In questi giorni i nostri audaci onorevoli molisani del partito democratico (PD), imitando un po’ i suddetti dirigenti (OSV), sono tornati trionfanti da Roma con una grande proposta, ossia quello di fare atterrare sul territorio molisano, una mandria di 12000 vacche di proprietà della Granarolo. Alle levate di scudi da parte del sindaco Di Brino, per l’idea di fare accasare le vacche presso l’azienda agricola regionale di Pantano Basso, non sono mancati slanci di generosità da parte dei politici del medesimo schieramento, tesi a cercare una dimora alle povere vacche, vuoi perché darebbero un centinaio di posti di lavoro tra mandriani, stallieri ecc. vuoi perché, una vacca fa pur sempre tenerezza, soprattutto in tempi di vacche magre.
Al di là dal chiedermi il vero scopo di una siffatta improvvisazione politica se finalizzata o meno a risolvere le sorti di una crisi occupazionale che attanaglia la nostra regione, preso anch’io dalla tenerezza delle vacche, ho cercato di comprendere come sistemare questi 12000 capi di bestiame. Visto che il docile “pio bove” dovrebbe essere utilizzato per produrre carne e non latte, di conseguenza non credo che venga lasciato libero di pascolare nei campi, ci vorrebbe una stalla di circa 12 ettari di copertura, con una media di 10 mq coperti a capo, a seconda che si consideri una stalla a lettiera inclinata, con zona di alimentazione piana o stalla a cuccette “testa a testa”su 2 file (v. supplementi di agricoltura n°32). Fin qui nulla di tanto complicato, se non fosse per il solo fatto che ogni bovino produrrebbe giornalmente circa 0,08 m3 tra liquame e letame, che moltiplicato per 12000 capi ammonterebbe 960 m3/giorno di deiezioni .
E’ evidente che 345.600 tonnellate/anno di liquami non potrebbero essere cosparsi su qualche ettaro di terreno, soprattutto in un territorio come il nostro, caratterizzato dalla presenza di numerosi corsi d’acqua che rischierebbero di essere inquinati. Allora mi sono chiesto come avrei fatto a risolvere il vero problema del letame. Semplice, dal liquame si estraggono biogas (0,750 m3 /giorno per ogni capo) e digestato (quest’ultimo utilizzato in campo agronomico come fertilizzante) per cui facendo due noiosi calcoli numerici, in conclusione in un anno, con un impianto a biomassa (molto diffusi in Germania) si produrrebbero 18.304,44 MWh/anno, che in termini economici equivarrebbe a 18.304.440×0.194 = 3.551.061,36 Euro/anno. Per l’azienda pertanto il letame non sarebbe più un problema ma una vera risorsa, mentre ai cittadini potrei raccontare tranquillamente di produrre carne da macello e digestato, ossia fertilizzante naturale. Senza voler entrare nel merito della bontà dell’iniziativa, come al solito quello che si contesta è la mancanza di chiarezza, pertanto non posso che ribadire che: “il lupo perde il pelo ma non il vizio”.
Il capogruppo del PDL ing. Francesco Roberti