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LARINO – Sugli interventi che si susseguono giornalmente sul progetto GraManze, registriamo che i “Si” a prescindere puntano su un’unica cosa, il ricatto dei posti di lavoro. La Granarolo ha parlato di 50 posti, noi abbiamo guardato le carte progettuali e abbiamo scoperto che circa 20 restano appannaggio esclusivo della Granarolo (quelli riservati a impiegati e veterinari) e solo 30 sono “offerti” al popolo molisano. Abbiamo fatto poi una piccola ricerca prendendo in considerazione le aziende agricole che ricadono sui terreni che, per primi, furono presi di mira da chi ha consigliato alla Granarolo di venire nel Molise per occuparli, quelli del Comune di Larino siti in contrada Bosco.

I terreni si estendono per una superficie di oltre 120 ettari, di cui oltre 30 riservati alla Coteb e 83 coltivati da un’impresa familiare che, in un anno, oltre che ai titolari e ai componenti delle loro famiglie, occupano un operaio fisso e ben cinquanta e più avventizi durante l’arco dell’anno. In pratica, circa 60 persone. Se i terreni (83 ettari) vengono tolti all’impresa familiare e, invece di essere coltivati, vengono cementificati per sopportare un’industria che ha come gestione un asilo per 12.000 manze, grande 100 ettari, cioè 1 km2 di superficie, le tre famiglie degli imprenditori che ricavano reddito da questa loro attività, l’operaio e i 50 operai, e più, avventizi dovranno andare a casa e trovarsi un altro lavoro. Senza considerare la perdita di produzione di cibo e, così, del valore che non entra più nel Molise.

Una perdita secca visto che il latte, le manze ingravidate, lo produrranno in Emilia Romagna e Lombardia lasciando al Molise tutti i problemi. E allora, lo chiediamo ai sostenitori di questo asilo della Granarolo, qual è il tanto decantato posto di lavoro offerto a chi non ce l’ha se per 50, o meglio, 30 posti promessi (l’indotto neanche a pensarci perché è già opzionato dalle cooperative socie pugliesi) se ne perdono più di 50 senza parlare delle famiglie degli imprenditori e dell’operaio fisso? Non dà fastidio la scarsa capacità di fare una sottrazione, ma la malafede che è propria di quelli che hanno animo servile e non si rendono conto che questo loro ragionamento ha il significato del ricatto e ciò è più che sufficiente per dire che è inaccettabile.

Il ricatto è l’azione più vile di una persona e, quando esso viene usato per approfittare della buona fede e del bisogno della gente, è anche una cattiveria che fa male e, soprattutto, toglie il piacere della speranza, soprattutto ai giovani, in un momento in cui essi ne hanno un forte bisogno per credere nel futuro e provare a costruirlo. Usano l’arma del ricatto per non portare le persone a ragionare e rendersi conto dei disastri ambientali e produttivi di quest’insediamento industriale che cambia il volto del Molise e lo colpisce in profondità.

COMITATO “NO STALLA, SÌ MOLISE BENE COMUNE”.

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