Nicola Felice
TERMOLI – Dopo tante attese, misteri, previsioni, ecc.. inizia a venire alla luce il “famigerato”  progetto GRANMANZE, in primis con l’individuazione dell’ubicazione dell’intervento nel Basso Molise e precisamente nell’agro del Comune di San Maritino in Pensilis  in località Bosco Saccione.

 

Sin dall’inizio della diffusione, da parte del Sen. Roberto Ruta, del possibile insediamento nel Molise, in concorrenza con la vicina Puglia,  di un  grande allevamento  zootecnico, avevo previsto che la scelta sarebbe ricaduta sul Molise e più precisamente nel Basso Molise; il tempo sembra mi stia dando ragione. La mia previsione non veniva dettata da nessun potere preveggente ma da semplici considerazioni tecnico-economiche dettate dal tipo di insediamento da realizzare, che tra tanti requisiti, richiede:

1)      facile e immediato collegamento all’autostrada, sia per il trasporto delle manze che per gli alimenti necessari;

2)      grande approvvigionamento idrico;

3)      disponibilità di terreni agricoli irrigati sia per la produzione di foraggi e alimenti vari per gli animali che  per lo smaltimento dell’enorme quantità di rifiuti organici prodotti dall’impianto.

La Regione Puglia era, e rimane, una falsa concorrente poiché non ha un requisito fondamentale:  la fornitura idrica necessaria, essendo noto a tutti che non ha alcuna sorgente idrica: da sempre si approvvigiona dell’acqua per tutti gli usi civili, industriali ed agricoli, solo ed esclusivamente dalle regioni limitrofe; il Molise è il fornitore principale sia con la diga di Occhito che con quella del Biferno. La scelta da parte degli investitori è dettata solo ed esclusivamente dagli aspetti tecnico-economici, non da simpatie verso il Molise, né da “pressioni” da parte di “potentati” politici locali e/o nazionali.

L’impresa proponente, pur ricadente tra la categoria delle piccole imprese per il numero di addetti previsti, intende realizzare un enorme  impianto industriale di grande impatto ambientale tra i più inquinanti: le “macchine” sono 12.000 vitelli e manze con l’unica produzione di circa 120.000 tonnellate/anno (330.000 Kg/giorno) di rifiuti organici da dover smaltire nel rispetto  delle normative europee, nazionali e regionali vigenti in materia.

Il mega impianto da realizzarsi nel Basso Molise, in pratica serve ad alleviare gli allevamenti presenti nel nord, che non è più in condizioni economicamente vantaggiose, di smaltire un ulteriore quantità di rifiuti nel rispetto delle suddette norme. Infatti dal prossimo 2015 entrerà in vigore il nuovo PAC 2014-2020, che prevede l’abolizione delle famose quote latte e  una drastica riduzione dei sostegni economici in agricoltura e agli allevamenti. Ciò comporta che, per essere ancora competitivi, bisognerà incrementare la produzione di latte quindi espandere gli attuali allevamenti con conseguente aumento di rifiuti.

Le imprese produttrici del nord, non potendo trasportare, per ragioni economiche, nel sud i maggiori rifiuti prodotti, intendono risolvere il problema trasferendo solo una delle fasi della filiera: la crescita da pochi giorni a 22 mesi dei vitelli e manze, che dovrà avvenire a rotazione nell’impianto in progetto. Questa è una fase non produttiva dell’intera filiera, prevede la  permanenza delle manze fino a pochi giorni dal parto per poi far ritorno all’allevamento di origine per le successive fasi produttive: il parto e la produzione di latte. L’impianto da realizzare nel nostro territorio ( tra i più elevati impianti inquinanti) produrrà esclusivamente il letame e altri rifiuti che benevolmente possono essere definiti come “sottoprodotto” per l’agricoltura o per la produzione di gas e/o energia con un idoneo impianto a biomasse..

I vantaggi  degli allevamenti del nord sono evidenti con la esternalizzazione della fase, non produttiva, di crescita delle manze: rifiuti organici ricchi di composti azotati da non smaltire in loco; minor consumo di acqua; minore utilizzo del territorio (al limite di accettabilità per la presenza di numerosi allevamenti di varie specie) per lo smaltimento dei rifiuti; incremento della produzione di latte e maggiore efficienza.

Credo che prima di esprimere soddisfazioni e rilasciare le dovute autorizzazioni, l’intero Molise ma in particolare la popolazione bassomolisana sia resa partecipe delle scelte che la classe dirigente preposta intende fare, dopo un approfondito esame del progetto che inizialmente prevede la presenza a rotazione di 12.000 manze, ma con possibilità di successive espansioni.

Si dovranno attentamente esaminare le criticità dell’operazione, tra cui:

1)      è un impianto industriale di grande impatto ambientale (un allevamento di 12.000 manze equivale ad un carico organico inquinante  di una città di 100.000 abitanti, circa un terzo dell’intera popolazione molisana);

2)      saranno utilizzati e trasformati oltre 80 ettari di terreno solo per la realizzazione delle strutture, delle aree e degli impianti necessari;

3)      cosa ne sarà delle strutture, soprattutto degli 80 ettari trasformati, quando la produzione cesserà;

4)      la grande fornitura di acqua (oltre 600 mc/giorno, equivalente alla fornitura di acqua di un paese di circa 3000 abitanti) per garantire solo la cura e la crescita degli animali;

5)      lo smaltimento dei rifiuti prodotti con lo spandimento sui terreni, buona tecnica agronomica ma che necessita di grande espansione territoriale (oltre 3.000 ettari), oltre al rischio di inquinamento delle falde acquifere;

6)      risultando non economico utilizzare terreni molto distanti dall’impianto,è bene tener presente che sarà inevitabile la realizzazione di una centrale a biomasse con produzione energetica.

Come pure massima attenzione va riposto verso le positività che si prospettano con la realizzazione dell’impianto: creazione di  nuova occupazione diretta, ipotizzata a regime, di circa 50 addetti, altrettanti per l’indotto, oltre a quelli della filiera produttiva dei foraggi necessari all’insediamento.

Questo progetto ci viene prospettato come soluzione per l’agricoltura molisana da “ultima spiaggia”; credo sia un errore, infatti è ancora possibile, con un Piano Regionale di Sviluppo,  rilanciare l’attività delle aziende agricole con  produzioni tipiche e di qualità per la commercializzazione e  la trasformazione con aziende ubicate in regione. Certamente questa soluzione richiede grosso sforzo e grande capacità di programmazione da parte di tutti: categorie ed associazioni di settore, ma soprattutto dei politici, amministratori e dirigenti.

L’auspicio mio, ma credo anche di tanti, è che l’attuale classe politica, amministrativa e dirigente, in particolar modo quella del Basso Molise, che ha avuto la fiducia dei cittadini ed il pregio di ricoprire nelle istituzioni ruoli importanti, inizi  a dimostrare discontinuità con la precedente che, soprattutto nell’ultimo decennio, è stata consenziente a progetti, idee ed interessi di chi comandava davvero, pur di poter gestire un potere che gli era stato delegato dallo stesso. A dimostrazione si guardi l’attuale stato pietoso in cui versano la Sanità nel Basso Molise e il Nucleo Industriale della Valle del Biferno, da sempre fiore all’occhiello dell’intera Regione Molise.

ing. Nicola Felice

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