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Iullallarà…llarà…llarà….Nun te pozze scurdâ….
GattiNeriTERMOLI – Quelli nati intorno al ’40 ricorderanno le parole di questa canzone che Fernando aveva composto e suonavamo nel complesso dei “GATTI NERI”. Il complessino di musica leggera si componeva di quattro elementi: due chitarre (io e lui), una fisarmonica suonata da Raffaele Cannarsa e la batteria suonata da Nicolino Manes. Suonavamo nei matrimoni e in qualche festicciola di famiglia. Eravamo stati anche ospiti del Buttafuori, una trasmissione radiofonica presentata da Luciano Rispoli. Con le nostre due prime chitarre elettriche ci presentammo con una grinta incredibile.

“Abbiamo sfondato, Savè! Abbiamo sfondato!”. Fernando era alle stelle. In effretti avevamo preso un secondo o terzo posto, non ricordo bene. Ma il suo entusiasmo era trascinante e ci credevamo tutti.

Fernando l’avevo conosciuto intorno al ’55, ’56 al corso di musica che il maestro Sassanelli di Campobasso teneva il pomeriggio presso le scuole elementari. Lui aveva apprezzato il mio modo di fare gli accordi…col barré.
“Vogliamo formare un complessino?”. Muniti di pentole e coperchi per fare la batteria e di un fisarmonicista, andavamo a provare sopra il bar che aveva aperto nei pressi della Madonna delle Grazie.

Suonavamo e cantavamo tutti. Ma avevamo anche un cantante d’occasione che era quel Basso Porreca che in seguito andrà a far parte della Polizia Stradale. Dopo qualche anno, per vari motivi, ci sciogliemmo e Fernando se ne andò dalla sorella a Novara. Mi disse: “Ritornerò quando diventerò famoso”.

 ‘A TURRÉTTE DELL’ASENAECHE
(di Fernando Lanzone)

Jève aremaste sòle e abbandunáte
dell’Asenarche
‘a povera Turrétte.
Tolte cacche cocchje de ‘nnammuráte

areccettáve zinghere e cevétte.

Perdève …a ‘hune a ‘hune
come e ‘na vècchje pèrde i dinte
tanta pizze de préte e mergelune
ca ne ‘nge jève aremaste proprje ninde.

Pu…songhe arreváte ‘hi!
‘U nepote de Cian
e l’haje aremisse a poste!

Mo’, ninde cchjù zingáre
‘nda Torre…né cevétte.

Mo’, so’ ostreche, tartufelle
calamarille e bredétte!

Ritornò dopo qualche anno e divenne famoso davvero! Ma non per la musica ma perché ebbe un’idea pazzesca, leggendaria, quasi impossibile per tutti gli altri, dati i tempi. Ma non per lui! S’inventò di restaurare La Torre Saracena che era ubicata nei pressi del fiume Sinarca e di trasformarla in Ristorante di prima catagoria a base di solo pesce. Insieme all’architetto De Felice, che gli fece avere tutti i permessi, in un paio d’anni, quasi senza soldi, facendo una montagna di cambiali, nel 1964, inaugurò il suo “gioiello”.

“ ‘Hi viste, Savè, questo è il mio capolavoro!”. Proprio così mi disse:
“Il mio capolavoro, che mi farà compagnia per tutta la vita”. E poi ci furono il ristorante “Cianne” sul costone della collina prima del Sinarca. E tante altre cose…che sarebbe troppo lungo elencare.

L’andavo a trovare tutti gli anni d’estate. Quando fece i 70 anni (lui festeggiò il sessantanovesimo “per …scaramanzia”, mi disse) mi invitò e ci andai. Ero a Milano, ma non potevo farne a meno. Fu una serata fantastica. Fece arrivare direttamente delle brasiliane che fecero anche balli in costume.
L’ultima volta, l’estate scorsa, ci facemmo un chek-to-chek a base di cruderie che sapeva mi piacevano molto, e mi diede il libro su ”LaTorretta”, impaginato dal suo grande amico l’architetto De Felice.

Lo so che è inutile dire il dispiacere che si prova quando ci lascia una persona cara…ma a me dispiace moltissimo…moltissimo! E lo voglio ricordare con i versi di una sua poesia, l’unica, forse che ha scritto, su “La Torretta” : il CAPOLAVORO DELLA SUA VITA!
 

Addio Ferna’! Grande Amico. Ti piango in silenzio…non ce ne sarà mai più un altro come te!
Saverio