CAMPOBASSO – Il Gip del Tribunale di Bari riapre le indagini sul bimbo di Campobasso morto all’Ikea a seguito del soffocamento dovuto ad una polpetta. Il giudice ha accolto integralmente l’opposizione proposta dai genitori del piccolo Giulio presentata dagli avvocati difensori della famiglia, Mario e Carlo Pietrunti. Lo stesso ha ritenuto di rigettare la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura della Repubblica di Bari e contestualmente, allo stesso organo inquirente, è stato ordinato di effettuare una complessa attività di indagine suggerita nella stessa opposizione e non espletata nella prima fase, onde accertare ed individuare la sussistenza di profili di colpevolezza nelle condotte del personale e dei responsabili dell’Ikea e del servizio del 118. Il grido di verità e giustizia lanciato dai genitori del piccolo Giulio sembra sia stato ascoltato. Il bimbo è morto il 9 settembre 2013, a soli 3 anni, per complicanze generate dall’occlusione delle vie respiratorie determinate dell’inalazione di una polpetta ingerita il giorno 20 agosto 2013, presso il ristorante del centro commerciale Ikea di Bari. Le indagini, atto dovuto visto la tragica scomparsa del bimbo, vengono aperte anche sulla scorta della denuncia-querela presentata dai genitori Marco e Nicoletta Rossi, cui segue un conferimento a due consulenti medico -legali per l’accertamento delle cause, modi, tempi ed eventuali responsabilità susseguitesi al 20 agosto.
“Contestualmente vengono iscritti nel registro degli indagati la responsabile del centro Ikea di Bari – hanno spiegato i difensori – e il sanitario del 118 intervenuto nell’immediatezza dei fatti. Da tale tempestiva disposizione dell’accertamento tecnico, alcuna altra indagine sembra in concreto essere stata svolta dall’Organo Inquirente relativamente alla ricostruzione dei fatti, all’identificazione dei soggetti a vario titolo coinvolti nella dinamica degli eventi, all’individuazione dei parametri corretti di intervento, compiti propri della Procura e non demandabili ad altri. Confusione e superficialità generate, certamente dal susseguirsi nella direzione delle indagini di ben 4 pubblici ministeri in 7 mesi, l’ultimo dei quali ha posto in essere una richiesta di archiviazione calibrata sulla scorta dei risultati della relazione tecnica, depositata 5 mesi dopo il conferimento dell’incarico, ben oltre i sessanta giorni concessi in prima battuta.










