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TERMOLI – Il 4 dicembre scorso si è tenuto l’incontro del Comitato Referendario e Coordinamento No Tunnel, contemporaneamente a Roma la Presidenza del Consiglio dei Ministri iniziava l’iter con l’opposizione ufficiale della Soprintendenza del Molise alla realizzazione del progetto “tunnel”, opposizione confermata e sostenuta dalla firma del ministro Franceschini.
Non sappiamo come questa procedura si concluderà, ma abbiamo ritenuto importante precisare oggi la nostra posizione all’interno di essa: mentre ribadiamo tutto il nostro sostegno alla Soprintendenza all’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Molise, che ha ritenuto di dover tutelare quanto per statuto e responsabilità istituzionale le era affidato, resistendo a delegittimazioni di bassa lega e a pressioni che possiamo immaginare notevoli, ripetiamo con forza che la nostra strenua opposizione al Grande Scempio di Termoli nasce dal rifiuto dell’intero progetto, e non solo dei suoi aspetti paesaggistici e archeologici, per quanto fondamentali.
Intendiamo ricordare ancora una volta alla popolazione che all’origine di questa lotta c’è la grave crisi della democrazia, aperta con il testardo rifiuto della consultazione referendaria: nel momento in cui si è cominciato ad impedire la libera espressione della volontà popolare (che, è il caso di rammentarlo, non sarebbe comunque stata vincolante) è iniziato questo percorso di resistenza che si è andato man mano ampliando ed approfondendo.
La paura folle di confrontarsi con il referendum, forma principe di democrazia diretta, ha fatto nascere in tanti cittadini consapevolezza e desiderio di tutelare non solo la memoria storica e il territorio bene comune, ma anche e soprattutto le forme democratiche di partecipazione. Desiderio via via ingigantito e reso incoercibile dai risibili tentativi di imbroglio e mistificazione messi in atto dall’Amministrazione Comunale , come il “dibattito pubblico” pagato dal committente…
La natura intrinseca del progetto era in sé inaccettabile, al di là dei suoi devastanti effetti sulla vita e l’identità della città: il regalo ad un privato, senza il sia pur minimo vantaggio per la collettività, di una zona simbolica, pur se degradata, costituisce di per sé un affronto all’idea di urbanistica e pianificazione come espressione di sviluppo pubblico e condiviso.
Che questa idea non fosse esattamente quella di chi purtroppo ci amministra era già allora evidente, ma si è andato delineando in modo sempre più chiaro e pericoloso in questi due anni, lungo i quali abbiamo assistito alla sfrontata riaffermazione in ogni contesto, da parte di chi per dovere istituzionale dovrebbe in ogni caso tutelare e difendere ciò che è pubblico, della volontà di procedere a colpi di privatizzazioni, forme di edilizia contrattata, finanza di progetto sbilanciata indegnamente verso uno scellerato consumo di suolo.
I recenti avvenimenti, con la voragine apertasi nella passeggiata a mare (e indovinate chi aveva realizzato i lavori?) e l’inquinamento da depuratore ormai a livelli emergenziali, confermano la nostra convinzione che occorra continuare la lotta per la difesa del territorio e del paesaggio cittadino come memoria storica, ma soprattutto della democrazia e dei beni comuni, dei quali Pozzo Dolce è ormai diventata icona identitaria.
Ci auguriamo che il Consiglio dei Ministri non voglia smentire la posizione assunta fermamente e senza esitazioni dal Ministro Franceschini, e attendiamo gli sviluppi dell’iter con serenità. Perché questi due anni e mezzo hanno costruito qualcosa che non andrà perso: informazione, coscienza civica, consapevolezza del proprio ruolo così come è definito nella Costituzione, senso di appartenenza ad una comunità.
Rivendichiamo quindi con orgoglio il valore di questa lotta, che non è affatto una lotta di “difesa del vecchio da parte di chi sa dire solo No”, come ormai stucchevolmente ripetono coloro che non vogliono o non sono in grado di leggere i fatti senza gli occhiali deformanti dell’interesse politico o personale. Certo, c’è stato e resta il No deciso alla cessione della città ai privati, alle prepotenze che bloccano il referendum, alle menzogne continue sulle quali questo progetto è basato.
Ma come in tutte le occasioni precedenti che hanno visto impegnati tanti cittadini questa è stata sin dall’inizio la lotta di chi vuole dire Si’. Sì alla partecipazione, alla democrazia, al confronto, alla crescita della città come luogo inclusivo, aperto, pubblico e solidale.
Comitato Referendario e Coordinamento No Tunnel