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Due architetti, Marino e Metere, si confrontano sulle scelte di termoli.
«i ciucce littecáne e i varile ce sfasciáne!»
TERMOLI – È vero che la lontananza acuisce gli affetti. Fa riflettere su cose e problemi che, chi ce l’ha sempre sotto gli occhi, non vede. I “Due”, per vari motivi sono andati a vivere fuori del proprio paese, hanno vissuto esperienze diverse, hanno assorbito culture differenti. Il primo, a Verona, una delle città più belle d’Italia che vanta un’arena musicale, la più famosa del mondo. L’altro, a Milano, la città più esclusiva, dove la cultura, a tutti i livelli, ti entra nella pelle, la respiri tutti i giorni per le infinite manifestazioni a cui partecipi.
«i ciucce littecáne e i varile ce sfasciáne!»
TERMOLI – È vero che la lontananza acuisce gli affetti. Fa riflettere su cose e problemi che, chi ce l’ha sempre sotto gli occhi, non vede. I “Due”, per vari motivi sono andati a vivere fuori del proprio paese, hanno vissuto esperienze diverse, hanno assorbito culture differenti. Il primo, a Verona, una delle città più belle d’Italia che vanta un’arena musicale, la più famosa del mondo. L’altro, a Milano, la città più esclusiva, dove la cultura, a tutti i livelli, ti entra nella pelle, la respiri tutti i giorni per le infinite manifestazioni a cui partecipi.
Entrambi, per ragioni diverse, sono andati via dal proprio paese. Ma vi hanno lasciato il cuore! Da lontano – come gabbiani che volano in alto, dove le cose appaiono migliori – osservano ciò che accade. Entrambi vi ritornano tutti gli anni con le loro famiglie per innaffiare le loro radici, respirare l’aria natia. Sono spinti dal desiderio di rivedere i luoghi dove sono nati e vissuti. Che cambiano, si trasformano.
E si modificano anche gli spazi dove hanno giocato, trascorso la loro gioventù.Nelle loro vene scorre un sangue misto di sabbia marina e acqua salata, di estati trascorse al sole, distesi sulla rena calda dei suoi lidi.
Delle città dove vivono, hanno assorbito la cultura e la storia. Ora, vogliono dare un contributo alle scelte del proprio paese. Hanno idee diverse. Ma entrambi sono convinti che la democrazia, il volere del popolo debba operare scelte giuste. Anche se, come afferma Marino, “[…] un sindaco non debba piegarsi al volere del popolo, ma non deve ignorare la regola fondamentale della democrazia che prevede l’ascolto del parere di tutti, visto che gli interventi riguarderanno proprio tutti”.
Ed è questa la cosa più importante, fondamentale sulla quale essi sono perfettamente d’accordo. Il paese è del popolo che ci vive e che decide “come” viverci. A tale scopo i politici devono portare a sua conoscenza, mediante assemblee, riunioni specifiche, conferenze anche di carattere tecnico, il “perché” di certe scelte.
“Un gruppo di cittadini può fare una proposta conflittuale rispetto a quella dell’Amministrazione”. Dice ancora Marino. La si discute, in modo che “tutto il processo sia trasparente e si rimanga all’interno delle forme di partecipazione”. Nel caso contrario può succedere, come in quel detto termolese, che “I ciucce littecáne e i varile ce sfasciáne”.
Se ciò accade, il risultato è che il paese langue nell’attesa di sapere “cosa fare”, quale è la decisione giusta per operare una trasformazione idonea, che nel tempo dia i risultati migliori.
Non è neanche giusto l’atteggiamento di chi si attesta su idee personali e non si sposta di un millimetro per capire che la strada che vuole percorrere può essere quella sbagliata. In special modo taluni politici e giovani rampanti impreparati e ambiziosi che, ispirati alle idee del proprio credo politico, non riescono ad essere obbiettivi.
Questo è il vero problema!
Pertanto, non resta, per il momento, che concludere col dubbio amletico: tunnel o non tunnel! Al referendum l’ardua sentenza!
Da Milano, con affetto!