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Roberto Ramunno
TERMOLI – No, non c’è colpa di alcuno quando la morte aggredisce ed annulla la vita. È la vita con le sue angosce ed i suoi problemi che, talvolta, spinge al gesto estremo. Nessuno insegna a vivere, ci insegnano a prendere. Di fronte ad un dramma che si consuma, rimane il dramma di chi si domanda “ma io cosa potevo fare?” La tragedia di un genitore che vede allontanarsi il proprio figlio e non sa che fare! … ci avrà provato in tanti modi, avrà pianto prima, cercando di fermare quella corsa verso un indefinito che si cerca di comprendere con tante ricerche e studi. Un genitore inventa la vita, ma non ne è il padrone. Un genitore è accanto alla vita di chi ha generato, anche lui con i propri problemi, preoccupazioni, paure e tormenti; può essere accanto alla vita, con le proprie contraddizioni, ma non può decidere la vita: quella è il figlio che la inventa. Un figlio.

Un figlio che apre alla speranza, ai sogni, ad un esistere di responsabilità, sorrisi, pianti e delusioni; e poi, poi un epilogo doloroso come l’abbraccio ad una corda sospesa, ad una macchina spinta in velocità, a delle pillole lasciate su un comodino, a delle pillole comprate per vedere un confine illimitato, ad un gesto estremo per cercare quel qualcosa non trovato. “Cosa cercavi, figlio, nella vita, in quella corda, in quel vuoto che aveva probabilmente riempito il tuo cuore?” … il nulla avvolge, il nihil si impadronisce dei nostri pensieri e delle nostre emozioni. Il nulla oscura i nostri orizzonti bagnati dalla vita, da quegli arcobaleni che vediamo comparire in cieli che sembrano sconfinati. “Perchè figlio, perchè?” Domanda che strazia il cuorre di genitori che hanno dato vita e la vedono dissolversi. “Perchè mio figlio?” .. domande tragiche che non hanno risposta; provocano dolore e aprono le porte a lacrime che consumano il cuore. Ho condiviso con il padre il lavoro, ma conoscevo poco questo ragazzo che ha deciso l’estremo.

Conosco il fascino dell’estremo; conosco il mondo dei giovani; conosco i disagi degli adolescenti; conosco l’immensità di un alba sui monti; conosco la disperazione di chi non vede realizzzarsi i propri sogni; conosco preoccupazioni ed angosce di chi ha perso il proprio posto di lavoro; conosco la solitudine e l’abbandono … conosco poco! Non saranno mai sufficienti conoscenze e studi per stare accanto alla vita. L’imprevedibilità dell’esistere è tale che nessuno di noi può affermare di avere soluzioni, queste si cercano nell’affanno di ogni gesto che compio per affrontare quotidianamente la mia vita. Un Papa, da me conosciuto ed amato, che tra poco salirà sugli altari, scrisse che nell’educazione ci sono soggetti diversi, ma “noi” non possiamo sostituirci a quell’io che è l’altro; anche mio figlio, non è mio, è un altro. Ci possono essere responsabilità, e chi affronta e studia l’educazione, lo sa. Ma non ci sono mai colpe in chi ha cercato di amare come era ed è capace. Sono certo, che chi gli ha generato la vita, lo amasse. Un genitore può amare e questo ciascuno di noi può farlo con discrezione e limiti, ma la vita è sua, è di quell’altro che noi talvolta vorremmo diverso da come egli vive. Questo è il confine dell’amore… fino all’estremo. Noi, spettatori e protagonisti della vita, possiamo solo accettare quanto mio figlio, ormai adulto (ma anche prima) decide.

“… Ma perchè Roberto, perchè figlio, lo hai fatto senza regalarmi le tue angosce, i tuoi dolori, la tua disperazione? Perchè non sei venuto tra le mie braccia come quando da bambino correvi ad abbracciarmi? Perchè hai scelto quella corda? …” lacrime rumorose scendono accanto alla morte. Le cascate sono piene d’acqua, la neve copre i sentieri ed il freddo dell’abbandono ci avvolge. Nel silenzio di un vuoto che oggi copre la vita, Vi sono accanto con affetto.

Z’ Vassilucc’e