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Se ne è parlato in un convegno all’Università degli Studi del Molise

CAMPOBASSO _ Diritti costituzionali e regole di giudizio, inerzia legislativa e ruolo dei giudici, i confini del potere normativo, la natura degli atti e l’interpretazione autentica, le lacune delle legge ma anche i casi Englaro e Welby: questi solo alcuni degli argomenti al centro del convegno che si è svolto oggi all’Università degli Studi del Molise. Un incontro organizzato dal professore Francesco De Martino, docente di diritto costituzionale, e a cui hanno preso parte nomi illustri del mondo accademico. Due sessioni in cui sono stati posti interrogativi sul ruolo dei giudici comuni nella determinazione di regole di giudizio, di natura costituzionale, da applicare ai cosi concreti che giungono al loro esame. Dunque, cosa accade qualora il giudice si trova dinanzi delle lacune normative? In tal caso, ad assumere rilevanza sono i principi costituzionali, a cui il giudice fa riferimento per l’individuazione della soluzione, interpretando e dando, a quel punto, voce alla legge.

E mentre in passato gli stessi giudici hanno negato di considerare la Costituzione fonte di diritto, oggi, grazie al contributo della Corte Costituzionale, la legge fondativa dello Stato diventa un atto normativo. Il giudice diventa così figura espressione dei diritti e degli interessi. Egli è tenuto comunque a pronunciarsi, anche quando la legge presenta dei vuoti e lo fa anche interpretando creativamente, estraendo segmenti normativi, filtrando e pronunciandosi. Ed intanto, in un momento di transizione come quello attuale, da evitare certamente gli eccessi. E’ necessario abbandonare l’impostazione ottocentesca di giudizio o avere una visione automatica. Inevitabili, nei numerosi interventi, i riferimenti ai casi Englaro e Welbi e dunque al testamento biologico. Ove c’è uno spazio libero dal diritto, infatti, si riscontra l’impraticabilità. Ecco allora la necessità di stabilire quale interesse merita tutela e dove ci sono fattori di crisi del diritto costituzionale il diritto penale diventa un elemento di bonifica.

La legge può imporre trattamenti sanitari ma deve rispettare la dignità umana connessa al progetto di vita delle singole persone. Welby, ad esempio, aveva tutto il diritto di chiedere l’interruzione della ventilazione artificiale che lo teneva in vita e il medico anestesista che lo sedò per poi staccare il respiratore meccanico, aveva il dovere di assecondare la volontà del malato. Con questa motivazione, il gup del tribunale di Roma, ha ordinato il “non luogo a procedere” nei confronti del medico, indagato per “omicidio del consenziente” perché il fatto non costituisce reato ai sensi dell’articolo 51 del codice penale sull’adempimento di un dovere. Pertanto, la Costituzione riconosce ai cittadini dei diritti fondamentali che ricevono tutela anche quando non c’è una norma legislativa. Il giudice, quindi, nell’ottica della separazione dei poteri, deve trovare una soluzione fondata sull’armonia con il legislatore, proprio in ordine alla garanzia e alla tutela dei diritti fondamentali.

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