Le nostre paure e i nostri timori, ma anche le nostre certezze, sono che, lo stesso metodo sbrigativo e opportunista, usato per il mondo animale, è sistematicamente usato per la specie umana, con la negazione del vitale diritto al lavoro, alla sanità, alla cultura, all’istruzione, all’accoglienza, affrontate con decisioni, che spesso prevedono il rifiuto del diritto alla vita. Probabilmente, in una macroregione, sarà possibile trovare classi dirigenti che non si occupano del come eliminare i cinghiali, ma sappiano utilizzare il loro tempo e le loro competenze, a pianificare le poche risorse, nei risultati positivi che deriverebbero dalla valorizzazione della “vita dei cinghiali”, dal rispetto e salvaguardia della nostra natura, dallo sviluppo delle attività produttive tipiche, dall’eccellenza sanitaria, delle potenzialità della nostra agricoltura e della nostra cultura.
Pensiamo che la politica illuminata, quella del cambiamento, debba occuparsi di sostenere comunque e sempre logiche di salvaguardia e protezione della vita, nelle sue varie forme, anche quella dei cinghiali. Pensiamo che i cinghiali non debbano essere uccisi ma catturati, che gli agricoltori non debbano essere ignorati ma dai cacciatori risarciti, che gli ospedali non debbano essere chiusi, ma super specializzati e che i beni culturali regionali non vengano ignorati, ma valorizzati. Pensiamo ad un’altra classe politica, ad un altro Molise, ed ai miei allievi che hanno visto su un quotidiano regionale, in virile posa, un mio collega “educatore”, accanto ad un magnifico esemplare abbattuto, dirò che lui appartiene ad un’altra istituzione, ad un’altra educazione, ad un’altra Scuola, invitandoli a riflettere sulla: “ Storia di politici e cinghiali e di esseri umani sempre più cinghiali”.
prof. Elvio Petrecca