Caricava col carretto la sabbia per costruire i palazzi INA CASA
MetereNaNottenataleEra un ometto sui sessant’anni, magro e arzillo. Col suo carretto, (‘u trajine) trainato da Fulmine, uno stallone nero da tiro, tutti i giorni caricava la rena nella spiaggia di Rio Vivo e la portava sui cantieri edili. D’inverno si faceva buio presto. E allora, dopo aver depositato il suo carico, arrivava fino alla cantina di Verzèlle o Sètteggiachètte e, se era presto per cenare,  faceva una passatella a carte che terminava sempre con un’abbondante bevuta di vino o birra. Quindi, riprendeva il carretto posteggiato nei pressi e a tutta…birra, se ne tornava a casa ubicata arréte ‘i Bagne.

A volte, quando andava al Bar Tressette, dalla periferia del paese, attraversava dopo la mezzanotte, spesso ubriaco, il Corso Nazionale come un…Treno-Diretto (da cui il soprannome). Incitando ad alta voce e sferzando il cavallo con la frusta (‘u scurijazze). a malapena riusciva a seguire le due strisce di calcare bianco poste, al centro della carreggiata, per il passaggio dei carretti (molto simili a quelle che oggi vediamo per buona parte del Corso).

Certamente non si poneva il problema che il suo lavoro sarebbe dovuto servire a riempire Termoli di enormi edifici!  Era pagato per fare il trasportatore di sabbia!  Che ne sapere di architettura o di politica o di urbanizzazione?

Il Piano Casa del febbraio del ’49 – fatto redigere da Fanfani  –  era arrivato anche a Termoli. Supportato anche da Adriano Olivetti, dal 1949 al 1963, permise la costruzione di circa 340.000 appartamenti dando lavoro a molte imprese e 40.000 maestranze.
 Il Piano fu aspramente criticato dai Sindacati e in particolare dalla CGIL Di Vittorio che oltre al fatto che era stato eseguito anche con l’apporto del contributo della busta paga dei lavoratori, vide nell’intervento una sperequazione tra le aree coperte   a verde pubblico e quelle private con poco rispetto degli indici di urbanizzazione.

 
Forse, tra una bevuta e l’altra, ‘u Derètte ne discuteva anche con i suoi amici di bevuta. Ma a lui interessava solo il numero dei carichi che faceva ogni giorno. Col suo lavoro pensava di contribuire a fare più bella, più grande Termoli. Il suo paese! E…giù e…su…e su e giù… La rena del mare veniva scaricata in enormi sbancamenti di terreni dopo aver tolte le poche macchie di verde rimaste. Nel centro cittadino, toccò per prima a quell’enorme costruzione alla sinistra del Pozzo Dolce, sulla via Sannitica, di fronte all’attuale Chiesa di S. Antonio.

Ma il vero scempio edilizio continuò anche in periferia, al di là della ferrovia, prima del cimitero e verso la Madonna delle Grazie. Furono eseguite intere lottizzazioni di case popolari fatiscenti, senza una previa urbanizzazione: erano le news town termolesi che, come quelle…inglesi, erano prive di mezzi pubblici di collegamento (sic!).

Quando il committente era un’impresa privata, ‘u Derètte era più contento perché poteva chiedere un prezzo maggiore. E furono molti che approfittarono di questo momento magico. Furono rilasciare licenze edilizie al di fuori del Piano Casa con la connivenza delle Amministrazioni comunali.
 
Altro scempio urbanistico fu l’eliminazione della bella Villa Comunale, unico polmone di verde all’interno dell’abitato, completamente ricoperta di piastrelle e di edifici che si sarebbero potuti   costruire altrove. La Nuova Villa – circondata da grossi casermoni costruiti a scomputo della cessione dell’area da parte dei proprietari del terreno – fu posizionata nella vallata del Molinello. Il Piano Regolatore del ’71 fece il resto! Furono costruiti, infatti, enormi complessi di edilizia intensiva e anche estensiva a villette, fuori del paese, anch’essi completamente scollegati e che, ancora oggi, soffrono di questa carenza urbanistica.

Infine, incoraggiati dal boom economico – che aveva interessato tutta la penisola e in particolar modo l’edilizia, dal ’63  fino a metà degli anni ’70 – furono edificati la maggior parte di quegli orribili immobili abitativi che oggi fanno parte integrante delle brutture termolesi e che abbiamo già elencato nei precedenti articoli.

Siamo certi che il povero Derette – nella sua ingenua e candida ignoranza, se sapesse che fine ha fatto la sabbia trasportata col suo carretto – si rigirerebbe nella tomba!

Saverio Metere

 
Articolo precedenteTunnel Termoli, Occhionero chiede verifica su impresa a Di Maio
Articolo successivoTrovato con 2 grammi di marijuana in auto, segnalato 41 enne dai Carabinieri
Saverio Metere
Saverio Metere è nato a Termoli il 23 settembre del 1942. Vive e lavora a Milano dove esercita la professione di architetto libero professionista. Sposato con Lalla Porta. Ha tre figli: Giuseppe, Alessandro, Lisa. Esperienze letterarie. Oltre ad interventi su libri e quotidiani, ha effettuato le seguenti pubblicazioni: Anno 1982: Lundane da mazze du Castille, Prima raccolta di poesie in vernacolo termolese; anno 1988: I cinque cantori della nostra terra, Poeti in vernacolo termolese; anno 1989: LUNDANANZE, Seconda raccolta di poesie in vernacolo termolese; anno 1993 da Letteratura dialettale molisana (antologia e saggi estetici–volume primo); anno 1995: da Letteratura dialettale molisana (antologia e saggi estetici–volume secondo); anno 2000: I poeti in vernacolo termolese; anno 2003 (volume unico): Matizje, Terza raccolta di poesie in vernacolo termolese e Specciamece ca stá arrevanne Sgarbe, Sceneggiatura di un atto unico in vernacolo termolese e in lingua; anno 2008: Matizje in the world, Traduzione della poesia “Matizje” nei dialetti regionali italiani e in 20 lingue estere, latino e greco.