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LARINO – Sempre da più parti ci viene chiesto di esprimere un’opinione intorno all’argomento piu chiacchierato degli ultimi tempi e cioè il progetto Gran Manze della azienda Granarolo che prevede la realizzazione di impianti di svezzamento, accrescimento e ingravidazione di circa 12.000 manze da latte all’anno. Grandi sono le difficoltà nel potere avere un punto di vista chiaro intorno all’argomento vista la mancanza di informazione da parte degli interlocutori attori del progetto. Dalle scarne informazioni trapelate, si ipotizza la creazione di un impianto volto alla detenzione di 12.000 manze durante la prima fase produttiva della filiera del latte che verrà eretto su una superficie di circa centomila metri quadri di territorio irriguo.

Pertanto le suddette manze dovrebbero stazionare nel territorio basso-molisano per un periodo di circa 22 mesi, dai primi giorni di vita fino al momento in cui saranno in grado di produrre latte. Bisogna quindi sottolineare che, trattandosi di animali il cui allevamento in tale tipo di impianto è limitato alla prima parte della loro carriera produttiva, la vera ricchezza che questi animali producono, il latte, verrà trasferita, insieme agli animali stessi nelle strutture di mungitura della Granarolo. Inoltre, sebbene quello di cui si vocifera sia un insediamento mastodontico, di estensione paragonabile a circa dieci campi sportivi, nei fatti l’installazione di questa stalla non dovrebbe incidere sul livello occupazionale locale dato che si tratterebbe di un impianto a bassa tecnologia che necessiterebbe di una minima quantità di manodopera per numero di capi, non più di qualche decina di addetti.

Trattandosi di azienda considerabile multinazionale è quantomeno inverosimile pensare che il suo mercato di riferimento per l’acquisto delle materie prime necessarie possa essere quello locale, sia per i prezzi di produzione non competitivi rispetto al mercato internazionale che per la tipologia di alimento richiesto dall’azienda; non è da escludere tuttavia che perlomeno una parte di fieno e paglia, la frazione dell’alimento per le manze che genera meno guadagno per i produttori, venga acquistata dalle aziende locali. Un ulteriore aspetto è l’incidenza che tale impianto potrebbe avere sul territorio per la concentrazione degli animali su un suolo così esiguo se si pensa che su tutto il territorio regionale sono presenti circa 6000 capi di vacche come anche per l’eccessivo sfruttamento delle risorse, ad esempio l’acqua, visto che una sola mucca ha bisogno di oltre 20 litri al giorno, ovvero 600 metri cubi totali al giorno. Sono tutte caratteristiche che stridono con i dettami della PAC 2014/2020, da poco licenziata dal Parlamento Europeo, particolarmente attenta alla eco compatibilità delle aziende agricole zootecniche tanto per ciò che riguarda la concentrazione di animali sul territorio quanto per il rispetto delle norme di greening previste. In buona sostanza, mentre la PAC tende a ridurre l’impatto ambientale delle aziende, strutture come quelle che Granarolo realizzerebbe sono dei veri e propri “manzifici” industriali.

D’altro canto, la realizzazione del progetto Gran Manze potrebbe risultarevantaggiosa per il nostro territorio solo se venissero richiesti ed adottati alcuni imprescindibili accorgimenti. Innanzitutto, l’azienda Granarolo dovrebbe impegnarsi a favorire la sussistenza del mercato locale, acquistando materie per il ciclo produttivo principalmente in loco a prezzi vantaggiosi per i produttori locali. Sarebbe auspicabile inoltre che le deiezioni venissero trattate come fonte di nutrimento organico per i nostri terreni, oppure come materia prima per la produzione di bioenergia da fonti rinnovabili anche se verosimilmente verrà venduto dalla azienda sottoforma di concime organico pellettato al costo di 4 € a tonnellata. Un importante incentivo al settore zootecnico locale invece potrebbe derivare dalla previsione, come corollario al progetto, del completamento del ciclo produttivo in loco di una piccola parte dei bovini presenti all’interno dell’azienda Gran Manze. In sintesi, il progetto Gran Manze altro non è che un’azienda di produzione di servizi, dove i “servizi” prodotti sono le manze gravide e le aziende beneficiarie sono quelle di mugitura, tutte ben distanti dal Molise, le quali saranno sgravate dagli oneri derivanti dall’allevamento delle manze, la fase fastidiosa e meno produttiva della filiera latte.

Parallelamente, le aziende di “servizi” verranno impiantate nei migliori posti dove riusciranno ad allevare al minor costo di mercato possibile con una conseguente ottimizzazione dei guadagni ma, il luogo in cui i “servizi” verranno prodotti non otterrà alcun vantaggio dalla nuova produzione. Ma quelle ipotizzate restano solo proposte che molto probabilmente non troveranno mai un vero destinatario che possa interloquire ai fini del miglioramento del progetto Gran Manze. Molto preoccupante il silenzio dell’amministrazione comunale di Larino, che con il suo apparente immobilismo contribuisce ad alimentare la confusione intorno alla definitiva sede di realizzazione del progetto. Il rischio è che, nel solco della vecchia politica, si continui a decidere del futuro del nostro territorio e a mettere il popolo di fronte a scelte già compiute, calate dall’alto, senza alcuna possibilità di confronto. Rimanendo nell’ottica della partecipazione, argomento al quale la giunta Notarangelo era molto sensibile, almeno in campagna elettorale, ci si sarebbe aspettato che venisse almeno organizzato un incontro pubblico nel quale discutere di una tematica cosi sensibile per l’intero basso-molise, nel quale sarebbe potuta emergere anche la posizione dell’amministrazione comunale e soprattutto per permettere ai cittadini di fornire il proprio contributo di idee e proposte.

Movimento LARINascita