Condannati in primo grado per traffico internazionale di droga, devono ora tornare davanti ai giudici di Milano in vista della sentenza di appello, ormai alle “porte”. Arrestati durante un “blitz” antidroga della Finanza di Milano due termolesi: un nomade ed un albanese dimorante in città, dovranno ora difendersi nel corso del dibattimento di secondo grado dalla pesante accusa.

I protagonisti dell’episodio, un nomade residente in città ed un albanese dimorante in zona. I due finirono entrambi nella “rete” tessuta dalla Guardia di Finanza del capoluogo lombardo che fece scattare le manette e denunce a carico di 102 persone, tutte coinvolte nello smercio di cocaina ed eroina a livello internazionale. Il termolese fu ammanettato a sorpresa mentre si trovava nella sua abitazione mentre l’altro fu preso successivamente.
Entrambi, in ogni caso, risultarono coinvolti nella mega operazione di polizia giudiziaria che inflisse un duro colpo al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. L’ultracinquantenne, accusato sulla base di intercettazioni telefoniche di aver fatto parte del grosso clan di malviventi impegnato a trasportare ingenti quantità di eroina in Europa e nel nord Italia, ora dovrà presentarsi per il dibattimento del processo di appello che potrebbe ribaltare parte della sentenza di primo grado che inflisse condanne per complessivi 300 anni di reclusione a carico dei 102 imputati. Il difensore del nomade, il penalista Antonio De Michele, si definisce fiducioso sull’esito del gravame non escludendo che per la posizione del suo assistito ci possano essere delle novità importanti.

Il “blitz” delle Fiamme Gialle, scattato a febbraio del 2007, riguardò diverse regioni italiane tra cui la Puglia e la Campania e portò in cella 38 persone tutte inchiodate alle loro responsabilità da una lunga serie di conversazioni al telefono cellulare “ascoltate” dagli inquirenti. Il Gip di Milano Forleo firmò le ordinanze cautelari a carico dei numerosi indagati tra cui i due di Termoli mentre la stragrande maggioranza degli incriminati risultarono albanesi. I due locali, secondo l’accusa, avrebbero avuto un ruolo di rilievo all’interno dell’organizzazione delinquenziale che organizzava i viaggi con i panetti di eroina dall’Albania verso l’Italia e l’Europa.

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