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LARINO _ Scriviamo questa nota subito dopo l’annuncio del nuovo governo del presidente del Consiglio incaricato, Mario Monti, per dire che – smentendo il Ministro uscente Romano e i due sottosegretari che forse avevano il bisogno di un’ultima dichiarazione da inviare a un’agenzia stampa – il Ministero dell’Agricoltura non è stato accorpato, rimane con la nomina del Ministro dr.Mario Catania per tanti anni Dirigente del dicastero. Il nuovo Ministro, al quale auguriamo buon lavoro per il bene del settore e del Paese, ha le possibilità di partire subito e di rilanciare questo Ministero che abbiamo avuto modo di frequentare per lunghi anni, avendo così la possibilità di incontrare funzionari e dirigenti di grande valore. Una notizia che ci conforta e ci lascia sperare in chi ha esperienza e capacità per dimostrare la centralità dell’Agricoltura e come il suo lento abbandono, nel corso di questi ultimi cinquanta anni, sia stato uno dei tanti errori di un sistema ormai fallito e che registra la pesante crisi che vive il Paese.

Una crisi che dal 2004 sta mettendo in ginocchio una realtà di cui, oggi, c’è urgente bisogno se si vuole risalire dal baratro in cui le multinazionali hanno fatto cadere l’Italia e tanti altri paesi dell’Europa e del Mondo. Una crisi, che è espressione di un sistema che non regge più, e da parecchio tempo, e, comunque, che ha sempre considerato l’agricoltura e, soprattutto, la ruralità, un fastidio, un ostacolo e non scrigno di valori e di qualità della vita. Qualità della vita ritmata dal tempo e dalle stagioni; dalla solidarietà; dalla capacità di dialogare e di stare insieme; dalla sobrietà, che è la cosa che fa più impazzire i promotori di bolle di sapone, di consumi e di sprechi, di livellamento delle nostre colline e di omologazione dei nostri comportamenti e delle nostre scelte e , quindi, di dipendenza e di mancanza di libertà; dalla capacità di conservare e riprodurre la vita attraverso i semi e le talee e, in questo modo, trasmettere saperi e sapori con la cultura e la coltura delle eccellenze.

Se Monti ha scelto un esperto c’è da pensare che ha una considerazione per questo mondo e sente la necessità di una sua diversa valorizzazione, diversamente dalla classe politica e dirigente di questo Paese, da tutti i suoi predecessori che hanno governato l’Italia. La situazione, a nostro parere, non ha vie di uscita se non si riparte dal bivio dove c’è stata la svolta per colpa di chi ha fatto, da subito, la scelta dell’abbandono dell’agricoltura ed ha dato avvio, attraverso un processo lento, a quella pesante crisi che vive l’impresa agricola con la espulsione della gran parte dei suoi protagonisti, i coltivatori. Una programmazione basata sulla cementificazione, la solitudine dell’individuo, la concentrazione delle attività in poche mani. Vedi la scomparsa dei piccoli mercati, piccoli negozi, piccole attività artigianali, la scuola, l’Università, la ricerca, la sperimentazione, la diffusione delle concentrazioni commerciali, l’importazione di manufatti, la cultura nelle mani delle multinazionali della chimica e delle modificazioni genetiche, etc., etc., etc..

Un mondo, quello dei poteri forti e della grande finanza, che si è già giocato metà del pianeta e, anche, il futuro stesso dell’umanità, dei nostri giovani che non possono non essere che indignati. Senza l’agricoltura non c’è programmazione che possa riuscire a rilanciare la crescita. È come voler cucire una pezza su un pantalone che è completamente consunto e sfilacciato. L’unica possibilità per averlo è cambiarlo e perché ciò sia possibile serve la progettualità, la partecipazione, il dialogo tra i diversi soggetti privati e tra questi e le istituzioni pubbliche per fare squadra e utilizzare al meglio le poche risorse a disposizione e avere la forza e la voglia di cambiare per costruire un domani che, con l’agricoltura, riporti al centro il territorio, la natura che chiede rispetto se si vuole conservare.

pasqualedilena@gmail.com

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