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TERMOLI _ “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”. É il tema che Benedetto XVI ha scelto per l’annuale Giornata Mondiale della Pace. Se ci chiediamo cosa c’entri la pace con il creato, con l’ambiente, il territorio che abitiamo, ci rendiamo subito conto che sul rapporto con l’ambiente, con le sue risorse ed energie naturali, si sono scatenate guerre molto feroci tra popoli e stati nel corso della storia e sono in atto in tante parti del mondo lotte fratricide per il possesso di territori ricchi di risorse naturali. E dunque scopriamo che tra creato e pace c’è una relazione diretta e che il rispetto e l’amore per il creato e il rispetto e la costruzione della pace sono direttamente proporzionali. Come dunque la pace va coltivata, così il creato va custodito; anzi se ti impegni a custodire il tuo ambiente favorisci lo sviluppo della pace. Un ambiente umano, pacificato, è ciò che tutti dovremmo auspicare, ma anche un habitat comune, favorevole, non conteso ma egualmente abitato e condiviso, in cui tutti gli uomini trovino posto per vivere decorosamente. C’è una profonda interrelazione tra noi e la natura, in cui il benessere è reciproco. Ma è sotto gli occhi di tutti che spesso il nostro ambiente è profanato, violentato, reso inospitale per sete egoistica di potere, per un’assurda miopia e per un malinteso senso dello sviluppo e del progresso: il fallimento di Copenhagen è una dimostrazione crudele di questo malinteso. Nella traccia indicata dal Santo Padre troviamo interessanti motivi di riflessione. ‘Coltivare’ ci fa pensare al lavoro, alla fatica, alla semina, coltivare significa mettere a coltura, mentre custodire è prendersi cura, avere sollecitudine, attenzione, vigilanza, sorvegliare, essere responsabili.

L’uomo è custode del suo ambiente, così come ha cura della sua casa; si impegna ad adattarla alle sue esigenze ma nello stesso tempo è lui che si adatta all’ambiente e ne rispetta le leggi, i ritmi e le esigenze, perché sa che solo in questo modo può trarne vantaggi per sé. Non siamo semplici ospiti/inquilini, (piuttosto affittuari che proprietari), non siamo come degli esiliati passivi e rassegnati dentro il nostro habitat, indifferenti alle conseguenze del nostro stare nel mondo e alle reazioni che questo nostro risiedere può provocare su di esso. Guardiamoci intorno, al nostro territorio e domandiamoci quale uso ne facciamo. Quale custodia viviamo verso di esso: acqua, aria, terra, mare, risorse naturali, tutto è nelle nostre mani, ma anche noi siamo nelle loro mani, la loro sorte sarà il nostro destino. Mai come ora dobbiamo riconoscere che questo rapporto è un’urgenza/emergenza della storia e forse siamo ad una svolta epocale. Nei prossimi mesi leggeremo proclami, progetti e programmi elettorali: questione decisiva e dirimente saranno questi temi.

Ciò richiede studio e riflessione, per cui non potremmo accontentarci di ascoltare i soliti slogan banali e scontati, infarciti di pregiudizi e tabù ideologici, o utopie irrealizzabili. Tutti vorrebbero ascoltare cose concrete, fattibili, poche ma plausibili e possibili. Ormai è maturata trasversalmente una consapevolezze nuova e positiva che l’ambiente deve essere al primo posto delle preoccupazioni di un impegno amministrativo locale e anche su questo si gioca la credibilità di promesse e candidature. Investire sull’ambiente significa investire sul futuro dell’umanità, sulle generazioni future, per questo tale investimento ha necessariamente uno sguardo lungo ed esige scelte coraggiose e a volte impopolari; ma in questo settore non ci si potrà accontentare di politiche di piccolo cabotaggio, per cui chi si assumerà pubbliche responsabilità abbia prospettive di ampio raggio e con la massima condivisione possibile. Non si fa guerra dentro la stessa casa, altrimenti la casa andrà in rovina.