Rischia di sfuggire seriamente di mano, questa questione della movida… Insomma smetterla di parlare dei giovani, e cominciare a parlare con loro.
TERMOLI – I tg nazionali e anche le nostre testate locali titolano additando i giovani di irresponsabilità, qualcuno li definisce potenziali assassini (sentivo dire ieri dalla Annunziata). È un segnale da cogliere il fatto che in Italia si parli di giovani solo quando esplodono fenomeni che deviano dalla norma, o per giudicarli incompetenti, bamboccioni, figli di papà, ignoranti. Stefano Laffi, in un libro che andrebbe letto, parla della Congiura contro i giovani.
Secondo me, intanto, i giovani non esistono come gruppo sociale omogeneo, ma le generazioni di giovani sono attraversate al proprio interno dalle stesse contraddizioni della società nel suo complesso; i cosiddetti giovani sono una fascia complessa, eterogenea, contraddittoria, plurale. Qualunque lettura che ne parla in termini di blocco sociale omogeneo è dunque astratta, riduzionista, da rifiutare.
Mi sembra, inoltre, che agitare la questione della “movida” potrebbe avere, nemmeno troppo alla lunga, almeno tre effetti molto deleteri:
- fungere da specchietto per le allodole, sviando l’attenzione dalle conseguenze economiche e sociali della crisi da pandemia;
- diffondere presso ampie fasce dell’opinione pubblica l’idea che gli strumenti repressivi siano gli unici in grado di arginare il rischio di contagio;
- spostare l’asse del conflitto dal sociale al generazionale, producendo disgregazione e quindi impedendo di rivendicare uniti migliori condizioni di vita per tutte e tutti.
Molte delle persone che oggi si indignano e reclamano ordine e disciplina rispetto alla movida non hanno preso parola rispetto alla riapertura a volte sconsiderata dei luoghi di lavoro: la salute può essere sacrificata sull’altare degli interessi della produzione e del profitto. E il bisogno di socialità, di relazioni, in una parola la riproduzione sociale è forse meno essenziale del tempo dedicato alla produzione delle merci?
Il vero problema, a mio avviso, non sono affatto i “giovani”, ma è la mancanza di politiche giovanili e culturali: a Termoli, per evitare gli assembramenti da movida, si potrebbero organizzare iniziative diffuse e con numeri di partecipanti definiti in diversi luoghi della città, gratuite per i giovani, come ad esempio reading, concerti, proiezioni di film e altro.
Si potrebbero riaprire i cortili delle scuole per promuovere momenti di condivisione con le ragazze e i ragazzi sulla fase che stiamo vivendo. Si potrebbero organizzare delle biciclettate di gruppo in giro per la città, creare insomma molti luoghi e tempi di aggregazione in cui poter esercitare il diritto alla socialità.
Ma la cosa principale da cui partire dovrebbe essere coinvolgere la città in generale, e la sua parte giovanile in particolare, nella realizzazione di tali interventi; predisporre ad esempio un questionario in cui porre la questione fondamentale di come esercitare il sacrosanto diritto alla socialità coniugandolo con quello alla sicurezza e alla salute, che, sono sicuro, è il reale interesse di tante ragazze e ragazzi.
Insomma smetterla di parlare dei giovani, e cominciare a parlare con loro.
Roberto De Lena