TERMOLI – Premetto, a scanso di equivoci, che le mie riflessioni sono solo di natura giuridica e sociale e ben lontane dalle analisi degli esperti del settore. La prima discrasia che noto in questa complessa e delicata questione è un dato di fatto inconfutabile: le scelte politiche regionali e le modalità di programmazione e organizzazione della sanità molisana stanno mettendo in discussione il diritto costituzionale alla tutela della salute.
Se si va ad incidere su questi principi fondamentali si determinano inaccettabili diseguaglianze, si danneggia la salute delle persone e si rischia di comprometterne la dignità e la capacità di realizzare le proprie ambizioni. Il problema centrale da affrontare e risolvere in questo contesto, è la persistente crisi economica e la limitatezza delle risorse. Il mero riconoscimento di diritti che non tenga conto delle concrete possibilità di realizzazione degli stessi, può essere enunciazione vana o, peggio, retorica.
Sono fermamente convinto che è proprio nei tempi di crisi e di ristrettezze economiche e umane che la necessità di ribadire e rafforzare questi diritti si rende più stringente. Dunque, nell’incidere sulle riforme in materia di sanità e salute pubblica è indispensabile far prevalere le ragioni e i principi di solidarietà su quelle dell’economia. Indebolire la sanità pubblica fornisce un alibi per smantellarla e spianare la strada alla privatizzazione aumentando di fatto le diseguaglianze sociali. Nel riordino della sanità molisana un principio è ineludibile: non penalizzare i più deboli e le aree più svantaggiate. Io la penso così: mai far prevalere la logica dei numeri su quella dei problemi e delle necessità dei cittadini allontanando e accentrando in modo illogico le sedi decisionali. Intelligenti pauca!
Vincenzo Musacchio



















