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GUARDIALFIERA _ E’ cominciato così quando, per un po’, sembrava venir meno nella scuola l’entusiasmo e la volontà di sorprendere. E quando ad Antonio Mucciacio, Preside del Liceo Classico di Termoli, è sopraggiunta l’astuzia di richiamare in servizio, per i giovani, la magìa di un “passato” capace di trainare e di costruire un “presente”. E si è inventato nel 2000, per il Centro Studi di Guardialfiera, il Progetto Culturale “Jovine e il suo Molise”, condiviso e sostenuto dalla Provincia di Campobasso. Egli ha voluto, insomma, disseppellire dal nostro colpevole oblìo, Francesco Jovine: voce fra le più geniali e libere del novecento letterario italiano, il narratore inquieto e inquietante, l’Omèro nostrano, nato per tramandare il suo e il nostro Molise, tra storia e invenzione.

Da allora, per 12 edizioni, con un piede nell’antico e uno nel futuro, giovani e fervidi indagatori – intrecciati in un patto intergenerazionale con presidi e docenti – hanno letto, interpretato ed attualizzato il pensiero e la prosa fluida e surreale dello scrittore guardiese, producendo risultati straordinari di ingegnosità e passioni. Hanno colmato il vuoto dei giorni con freschi respiri di arte, letteratura, storia, multimedialità, fotografia, saggistica. Hanno sconfitto la “ molisanitudine” indolente ed espugnato un campo muovo di scoperte in una coordinata di ascese e ricerche istintive. Il nostro Molise invisibile e muto, ricco di storia e generosità, radiografato da questi giovani talenti, è uscito, anno dopo anno, dal guscio rassicurante del cortile. Si è messo in vetrina nella Gallereia d’arte di Palazzo Loreto, da cui immagini fresche e armoniche, si sono alzate sul mondo, attraverso nerbate giornalistiche e miracoli mas mediatici. Ora la malìa si è spenta.

Nel bel meglio, mentre in 26 Istituti Scolastici si stava leggendo e decifrando “Molise”, il volumetto dell’Editrice “Guida”, curato e introdotto da Francesco D’Episcopo. Quell’arcipelago di piccole isole incantate dipinte da Francesco Jovine, Lyna Pietravalle e Giose Rimanelli. L’idillio, dunque, s’è smorzato quando il severo freddo nordico, le consistenti e prolungate nevicate di gennaio e febbraio, hanno assediato la regione e interrotto a lungo le attività didattiche nelle scuole. Alcuni Presidi erano allarmati, perché ce ne sarebbero state altre di interruzioni a causa delle amministrative di primavera. Erano preoccupati i presidi sulla conclusione dei programmi, l’assolvimento dei 200 giorni effettivi di lezione e la convalida addirittura dell’anno scolastico. Meglio a questo punto, ha ritenuto il Centro Studi, farsi momentaneamente da parte. Ma il 19 giugno ci sopraggiunge il panico del mirabile. Mario Pietracupa, Presidente del Consiglio Regionale, si leva in volo e, con una indoratura di luce, informa Francesco Profumo, Ministro della Pubblica Istruzione sulla esistenza di grandi autori meridionali e di opere letterarie d’eccellenza. Gli fa capire, con voce sommessa, che qui anche le radici letterarie tengono ed affondano oltre le pietraie di Campocarrino, e che le identità locali muoiono solo quando tutti i suoi uomini si daranno per vinti, non prima.

Nel programmare i testi di adozione per le scuole superiori – osserva Pietracupa – giusto è tutelare l’inamovibilità di “numi letterari nazionali”, ma altrettanto legittimo è assicurare rilevanza alla microstoria territoriale e offrire agli studenti quegli imput capaci di favorire e sviluppare la loro vocazione, la conoscenza e l’appropriazione culturale della propria realtà genetica. Riportare insomma, così, Jovine alla studio della gioventù, proprio al punto in cui il progetto s’è interrotto e proprio ora che l’Editore Donzelli, dopo anni di abbandono è tornato a rendere fruibile in libreria “Signora Ava” e “Terre del Sacramento”, due capolavori della narrativa italiana. Il Ministro Profumo saprà valutare l’ansia del Presidente del nostro Consiglio Regionale, introducendo Jovine nei testi e nei programmi ministeriali e aiutando generazioni nuove a conoscere il Molise piccolo e non popoloso, ma vario e attraente. E perché dal suo humus anche gli italiani possano trarre quel calco di cose serene, ancora semplici e pure, sempre più rare. E perché, nel mistero del tempo, si possa ancora percepire la rapsodia di un popolo temprato dalla serenità, dagli stenti e dalla fierezza, che inizia da lontananze remote, per trasmigrare in un’aorta nuova, ancor più ripiena di motivazioni, di scelte ed entusiasmi nuovi. vincenzo di sabato

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