Nicola Felice denuncia il silenzio delle istituzioni: “Chi tace, si assume la responsabilità storica di questo disastro.”

TERMOLI – Alcuni giorni fa, Monsignor Claudio Palumbo, vescovo della Diocesi di Termoli-Larino, è intervenuto con parole nette e accorate sulla crisi che investe lo stabilimento Stellantis di Termoli, definendo la situazione “drammatica” non solo per i lavoratori direttamente coinvolti, ma per l’intero tessuto sociale e produttivo del Molise.
Il vescovo ha evidenziato come l’eventuale dismissione dello stabilimento rappresenterebbe “un colpo devastante per l’economia regionale”, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro e la già fragile autonomia della regione. Ha ribadito con forza che “il lavoro non è solo un mezzo di sostentamento, ma fondamento della dignità umana e della coesione sociale”. Monsignor Palumbo ha quindi sollecitato un’assunzione di responsabilità collettiva, chiedendo un impegno concreto e immediato da parte delle istituzioni.
La crisi di Stellantis non è solo una vertenza industriale: è una emergenza sociale, economica e umana che chiama tutti alle proprie responsabilità, a partire dalle istituzioni locali. Le parole del vescovo sono un monito severo: “Non possiamo restare in silenzio mentre si consuma un colpo potenzialmente letale per l’intera regione Molise”, già fragile e ora a rischio di vedere compromessa persino la propria autonomia.
È molto amaro e inaccettabile che, a distanza di giorni dal suo accorato appello, non sia arrivata alcuna risposta o iniziativa, in primis da parte dei sindaci del territorio. Coloro che dovrebbero essere i primi custodi dei bisogni dei cittadini sembrano trincerarsi dietro un “mutismo irresponsabile”.
La dignità delle persone si fonda sul lavoro e sul diritto alla salute: due pilastri inscindibili della nostra Costituzione. La loro messa in discussione mina le fondamenta stesse della convivenza civile. “O si reagisce adesso, tutti uniti, senza distinzione di colore o appartenenza politica, o si sarà complici della possibile dissoluzione sociale di un’intera regione”.
Sono trascorsi diversi giorni dall’appello del vescovo Palumbo: nulla è seguito! Un’assenza che rischia di far sentire abbandonate intere famiglie e che trasforma lo stesso appello, nato come stimolo e richiamo alle istituzioni, in un “atto di supplenza”.
È tempo di parole chiare e di azioni concrete. “Chi tace, si assume la responsabilità storica di questo disastro.”
Nicola Felice
Presidente Comitato San Timoteo