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TERMOLI _ La tensione è ormai arrivata alle stelle nello stabilimento termolese, nonostante si cerca in tutti i modi di non far trasparire all’esterno il grave disagio e lo stato di confusione e paura che circola tra gli operai nei capannoni di produzione. Si susseguono da settimane e negli ultimi mesi una serie impressionante di spostamenti di operai – in trasferta ed in mobilità – da uno stabilimento all’altro del gruppo, nella totale impotenza di un consiglio di fabbrica e soprattutto chi in esso rappresenta la maggioranza dei lavoratori iscritti, ma comunque di una rappresentanza sindacale ormai sottomessa psicologicamente alle decisioni dell’azienda e che – ad esempio – davanti ai contratti scaduti e non rinnovati dei giovani interinali, non ha trovato di meglio che “esprimere solidarietà”.  
Solo nelle ultime settimane, e per iniziativa della FIOM CGIL, si sta tentando di recuperare un ruolo efficace di rappresentanza sindacale che, però, con la sfiducia che ormai serpeggia tra i tanti operai – non sappiamo con quanto successo saranno accolte le future iniziative di lotta, considerato che fino ad oggi non si è fatto altro che ratificare passivamente le volontà aziendali e accettare continui compromessi. Ma andiamo con ordine. Degli oltre cento giovani interinali degli ultimi due anni, ne erano rimasti sessanta, di cui trentadue di essi sono tornati ad essere disoccupati mentre per gli altri ventotto la scadenza del loro rapporto di lavoro è prevista per metà di questo mese, e dopo non si sa. E’ da marzo, intanto, che sono in trasferta a Termoli 140 lavoratori dallo stabilimento di Pratola Serra (AV) e ci resteranno fino al 31 dicembre.

E’ dell’altro giorno la notizia di venti operai in trasferta da Termoli a Torino Mirafiori; così come altri quaranta lavoratori sono stati spostati in mobilità a Termoli provenienti dalla Sevel di Val di Sangro, e non finirà qui! Piuttosto che uno stabilimento, la Fiat sembra essere stata riconvertita in un centro di smistamento ferroviario. I lavoratori come pacchi postali, “invitati” a spostarsi per brevi quanto lunghi periodi laddove l’azienda ritiene esserci picchi di produzione. Questo, per l’azienda, comporta che si mantiene una produzione alta e nello stesso tempo si evita di stabilizza i contratti interinali, lasciando l’amaro in bocca ai tanti giovani che avevano sperato una sistemazione definitiva, oltre che contribuire a instaurare un clima di paura e di tensione.

 

“A chi tocca fare le valigie la prossima settimana?” Quando gli operai si costituiscono in comitati di lotta (come quello annunciato in questi giorni dai giovani interinali non riconfermati), quando gli operai sono costretti a scegliere autonomamente di salire sui carroponti (come all’INNSE di Milano) o sui tetti (come alla LASME di Melfi) o quando si attuano altre forme di lotta spontanee per rivendicare i loro diritti, allora significa che il sindacato non c’è più. E non c’è ormai da molto tempo.
 
Da molto tempo compromesso e acquiescente. Segno tangibile di questa realtà è il dover registrare la triste divisione delle sigle sindacali all’interno dell’azienda, soprattutto quelle più rappresentative, dedite per lo più al perfido gioco del discredito
dell’avversario come dimostra l’ultimo sconcertante caso, quello dell’affissione di un volantino nelle bacheche sindacali, fatto passare come Nota Informativa, dai toni inquietanti e preoccupante nei contenuti, dove si stigmatizza il comportamento di un “noto personaggio” (senza citare nomi e fatti, ma facendoli intuire), invitando gli operai a diffidare. Una “nota informativa” di scelbiana memoria.
 
Questo comportamento e questi episodi contribuiscono solamente ad accrescere la divisione, la lotta tra i poveri, la paura del domani,
la tensione psicologica e fisica che è quasi sempre la causa di incidenti mortali sul lavoro, insomma tutti quegli ingredienti che piacciono tanto e da sempre ai padroni che in siffatte create condizioni hanno campo libero per attuare tutte quelle politiche aziendali che fanno a loro più comodo. Un gran brutto momento, insomma, quello che vive il mondo del lavoro.

Il nostro auspicio è che il sindacato ritorni a rivestire il ruolo per cui è nato, quello della difesa dei lavoratori e dell’occupazione, la difesa delle libertà personali e quello di un sano e costruttivo confronto, soprattutto oggi dove le sfide da affrontare in campo nazionale e mondiale sono le più dure e difficili ma ci conforta l’esempio degli operai milanesi della INNSE i quali hanno dimostrato che i lavoratori sono la parte sana della società e quelli più forti quando si scende in campo scientemente per fa valere i diritti dei più deboli.

                                                                                                                                                             Larino Viva