Termoli la Fontana di P.zza S.Antonio: la figura del giovane Nettuno che sembra soggiogare dei pesci
Termoli la Fontana di P.zza S.Antonio: la figura del giovane Nettuno che sembra soggiogare dei pesci

TERMOLI – Una data mi lega in particolar modo alla splendida terra in cui vivo. Sono nato nel 1963 da madre molisana e padre abruzzese quando il Molise fu istituito separandosi dall’antica regione Abruzzi e Molise, diventando la ventesima regione d’Italia. Inizialmente, aveva solo la provincia di Campobasso, ma dal 1970 si aggiunse anche la provincia di Isernia.

Con il recente dibattito sull’abolizione delle province, ho posto una domanda semplice e provocatoria a Micaela Fanelli, consigliere provinciale di opposizione di Campobasso: se siete d’accordo con l’abolizione delle province, perché non vi dimettete immediatamente?

La risposta è stata: “Il discorso è molto più complicato. Io non mi sono mai espressa per la soppressione delle province in quanto ente di coordinamento territoriale con competenze ben individuate e risorse e servizi da gestire. Penso tuttavia – continua la Fanelli – che il sistema istituzionale complessivo vada semplificato e che quindi, più che il tema dell’abrogazione, soprattutto in Molise vada ridisegnata l’architettura istituzionale. Gli sprechi di cui oggi tanto si parla sono molto più annidati altrove e molta della manovra in atto contro province e comuni è demagogia”. 

Anche i presidenti delle due province, Rosario De Matteis e Luigi Mazzuto, sono naturalmente dello stesso parere e si oppongono alla loro abolizione.

Mi sarei aspettato una risposta altrettanto semplice, invece, le risposte sono state che l’abolizione delle province è una manovra inaccettabile e demagogica, che continua a servire gli interessi di chi vuole mantenere la situazione attuale. Si parla di abolire tutte le province senza distinzione, ma quando si tenta di semplificare delegando le responsabilità ai comuni e alle regioni, per eliminare i parlamentini provinciali, sorge un vespaio di proteste. E oggi, l’annuncio del dietrofront, invocato in nome dell’equilibrio della finanza pubblica e della sua difficoltà di mantenimento, che fa annullare l’abolizione delle province che era stata decisa come misura urgente.

Tornando al Molise, l’unica regione italiana nata dalla separazione da un’altra regione, oggi, a 48 anni da quell’evento, si pone un interrogativo sul “MoliSannio” (cioè la fusione dell’attuale Molise con la provincia di Benevento). I nostri rappresentanti politici, instancabili e lungimiranti, ci chiedono con un referendum se in futuro vorremmo chiamarci molisanniti oppure moldauni, idee che derivano da un federalismo mai realizzato. Qualcuno sostiene: “Perché no? Il referendum è uno strumento di democrazia, sarebbe la prima volta nel Molise e sarebbe interessante sapere cosa pensano i molisani. Nessuno può arrogarsi il diritto di decidere per tutti e di credere che le proprie convinzioni siano quelle del popolo”. A quel qualcuno posso solo rispondere: “Ogni giorno ci propongono referendum per ogni sorta di idea strampalata, svilendo il vero scopo di questo strumento di democrazia diretta. I referendum hanno un costo, soprattutto se sono inutili come quello per il ‘Molisannio’. Oggi, in questo momento storico particolare, ci sono temi più importanti e una lunga lista di attese”.

Inoltre, è necessaria un’analisi dei risultati raggiunti da quella separazione. Purtroppo, la mia analisi sarà sicuramente di parte, rappresentando solo una parte del Molise: quella produttiva, quella che ha perso opportunità nel settore turistico, quella che avrebbe potuto essere il motore di sviluppo della regione, quella in cui tutti cercano consensi. Oggi abbiamo bisogno di un riscatto, senza creare divisioni campanilistiche, ma dobbiamo ammettere che dalla separazione “la costa è costata ben poco mentre le colline sono in fiore”.

Quindi, benvenuto il ritorno all’antica regione Abruzzi e Molise; tanto è cambiato poco, niente dalle colline oggi, né tanto meno prima dalle montagne (ndr, Campobasso e L’Aquila). Per questo credo che in 48 anni la storia avrebbe potuto offrire un futuro migliore a questa terra. Vorrei concludere con un augurio: spero che nel 2013 brinderò non solo ai miei 50 anni, ma anche alla rinascita degli Abruzzi e Molise.

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Tony Cericola
Web designer, videomaker, editore, copywriter e blogger. Da quando è nata internet mi occupo di costruire strategie digitali per le aziende. Il mio lavoro consiste nel trovare un punto di contatto creativo tra il mondo digitale, dei social media e gli obiettivi dell’azienda, costruendo un piano strategico ed editoriale. È importante individuare gli strumenti giusti, il budget e i canali media a disposizione per non disperdere le energie.

8 Commenti

  1. Fermata la carica dei 110
    Notizia ANSA del 29 agosto, 19:36 _ OK MAGGIORANZA A SOPPRESSIONE TUTTE PROVINCE-Raggiunto un accordo per la soppressione di tutte le province per via costituzionale. E’ quanto si apprende da fonti di maggioranza. L’intesa sarebbe stata raggiunta nel corso del vertice di Arcore.

  2. Primo passo
    Ricongiungersi con l’Abruzzo è solo un primo importantissimo passo, bisogna andare oltre e pensare alla Regione Adriatica con le Marche. Anche la classe dirigente che ci rappresentarà sarà migliore e certamente non si avrà un consigliere regionale eletto con pochi centinaia di voti o meglio da qualche condominio.

  3. non ci sono alternative
    Se vogliamo giocare, giochiamo. Se vogliamo parlare con raziocinio allora non ci sono alternative. Una regione che possa stare diciamo quasi alla pari con regioni come l’Emilia Romagna, il Lazio, la Puglia, non può che essere la Marca Adriatica. Le altre ipotesi che si leggono non risolvono il problema della massa critica. Solo con una popolazione di tre milioni di abitanti si può avere lo status di regione europea degna di qualche considerazione. Questo dal punto di svista istituzionale. Dal punto di vista economico la Marca Adriatica integra tre potenti direttrici di sviluppo economico:
    la prima si pone come vera porta tra l’europa e l’oriente soprattutto balcanico e slavo quindi grande snodo di commerci; la seconda per un turismo di qualità: ambiente montano, collinare e marittimo incontaminato, poca o nessuna delinquenza, clima temperato. la terza la Marca Adriatica sarebbe una regione centrale italiana strategica via di transito di tutte le reti nazionali di comunicazione, commodities e commercio. Ecco in breve le motivazioni che fanno propendere per questa scelta.

  4. Ci guadagnano solo i Politici
    Gli unici a perderci sarebbero i politicanti da 4 soldi. La regione Molise non ha senso. E’ stata l’unione di gente affine ai campani, agli abruzzesi ai pugliesi che nulla avevano in comune. Fu istituita per permette a personaggi che mai sarebbero potuti emergere in una regione più grande soprattuto per il basso spessore politico. con il condominio Molise (300000 abitanti quanto un quartiere di Roma) soldi pubblici sono piovuti e i 4 amici al bar se ne sono appropriati o li hanno utilizzati per garantirsi il potere perpetuo…

  5. basta
    proprio oggi ho letto che la regione Molise paga 3 milioni di euro per i vitalizi dei politici regionali. 3 milioni sono il costo di una scuola all’anno. In Molise mancano le scuole, molte sono insicure e ci permettiamo di mantenere una tribù di ex politici invece di costruire scuole. Questo è uno dei tanti motivi per cui non ci possiamo permettere una regione come il Molise. Perchè quelle poche risorse che ci sono finiscono in poche tasche ed i problemi rimangono insoluti.
    Poche persone non possono mantenere gli appetiti di una classe politica che và dai Comuni al consiglio regionale. Nè le risorse verranno più dallo Stato nè dalle regioni più affluenti. Allora per una questione di mero interesse economico questa regione deve essere accorpata fino a formare una regione con almento tre milioni di abitanti, il che significa 10 volte più grande di questa attuale. Bene vedo anch’io la Marca Adriatica. La soluzione attuale è un salasso per le nostre tasche e povertà di fondi cronica per le infrastrutture.

  6. Beppe Grillo a Termoli
    Termoli 13 ottobre 2011 – Beppe Grillo a Termoli: «Ma dove vai a Campobasso … A Campobasso? Ma che provincia è?
    [..] Avete 143 Comuni, avete due province, siete 340mila abitanti, siete la regione, dopo la Val d’Aosta, più piccola d’Europa e avete una percentuale di Politici … che c***o non ce l’ha nessuno! […]
    Nelle altre regioni il problema è l’economia, perché la politica è in ostaggio all’economia. Qui è il contrario, qui è esattamente il contrario. Voi cittadini siete ostaggio della Politica, la politica è quella che dà lavoro … »