FiorilliDiBrinoZaamiTERMOLI – Un giovane architetto Rocco Fiorilli è intervenuto tramite un post su Facebook per dire la sua sul dibattito instaurato dagli architetti Metere e Marino e che noi di myNews portiamo avanti da molto tempo, e cioè quella della mancata condivisione con la cittadinanza di scelte urbanistiche importanti. Siamo sempre stati dell’avviso che questi temi vadano discussi e sviscerati. È in gioco il futuro di una città.

È oramai un anno che si dibatte sul tunnel ed è passato un anno da quando io per primo, senza pormi come portatore di verità assoluta e al quale non riconobbero neanche il titolo di “architetto” nel pubblicare la mia nota (non che ci tenga per il titolo, ma semplicemente per attestare che non parlavo a vanvera ma perchè in possesso di determinate conoscenze altrimenti “uno che studia a fa’?”), esposi una serie di dubbi su quest’opera. Esordii dicendo che il pensiero dell’opera non era per nulla errato, anzi, aveva urbanisticamente una valenza strategica, ma c’erano delle difficoltà di tipo progettuale, economico e archeologico (ma questo aspetto lo tralasciai perchè era forse il più ovvio e forse il più sbagliato e poi spiegherò perché).
1. Osservando la sezione stradale di via Aubry (tra il muraglione e palazzo Crema per intenderci), si nota una sezione stradale davvero stretta, che già oggi con difficoltà ospita la circolazione di due auto in senso opposto. E’ evidente che a sinistra e a destra della strada ci sono rispettivamente edifici con muratura portante e le mura del borgo. Queste ultime, essendo assimilabili strutturalmente ad una “mensola” e quindi per reggere le sollecitazioni del terreno, venivano costruite con sezione trapezoidale o triangolare, allorchè la cosa ci fa pensare che al di sotto del livello stradale le mura occupino ancora più spazio, riducendo ancor di più l’eventuale carreggiata. Ed è proprio un problema di larghezza carreggiata la difficoltà principale. L’efficienza dell’opera è data esclusivamente dalla presenza di due corsie percorribili in senso opposto proprio perchè dall’altra parte (Lungomare Nord) la carreggiata è misera e non in grado di sopportare un traffico di mezzi importante. Il tutto in previsione di un parcheggio interrato o seminterrato nella zona di Pozzo Dolce. E ci sono gli spazi in via Aubry per una corsia con doppio senso di marcia con le relative banchine per il passaggio pedonale e le vie di fuga in caso di incendio? Parliamo, senza saper né leggere né scrivere di 10mt. Io non li vedo...

2. L’aspetto economico è quello che infervora più l’elettorato. Si partì con 5milioni di euro, che poi diventarono 23, poi 19, poi 11 e così via…Mettiamo caso che i problemi esposti al punto 1 siano inesistenti, per “reggere” il peso soprattutto delle mura di cinta del Borgo Antico si ha idea di che struttura bisogna porre in opera? Avete presente le paratie in C.A. fatte per reggere il Belvedere Santa Lucia che importanza hanno? Replichiamole per un km e poniamole a destra e sinistra. Solo per quelle bastano 5 o 10 milioni di euro? E vogliamo parlare dello spessore che esse hanno? RITORNIAMO AL PUNTO 1 – SPAZI E DIFFICOLTA’ PROGETTUALI. Altro risvolto dell’economia dell’opera potrebbe esser quella legato al blocco momentaneo o permanente dei lavori per imprevisti (quella che riempie via Aubry è “terra menata” di cui è difficile prevedere il comportamento), per contenziosi tra pubblico e privato per eventuali “danni” creati alle abitazioni (c’è da ricordare che mentre toglievano l’asfalto su Corso Nazionale un cittadino chiamò in causa un tecnico per certificare che le vibrazioni causate dai lavori avevano provocato crepe alla sua abitazione) ed infine per eventuali ritrovamenti archeologici. Ritrovamenti fantomatici che potrebbero esser davvero miseri, limitati a reperti piccoli e singoli, facilmente spostabili, essendoci una volta lì un fossato e non di certo un insediamento. L’unica “difficoltà archeologica” potrebbe esser legata allo sperone delle mura citato al punto 1.

Fatte queste considerazioni lanciai una provocazione dicendo che a questo punto era meglio far passare le auto sulla passeggiata e ovviamente gli stolti badarono solo alla provocazione e non a tutto ciò che c’era scritto sopra. Mi diedero soddisfazione, non che la cercassi perché volevo solo esprimere un parere tecnico e non mettermi in mostra, solamente Basso Antonio Di Brino e Christian Zaami che pubblicarono il link apprezzando ciò che avevo osservato.

Penso che entrambi trattino l’aspetto del tunnel solo sotto un unico punto di vista, senza vedere il quadro completo dell’opera. C’è chi bada solo alla possibile rivoluzione urbanistica e chi bada a difficoltà archeologiche, ma tra questi due aspetti c’è un mare di considerazioni di tipo progettuale, legate alla fruibilità, di tipo strutturale e tanto altro ancora che dimostrano che non è possibile dire semplicemente “sono a favore” oppure “sono a sfavore” del tunnel. E l’opinione dell’elettorato lascia il tempo che trova. L’elettore vede le cose evidenti e quotidiane come l’asfalto davanti casa sua e gli risulta molto più difficile capire le rivoluzioni urbanistiche alle quali pensa suonando il clacson mentre è intrappolato nel traffico. L’elettore parla spesso di spreco di denaro e potrebbe anche aver ragione, ma non per i motivi che espone lui, ma per il fatto che LE OPERE PUBBLICHE SONO UNO SPRECO SE NON SONO BEN FATTE NE’ PORTANO REALI BENEFICI AL PUBBLICO. Il tunnel, realizzato così, tanto per farlo, con un’unica corsia di marcia, non è utile ed è uno spreco di denaro. Dire però che il pensiero del tunnel è errato, soprattutto se si prevede un parcheggio interrato a Pozzo Dolce, è mal pensato urbanisticamente. Come può un budello di strada largo a malapena 6 metri garantire smaltire il traffico e le code per l’accesso al parcheggio interrato? La natura non è mai sciocca, considerate il parcheggio come un lago e come ogni lago esso deve avere un immissario e un emissario di capacità tale a garantire il riempimento del lago e a svuotarlo in caso di piena.

Ultima nota riguardo ai giovani architetti. I giovani architetti forse “copieranno” le idee progettuali degli archistar sui banchi dell’università, ma chi ha la fortuna e al contempo la sfortuna (di fare la professione che si voleva fare, ma di pagarne il peso fiscale e di limitato lavoro) di fare la libera professione si ritrova di fronte una realtà in cui c’è solo una cosa che comanda: I SOLDI. Il committente privato ha difficoltà, soprattutto in questo periodo storico, ad affrontare qualunque spesa legata all’edilizia e l’impresa più gravosa l’abbiamo noi, costretti ad abbinare il suo gusto con l’armonia architettonica e soprattutto cercando di fargli spendere il meno possibile. Noi giovani architetti dobbiamo esser i McGiver della situazione, cercando di fare il meglio che si può con quello che si ha. Non tutti hanno la fortuna di lavorare con le P.A. dove varianti in corso d’opera di oltre il 30% dell’importo iniziale (si parla di milioni di euro) passano inosservate soprattutto agli occhi dell’elettorato che non sempre è in grado di percepire. Chi dice che scappare è la soluzione sbaglia! La bravura si vede nella difficoltà e nell’INCERTEZZA che tutti noi giovani architetti ed ingegneri viviamo in un clima GRETTO e governato dagli ANZIANI (non solo anagraficamente parlando).”

Arch. Rocco Fiorilli

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