CAMPOBASSO – Le seducenti promesse elettorali, le strategie per accattivarsi le simpatie dell’elettore, lo stress dei sondaggi e delle previsioni di voto, lo spoglio delle schede e le proiezioni in tempo reale, i proclami di vittoria dei più votati e le fantasiose ed inverosimili giustificazioni degli sconfitti. Tanto, si sa, alla fine un po’ tutti avranno vinto e tutti si scambieranno accuse ed invettive.
Ma, soprattutto, prepariamoci ad affrontare il forte astensionismo che, più di altre, caratterizzerà questa tornata elettorale.
Non contrassegnato in una scheda, non presente nell’urna ma scelta elettorale di moltissimi, l’astensionismo è da anni il primo partito in Italia, circostanza grave e preoccupante poiché rinunciare alla libertà di esprimere la propria opinione, per decisione personale, rappresenta una vera sconfitta non solo per la politica o per il sistema, ma per il popolo intero, per tutti noi.
La pratica del non voto, sempre più diffusa e radicata, non riguarda – come si vuol far credere – solo i giovani indecisi, i votanti alla prima esperienza elettorale, gli inesperti della politica o individui disinteressati e indifferenti ma è una scelta effettuata con cognizione di causa, e in forma trasversale, da larga parte dell’elettorato di ogni età, di ogni cultura, di ogni estrazione sociale, di ogni credo politico.
Alla base della decisione di non presentarsi al seggio c’è una forma di insofferenza e disinteresse nei confronti della politica, un’avversione che, in molti casi, rasenta la repulsione.
Eppure, alla fine dello scrutinio, ogni forza politica cercherà di spiegare la disaffezione al voto in modo diverso, spesso accampando interpretazioni superficiali, teorie astratte o definizioni fantasiose del tipo: le nuove generazioni sono interessate solo ai social, i giovani si perdono in svaghi e divertimenti, le persone si appassionano ai temi ed alle mode del momento, i cittadini sono superficiali e non hanno più a cuore il destino della nazione, il popolo ormai ha scarso senso delle istituzioni, eccetera.
Purtroppo, la verità che trapela è un’altra, e riguarda non soltanto la credibilità della classe politica attuale, ma anche la complicata situazione socio economica che pervade la realtà in cui viviamo e le tante situazioni di difficoltà che la politica non riesce a risolvere.
La povertà giovanile, conseguenza diretta del basso livello di occupazione, è sempre più diffusa. La generazione d’oggi sarà la prima a vivere condizioni peggiorative rispetto alle generazioni precedenti, sulla scia di un preoccupante regresso. Per i giovani precari, sfruttati e disillusi, un lavoro stabile, un salario dignitoso, la salvaguardia dei diritti e la tutela della salute del lavoratore e soprattutto i contributi previdenziali sono un lontano miraggio, impossibile da raggiungere. Ormai le condizioni sociali e le prospettive delle nuove generazioni in Italia sono sempre più rarefatte.
Le frequenti e persistenti crisi economiche e climatiche, l’inflazione e l’aumento vertiginoso dei prezzi e del costo della vita, la guerra in Ucraina e le prospettive future, la pandemia di Coronavirus tuttora presente, sono circostanze che colpiscono soprattutto le fasce più deboli e le situazioni sociali caratterizzate da fragilità, difficoltà e precariato sociale. Le incombenze che dovrà affrontare il nuovo governo saranno numerose, ben note ed irrisolte.
L’impoverimento sociale a tutti i livelli, la mancanza di prospettive, la crisi occupazionale che colpisce ormai tutte le fasce di età, le necessità assistenziali per gli anziani e per i fragili, la crisi della sanità, le difficoltà in cui si dibattono pubblica istruzione ed istituzioni, il peggioramento dei trasporti e dei collegamenti causa di isolamento e di difficoltà nel reperimento di merci e materie prime, il costo elevato di carburante e gas, le difficoltà in cui si dibatte il settore industriale, le aziende che non riescono a far fronte all’imposizione fiscalesempre più pressante, la imprese che chiudono e licenziano, il potere economico delle multinazionali che impongono le proprie leggi ad uno stato incapace ad intervenire a tutela dei cittadini sempre più in difficoltà, le prospettive di un’Italia che non ha nulla da offrire alle nuove generazioni e non garantisce un reale cambio generazionale in campo lavorativo, sono purtroppo solo alcuni degli aspetti della scarsa capacità della politica ad interpretare, affrontare e risolvere i problemi reali del Bel Paese.
In più, negli anni si sono susseguiti eventi difficili da comprendere da parte del cittadino qualunque, situazioni assurde e avvilenti che hanno sicuramente contribuito a scalfire la già scarsa fiducia nei confronti del potere politico.
La rielezione di Mattarella a Presidente della Repubblica e l’incapacità di individuare e far confluire le preferenze su un candidato alternativo, la mancanza di coesione fra le forze politiche nel fronteggiare una crisi economica profonda e duratura, le contrapposizioni ed i litigi fra i partiti culminate nell’assurda vicenda della sfiducia al governo Draghi, unico leader a godere di una reputazione in campo europeo, sono la riprova di quanto il senso del dovere e la serietà della classe parlamentare abbia lasciato il posto a sterili e controproducenti strategie di partito dirette ad accattivarsi l’elettorato nell’unico intento di perpetrare la propria riconferma e perseguire interessi personali e particolari piuttosto che le giuste esigenze di milioni di italiani.
Quindi, il problema del costante calo nell’espressione del voto non è frutto del disinteresse, dell’inesperienza o dell’incompetenza degli elettori, ma scaturisce dal forte senso di sfiducia che porta a disertare l’appuntamento elettorale quale presa di posizione e forma di protesta nei confronti delle istituzioni, accusate di non voler comprendere e fronteggiare con decisione il disagio sociale della nazione.
Il Coordinatore CISL AST Molise
Antonio D’Alessandro