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CAMPOBASSO – Il Pos licenziato dal presidente-commissario non è un vero Piano operativo, bensì una fotografia della drammatica situazione attuale. Nulla dice, infatti, su come risolvere i tanti problemi segnalati anche in questo documento. Il Pos 2022-24 non indica la strada per uscire dal piano di rientro, anzi rischia di aggravare la situazione economica e assistenziale. Alla prova dei fatti, Toma ha seguito le orme di chi lo ha preceduto: ha tagliato i servizi, con la calcolatrice alla mano, accettando passivamente le indicazioni romane, che pure diceva di voler contrastare.

Una delle maggiori pecche della sanità molisana è senz’altro nella gestione dell’emergenza-urgenza. Sfortunatamente, abbiamo toccato con mano cosa voglia dire non disporre di una rete ben organizzata in casi di infarto, ictus, politraumi. Tutte situazioni in cui le cure sono necessarie nella ‘golden hour’, ovvero entro un’ora dall’evento. È purtroppo innegabile che in Molise un trauma cranico non può sempre essere curato entro un’ora. Stando alle promesse di Toma, le patologie tempo-dipendenti erano tra le priorità assolute. Ciononostante, nel Pos sono trattate con estrema superficialità. Nella prassi, passa troppo tempo tra l’evento traumatico e l’individuazione del presidio ospedaliero dove trasferire il paziente che, lo ricordiamo, è sempre fuori regione. Non capiamo, infatti, perché si parli spesso di Neuromed come riconosciuta eccellenza in campo neurologico, ma non venga minimamente coinvolta la struttura proprio in questi casi. Anche i tempi di risposta nella rete delle tempo-dipendenze sono eccessivi, ma il servizio di 118 ha subito un pesante depotenziamento negli ultimi anni.

Veniamo alla situazione debitoria. Il centrodestra promette di uscire dal piano di rientro, ma con provvedimenti spot. A nulla servirà l’ulteriore liquidità promessa, se non si risolveranno i problemi alla radice. Tra finanziamenti statali e contributi di solidarietà dalle altre regioni, alla sanità molisana sono stati destinati ben 110 milioni di euro in più rispetto al budget. Ma non siamo ancora usciti dal commissariamento. Perché? Se non si riesce a siglare gli accordi di confine, non è possibile stabilire un tetto ai posti letto dedicati ai pazienti di fuori regione. Anticipare le spese per le loro cure, ci costringe ad anticipare e accantonare fondi tali da mandare in tilt le cure per i nostri corregionali. Pensiamo alla spesa per l’acquisto di prestazioni dai privati accreditati: a fronte di 48 milioni di euro spesi per curare i molisani, ben 52 milioni servono agli extra regionali. Per fare un esempio concreto, quando si è rischiato di chiudere la radioterapia per i molisani, era ancora possibile offrire la stessa cura salvavita ai pazienti che venivano da fuori. Un assurdo. 

La carenza di personale è uno scoglio che va superato quanto prima. Nel piano sono previste 1223 assunzioni, 250 medici per il solo 2022. Ad oggi, ci risulta siano stati assunti solo 61 medici. Parliamo del 25% del fabbisogno dichiarato. Come pensa il commissario di recuperare sulla tabella di marcia e reperire il restante 75% di medici necessari entro i prossimi due mesi? A nostro avviso, sarebbe stato necessario prevedere nel Pos un maggiore impiego degli specializzandi, come abbiamo proposto a più riprese, ed istituire una task force dedicata al reclutamento del personale. 

I problemi dei territori, poi, restano completamente ignorati. Parliamo di emodinamica e punti nascita. La recentissima sentenza che da ragione ai sindaci del basso Molise è un segnale forte. Come abbiamo più volte spiegato al presidente-commissario, non si può liquidare una questione così importante con logiche ragionieristiche. La chiusura del punto nascita di Termoli non dipende dal numero di parti. Questa, in verità, è una conseguenza del lassismo politico di chi amministra la sanità regionale. I tavoli tecnici ci chiedono, da anni, di rispettare innanzitutto dei criteri che mirano alla sicurezza delle partorienti e dei nascituri. Se si rinuncia a governare questi processi, è chiaro che la soluzione del centrodestra resti la chiusura dei reparti. Ma il basso Molise ha dimostrato di avere un numero di parti più che sufficiente. Semplicemente, di fronte ad un servizio che viene continuamente smantellato, le pazienti preferiscono sempre più spesso rivolgersi altrove. E anche questo incide sulla mobilità passiva, che Toma dice di voler limitare. Un esempio analogo c’è anche con la camera iperbarica di Larino. Un servizio non presente in molti presidi ospedalieri, che potremmo riattivare in tempi brevi, producendo addirittura mobilità attiva, ma che viene semplicemente abbandonato, nonostante le soluzioni che abbiamo proposto. Sempre sulla questione punti nascita, in Molise si registra un numero spropositato di parti cesarei, che rappresentano quasi il 40% a Campobasso, il 36% a Isernia, il 34% a Termoli. La media regionale è pari al 37,1%, mentre la soglia di tollerabilità è del 15%. Non siamo noi a dirlo, bensì i tavoli tecnici ministeriali. 

Nel dettare la linea sugli ospedali di comunità di Larino e Venafro, ma anche sulle altre 11 strutture che dovrebbero qualificare l’offerta sanitaria ed assistenziale sul territorio, non vengono descritti i servizi minimi, il fabbisogno di personale e di attrezzature. La riorganizzazione di queste strutture e della necessaria medicina territoriale è pressoché carente.

Potremmo parlare ancora a lungo dei tanti problemi irrisolti con il primo Piano operativo scritto integralmente da Donato Toma, presidente e commissario plenipotenziario. Ma cercheremo di scendere nel dettaglio, presentando anche delle soluzioni concrete, in un prossimo consiglio monotematico. In quella sede, proporremo anche un metodo partecipativo per la redazione del Pos, coinvolgendo gli operatori del settore, le associazioni e gli amministratori locali. Non si può relegare il doveroso confronto alla raccolta di email: suona come una presa in giro.

Gruppo MoVimento 5 Stelle – Consiglio regionale del Molise