggi trasformata in uno dei ristoranti più esclusivi di Termoli e del Molise. Mi è capitato più volte di indicarla a forestieri che andavano alla ricerca di un locale dove si potesse mangiare pesce fresco. Ereditata dal figlio Antonio, oggi è di proprietà di Massimo. Il pesce è sempre fresco ma non si gioca più a carte. E’ qui che, fino agli anni cinquanta, si trascinava Giosuè Colarelli dalla vicina via Mercato: aveva una sola gamba, l’altra la poggiava su una sedia e andava a farsi il suo litro di vino.

La seconda era quella in Piazza dei Martiri d’Ungheria. Si chiamava “Cocce de Cavalle”, dall’insegna di una testa di cavallo in lamiera posto a bandiera sull’ingresso. Era costituita da due locali, di cui uno era adibito al gioco delle carte. Aveva all’esterno uno spazio dove nel periodo estivo si facevano memorabili e arroventate passatelle a “Tressette”, “Briscola” o “Scopa”. Dopo alterne vicende, i locali sono stati adibiti prima a bar, il “Marconi” e di recente a pasticceria dal nome molto originale “Le delizie del grano”, con tavolini esterni sulla piazza.

La terza è quella di “Sette Giacchette”, in via Borgo trasformata in mini-pizzeria. Il nome fu tradotto in un inglese-vernacolo maccheronico. Si chiamava “Seven Jaket”. Durò pochi anni. I gravi danni subìti ad opera di screanzati convinsero il proprietario a chiuderla.

C’era un’ultima cantina che si trovava sulla via Sannitica, ad angolo, nei pressi dell’attuale Chiesa di S. Antonio. Era di “Verzella”, dal nome del proprietario. Era frequentata da tutti quelli che abitavano in zona nei pressi del cosiddetto Colle di S. Lucia.

CantinaGhjettone

La nostra si trova nel Paese Vecchio, dopo il faro. In effetti, non si può neanche definire una “cantina” vera e propria, una di quelle classiche dove si beveva quasi esclusivamente vino. Quella del Paese Vecchio gestita da ‘Ndonje “ Ghjettone” (Antonio il “ghiottone”) è un locale sui generis dove si beve birra: si entra nel locale, si prende una bottiglia nel frigo e si versa nel bicchiere. Tutto a self service. Antonio, raramente si alza per servire!

Le volte che sono entrato non ho mai visto nessuno giocare a carte. Forse si fa. È costituita da un locale rialzato molto accogliente più un piccolo angolo di cottura, posto sulla sinistra del locale; le pareti sono ricoperte da quadretti tipici e poesie in vernacolo.

Il proprietario è molto cordiale e si circonda solo di amici che ogni tanto vanno a mangiare una frittura o una zuppetta di pesce. È questo, forse, l’unico modo perché possa sopravvivere un’istituzione del genere!

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Saverio Metere
Saverio Metere è nato a Termoli il 23 settembre del 1942. Vive e lavora a Milano dove esercita la professione di architetto libero professionista. Sposato con Lalla Porta. Ha tre figli: Giuseppe, Alessandro, Lisa. Esperienze letterarie. Oltre ad interventi su libri e quotidiani, ha effettuato le seguenti pubblicazioni: Anno 1982: Lundane da mazze du Castille, Prima raccolta di poesie in vernacolo termolese; anno 1988: I cinque cantori della nostra terra, Poeti in vernacolo termolese; anno 1989: LUNDANANZE, Seconda raccolta di poesie in vernacolo termolese; anno 1993 da Letteratura dialettale molisana (antologia e saggi estetici–volume primo); anno 1995: da Letteratura dialettale molisana (antologia e saggi estetici–volume secondo); anno 2000: I poeti in vernacolo termolese; anno 2003 (volume unico): Matizje, Terza raccolta di poesie in vernacolo termolese e Specciamece ca stá arrevanne Sgarbe, Sceneggiatura di un atto unico in vernacolo termolese e in lingua; anno 2008: Matizje in the world, Traduzione della poesia “Matizje” nei dialetti regionali italiani e in 20 lingue estere, latino e greco.

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