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PetraroiaMicheleCAMPOBASSO – La Corte Costituzionale pubblicherà le motivazioni con cui ha ritenuto inammissibile il Referendum proposto dalla CGIL sul ripristino dell’art. 18 con l’obbligo di reintegro sul posto di lavoro in caso di licenziamento privo di giusta causa e giustificato motivo. Solo dopo aver letto tali motivazioni si potrà decidere sul piano giuridico come valutare tale decisione, fermo restando la volontà anticipata dal Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso di ricorrere alla Corte Europea a tutela dei lavoratori italiani e di quel 1.300.000 di sottoscrittori che hanno richiesto il pronunciamento referendario su questa materia.

Sugli altri quesiti che trattano l’abrogazione dei voucher e la responsabilità solidale nel sistema degli appalti, la CGIL ha aperto con una conferenza stampa nazionale tenutasi questo pomeriggio a Roma nella sede di Corso d’Italia,25 la campagna referendaria, fermo restando il diritto del Parlamento ad intervenire in sede legislativa sul merito delle due questioni così come sollecitato dai 2.600.000 cittadini che li hanno proposti. Al di là del percorso istituzionale che obbliga il Governo a fissare la data per lo svolgimento dei Referendum, salvo lo scioglimento anticipato della legislatura, sulla materia del lavoro è indispensabile riprendere una mobilitazione politica straordinaria a tutti i livelli per respingere una prassi di mercificazione e spoliazione dei diritti che è andata consolidandosi nell’ultimo ventennio, dal Pacchetto Treu del 1997 al Jobs Act di Renzi.

Il lavoro da elemento costitutivo della democrazia è stato utilizzato come il capro espiatorio della mancata crescita economica e dello scarso livello di competitività del nostro paese sul mercato globale. Anziché aggredire i veri nodi dell’arretratezza del sistema produttivo nazionale, potenziando gli investimenti in innovazione e ricerca, migliorando l’efficienza del sistema creditizio, rendendo più efficace la pubblica amministrazione, intervenendo sulla dotazione infrastrutturale primaria, investendo nella digitalizzazione dell’economia e raccordando la struttura del mercato del lavoro alle necessità delle imprese, si è preferito vessare il fattore lavoro comprimendone i diritti e disincentivando la fidelizzazione a tempo indeterminato tra dipendente ed azienda, che è esattamente l’opposto della legge 183/2014 (JOBS ACT ).  In pratica l’Italia persa la valvola della svalutazione della moneta ha pensato di sopperire liberalizzando i rapporti di lavoro, non rinnovando i contratti collettivi, tagliando un milione di posti a tempo indeterminato nel pubblico impiego e nella sanità, e abbattendo le tutele previdenziali, sociali e legislative dei lavoratori. Questa strada ha rubato il futuro a milioni di persone, non ha aiutato l’Italia a crescere e tornare competitiva sui mercati, ha reso il paese meno sicuro ed ha accentuato le disuguaglianze ed i divari di reddito tra le classi sociali. Per questo abbiamo il dovere di lottare per invertire la rotta, fermare la mercificazione del lavoro e restituire dignità alle persone che lavorano.

Michele Petraroia
Consigliere regionale del Molise 
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