Domenico Zeoli
Domenico Zeoli
ELEZIONI EUROPEE
– La sua candidatura alle elezioni europee del prossimo 25 maggio è il filo conduttore di un’attività iniziata mesi fa con il ‘Movimento del 9 dicembre’ che, per diverse settimane, si è riunito all’ingresso del casello autostradale di Termoli. Il disinteresse delle istituzioni nei confronti dei lavoratori, la corruzione e la crisi erano i temi principali per cui si batteva il Comitato. Domenico Zeoli, imprenditore agricolo di Larino, è ora candidato alle elezioni europee con il partito Fratelli d’Italia. Al neocandidato abbiamo chiesto di mettere i puntini sulle i e di parlarci della situazione italiana ed europea.

Da cosa è partita l’idea di candidarsi?
“Questo partito riflette ciò che diceva il Comitato 9 dicembre, dove ho passato parecchi anni, per cui la candidatura è venuta da sé. Qualcuno del vertice del Movimento pensa di non andare a votare per queste elezioni, ma io non sono d’accordo. Non votare significa far decidere agli altri. È vero che siamo deboli rispetto ad altri Stati, ma dobbiamo lottare e provarci”.

Cosa è cambiato da dicembre, con il Movimento del 9 dicembre, ad oggi?
“E’ cambiato poco in realtà, visto che i problemi sono sempre quelli. Noi del movimento, o almeno io, siamo passati dalla protesta alla proposta. È giusto protestare quando le cose non vanno bene, ma ove c’è la possibilità bisogna mettersi in gioco ed accogliere il consenso popolare per cercare di cambiare la situazione”.

Quali sono i punti di maggiore importanza del Suo programma?
“Ho sposato completamente il programma del partito Fratelli d’Italia, che ha continuato ciò che dicevamo noi del Movimento 9 dicembre circa l’euro: questa moneta ci ha distrutti e vogliamo uscirne, soprattutto desideriamo un riscatto dall’Europa che ormai rappresenta solo le banche ed i banchieri e non la popolazione”.

Quindi l’uscita italiana dalla moneta unica comporterebbe anche una rinascita economica dell’Italia?
“Ormai l’Italia ha perso l’autorità monetaria, anche se non dovessimo uscire dall’euro dobbiamo comunque iniziare a sbattere i pugni ed a farci rispettare visto che in Europa, sfortunatamente, non contiamo nulla. La Merkel viene a comandare anche in casa nostra, Renzi va lì e prende anche le lodi perché fa bene i compiti a casa che gli detta la Germania. Noi vogliamo essere per prima cosa italiani, dopo Europei e non certamente tedeschi”.

Il partito antieuro può farcela?
“Sono molto fiducioso. Questo partito è l’unico a sostenere questa uscita, almeno in Italia. Molti altri partiti, al contrario, si sono uniti a questa visione solo per ottenere il consenso popolare, senza avere un programma od un progetto per il futuro. Noi abbiamo le idee molto chiare ed anche altri Stati Europei, tra cui la Francia, la Spagna e la Grecia, sono dello stesso avviso. Speriamo che questo sia solo l’inizio e che, finalmente, l’Italia inizi a farsi rispettare in Europa”.

Questo è un periodo di crisi. Quali sono le azioni da mettere in campo per rendere nuovamente competitiva la nostra nazione e, in particolar modo, il Molise?
“Nel mio manifesto ho inserito lo slogan ‘Eurofollia? No grazie’ per sottolineare la follia dell’euro. Io dico sì al turismo, all’agricoltura, al lavoro. Il nostro Molise, con due pilastri quali il turismo e l’agricoltura, non ha nulla da invidiare al resto del territorio nazionale. Abbiamo tutto: mare, collina, montagna. Queste risorse, se sfruttate adeguatamente, contribuirebbero in maniera notevole ad avviare un processo di profondo cambiamento economico, sociale e culturale. Il Molise deve puntare sui prodotti agroalimentari che costituiscono l’eccellenza italiana. Non sottovalutiamo l’artigianato e l’industria: purtroppo, al giorno d’oggi, le migliori industrie preferiscono trasferire le loro sedi all’estero, creando una notevole perdita sia in termini di posti di lavoro che monetari. Molte aziende agricole, al contrario, stanno chiudendo a causa dell’aumento delle tasse; altre invece preferiscono coltivare i loro prodotti nei paesi dell’Est Europa perché c’è un minore carico fiscale ed il lavoro costa meno. Questo è vergognoso, perché annulla l’identità italiana. Qui arrivano moltissimi prodotti, soprattutto dal Nord Africa, che non sono salubri, perché in queste zone, come in molte altre, si utilizzano ancora insetticidi come il DDT che rappresentano una minaccia per la salute. Non possiamo immaginare prodotti Made in Italy che utilizzano materiale non italiano, come successe con la pasta che era composta, per la maggior parte, da grano proveniente da Chernobyl. La sinergia tra cultura, turismo, artigianato ed enogastronomia, all’insegna del vero Made in Italy, se efficacemente sfruttata, può offrire un’opportunità di crescita all’economia dell’intero Paese”.

Sarebbe il caso di aumentare anche i controlli alle frontiere dei prodotti che arrivano in Italia?
“Controlli alle frontiere ma, soprattutto, dazi. In molti paesi, ad iniziare dagli Stati Uniti, l’importazione di prodotti è soggetta a dazi. Questo garantirebbe sia il flusso di scambi che la tutela dei cittadini con la messa in opera di controlli qualitativi sulla merce in entrata. Anche le aziende straniere che vogliono investire in Italia devono pagare il giusto, senza eccezioni. In molti stati europei, per aprire un’attività, si lascia un deposito cauzionale. Qui, al contrario, molte aziende aprono la partita IVA e, a distanza di poco tempo, trasferiscono la propria impresa all’estero. Dobbiamo auto-tutelarci”.

L’immigrazione clandestina: problema italiano o sovranazionale?
“In questi ultimi tempi ce n’è tanta. Non vogliamo cacciare le persone che arrivano, vogliamo accoglierle, ma deve farsene carico tutta l’Europa, non possiamo pagarli soltanto noi italiani. C’è una legge europea che stabilisce le procedure di accoglienza e decreta che gli immigrati debbano restare nel primo paese nel quale arrivano: per l’ennesima volta ci siamo fatti fregare dall’Europa visto che, ogni mese, diamo 900 euro ad ogni persona che arriva e sono soldi italiani, non europei. Molti pensionati, invece, prendono 400 euro di pensione, quando va bene, nonostante abbiano lavorato una vita intera in Italia e sono cittadini italiani. Sarebbe il caso di dividere sia le spese che gli immigrati, facendo in modo che possano trovare una sistemazione anche in altri Stati membri. Con questo non voglio fare discriminazioni od altro, ma voglio soltanto sottolineare il fatto che l’Europa deve farsi carico del problema, perché l’Italia, da sola, non può provvedere”.

Qual è la sua idea di Europa?
“Credo in un’Europa unita, che collabora, ma non in un’Unione che cammina a due o tre velocità, con differenza sia in termini di qualità della vita che di lavoro, ma piuttosto un’aggregazione di Stati che collabori tra loro e che si renda conto delle difficoltà interne delle varie realtà ed agisca di conseguenza. Senza concorrenze sleali o vantaggi di cui usufruiscono solo poche nazioni, in primis la Germania”.

Ha un modello politico, anche del passato, a cui si ispira?
“Sicuramente Alcide De Gasperi. Ha salvato l’Italia con la sua umiltà ed è riuscito a far tornare competitiva l’Italia, sconfitta in tutti i sensi, che era uscita da una guerra. Grazie al suo carattere è riuscito anche a fare in modo che gli Stati Uniti ci aiutassero durante questo processo di ripresa. Grazie a lui l’Italia si è rialzata”.

Come vede il suo futuro?
“Non lo vedo nero, perché sono sempre stato abituato a lavorare e ad affrontare i problemi. Sono preoccupato per il futuro di mia figlia e dei tanti giovani che si trovano in una situazione difficile: un periodo in cui c’è carenza di lavoro e non vi è certezza di uno stipendio mensile. Non possiamo permettere di lasciare ai nostri figli una situazione del genere”.

C’è qualcosa che rimpiange della sua vita?
“Direi di no, forse mi sarei dovuto impegnare in politica qualche anno prima. Ho militato nei sindacati per diversi anni ed anche lì ho dovuto lottare per i miei diritti e per quelli della mia categoria lavorativa, gli agricoltori. Spesso mi sono scontrato con le dirigenze del settore sui temi di controllo qualità dei prodotti e sulla burocrazia che rallenta le attività. Ormai c’è più carta che lavoro e questo deve cambiare”.

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2 Commenti

  1. padroni in casa nostra altro che europa
    Domenico conosco bene il tuo impegno nella lotta che profondi giornalmente a tutela del settore agricolo, che è il settore primario in cui si contraddistinguono le economie più evolute e democratiche. Mi auguro dal tuo successo che Alemanno ceda in caso di vittoria il suo posto per Te. Voglio anche ricordare a Te e ad altri che Alemanno è stato quel ministro che aveva istituito il famoso “corridoio verde” di cui oggi noi tutti ma sopratutto gli agricoltori stanno pagando solo dazio. In bocca al lupo!

  2. ????
    Io invece non lo conosco personalmente. Certo che vedere uno che faceva il rivoluzionario quest’inverno coi presidi all’uscita dell’autostrada, candidarsi nel partito di La Russa, Alemanno Meloni ecc. Che hanno governato (e in alcune regioni ancora governano) con la Lega Nord, uno dei principali responsabili dell’affossamento dell’economia agricola meridionale…. be’ francamente fa molta tristezza.