“Oggi è il 19 maggio e non sono ancora vaccinata. Non mi interessa ascoltare altre chiacchiere, mi interessa risolvere il problema”.
TERMOLI – “Se l’Italia è una nazione fondata sullo scaricabarile, il Molise è la regione che finisce puntualmente sul podio. Uno dei rari casi in cui siamo primi in qualcosa. Da farne un vanto proprio. Il “non mi compete” ha fatto più danni della pandemia ma qui si fa sempre finta di niente. Si scarica la patata bollente a un’altra persona o un altro numero di telefono o una mail o un ufficio o a una supercazzola qualunque. Il tutto si svolge in un gioco infernale dalle regole semplici: pararsi il fondoschiena e far finta di niente. Gioco che diventa sublime se chi lo fa ha un posto al sole assicurato e, quindi, nei fatti, non rischia niente.
Ogni cosa si vive in questa regione seguendo la massima dell’avvocata Annalise Keating della serie “Le regole del delitto perfetto”: non deve avere senso, deve solo sembrare un casino. E qui tutto è un gran casino. Senza soluzione di continuità. Ogni cosa. Di qualsiasi problema si tratti non conta risolverlo, conta passare la palla altrove. E la persona che ha quel problema si arrangi, trovi lei la soluzione. Se ci riesce. Ci siamo talmente abituati al fatto che le cose funzionino così che ormai subiamo passivamente tutto.
Succede che hai 41 anni, hai una malattia genetica rara che attualmente non ha una cura specifica. Succede che già di tuo hai passato e passi l’esistenza tra gli sbalzi fisici violenti per qualcosa di molto più grande di te. Trascorri da anni un sacco del tuo tempo tra ospedali, dottori e dottoresse, infermiere, file, attese, viaggi, consulenze, aghi, prelievi, ematomi, controlli, speranze disilluse e diagnosi che il più delle volte navigano a vista, nel buio.
Essere malati rari significa essere soli. Il più delle volte. Solitudine che si attenua soltanto se hai la fortuna di trovare del personale sanitario che ti accoglie e tiene letteralmente in vita con quell’emozione passata di moda: l’empatia. Solitudine che diventa collettiva quando e se hai la fortuna di trovare un’associazione che sostiene i pazienti con la tua patologia. Io in questo, lo ammetto, sono stata fortunata.
Succede che vivi in Molise e che il tuo ospedale nei primi tempi della pandemia è stato letteralmente chiuso. Chiuso. Perché era scoppiato un focolaio e quindi bisognava sanificare. E tu, come tanti altri pazienti che in ospedale sono clienti fissi, per quel periodo sospendi i controlli. Perché non si capisce niente e perché hai paura di beccarti il covid. Che già sei fragile di tuo. Attendi pazientemente, attendi fino a quando non vieni letteralmente chiamata dalla tua dottoressa che, preoccupata, ti dice di andarti a fare i controlli. La mia emoglobina era scesa a 5 ma io stavo lì sotto al sole a fare la fila del triage (all’epoca non c’era ancora il tendone). Aspetto. Nonostante non stia proprio bene. Aspetto. Pazientemente.
Succede che quando la prima donna è stata vaccinata quest’anno contro il covid19 pensi “è solo questione di tempo, pian piano vedremo la luce in fondo a questo buco nero”. Ma poi siamo in Italia e iniziano le tarantelle e pure nella tua regione si vaccina gente sana, più giovane di te, solo perché lavora nel posto giusto tra la gente che conta in questa regione. E tu aspetti. Con la bile che raggiunge livelli di produzione industriale.
Succede che attivano finalmente i codici per le prenotazioni per le categorie vulnerabili. Ma il tuo codice non c’è. E nonostante la tua malattia dia problemi anche respiratori, non c’è. Chiedi spiegazioni, provi a informarti. Ma niente, devi aspettare. E aspetti.
Succede che nel mentre si continua a vaccinare la gente, tu no. Ma “è il sistema, bellezza”. Che vuoi farci? Chiami il call center della regione e niente. No codice di attivazione, no vax. E nonostante tu provi a spiegare la tua situazione di salute a destra e a manca, tocca aspettare. E aspetti.
Succede che ti consigliano di parlarne direttamente alla tenda delle vaccinazioni. E tu ci vai, fai la fila, attendi, parli con un volontario che gentilmente si prende tutti i tuoi dati, spieghi la tua situazione, dai tutti i recapiti di medici e centri dove sei in cura. E poi aspetti.
Succede che ti chiamino poche ore dopo per dirti che comunque non si può fare niente. Ti calano le braccia a terra ma ringrazi per averti almeno ascoltata. E torni ad aspettare.
Succede che il Ministero della Salute inserisca nuovi codici tra i vulnerabili e nuovamente il tuo non c’è. E ti sembra allucinante. Provi anche lì a chiedere, a spiegare la situazione. Ma niente. Sei sola. Frustrata e inascoltata. E aspetti.
Succede che tramite passaparola scopri che la regione Molise ha attivato una mail per chi non è rientrato tra i codici perché magari è possibile che ci sia gente che non ha esenzioni ma ha patologie tali da richiedere una particolare attenzione. E tu pensi “uno spiraglio di buonsenso all’orizzonte”. Tu hai sia la patologia sia il codice di esenzione. Ti informi su ciò che devi inviare. Tutta la documentazione medica più il nulla osta del medico curante. E vai a fare la fila e parli con il medico che ti dice di ripassare. E rifai la fila, riparli con il medico, ti fa il nulla osta, mandi tutto alla mail della regione. E aspetti.
Succede che passano 3 settimane e nessuno si degna di risponderti. E aspetti.
Succede che la tua associazione di riferimento mandi un avviso ai pazienti come te che il Ministero della Salute ha finalmente preso in considerazione anche la nostra malattia e ha inserito il codice tra i vulnerabili. Dall’8 maggio finalmente ci sei pure tu. Ti viene da piangere per la gioia. Ma poi ti ricordi che vivi in Molise. Quindi attendi. Con forti dubbi.
Succede che arriva l’8 maggio e il portale della regione per le prenotazioni non ha aggiornato le categorie dei vulnerabili. E attendi. Il 9, il 10, l’11, il 12… Niente.
Succede che contatti la tua associazione per segnalare l’accaduto e dall’associazione si prendono l’impegno di aiutarti. E lo fanno. E attendi.
Succede che nel mentre, in quello stesso portale aprano le prenotazioni per la fascia di età dai 50-59 anni. Ma nessuno aggiorna i dati dei vulnerabili, fermi ancora alla lista del 10 marzo. E allora provi a contattare il call center e il numero quel giorno o è sempre occupato e non suona proprio. E attendi.
Succede che contatti la ASL per la disperazione. E che ti dicano fondamentalmente la stessa cosa: il codice di prenotazione ce l’hai? Come faccio ad averlo se non aggiornano il sito? Ne hai diritto sì, ma poi non puoi avere il certificato di avvenuta vaccinazione. Ma come lo risolvo io ‘sto problema? A chi mi devo rivolgere? Boh. E attendi.
Succede che la tua associazione ti ricontatti per dirti che sono stati ore al telefono con uffici vari della regione per essere rimpallati a destra e a manca e non riuscire a trovare una soluzione. E attendi.
Succede che i tuoi amici, per sdrammatizzare ti dicano “a momenti lo fai per fascia d’età”. E ridi amaramente, sapendo che potrebbe accadere benissimo. E attendi.
Succede che scopri che qualche persona con qualche altra patologia si è piazzata davanti alle tende delle vaccinazioni facendo il diavolo a quattro per farsi vaccinare perché stanca di aspettare di essere chiamata. O vaccino o muerte! Quindi è così che funziona? Come si dice in dialetto, alluccando?
Succede che richiami il call center e l’addetta ti dica che si può prenotare solo tramite portale web. E tu – per la milionesima volta – le dici che quella parte relativa ai vulnerabili non la aggiornano e quindi il tuo codice lo schifano. E lei ti dice di mandare la mail per informare della cosa. E tu le dici che lo hai fatto da 3 settimane senza esito.
Insomma qua si sta vaccinando chiunque, io come ne esco da questo limbo??? Succede che l’addetta ti dica che ora esiste un’altra mail e ti lasci quella. E io ormai rido istericamente e dico basta.
Mi chiamo Alessia, sono molisana e sono affetta da una malattia genetica rara. Il mio codice di esenzione rientra tra i vulnerabili ma non posso aderire alla campagna vaccinale perché il portale della regione Molise non è aggiornato. Ho passato mesi a chiamare medici, uffici, associazioni. Mesi ad aspettare, a pazientare, a chiedere a chiunque informazioni.
Mesi a far presente che io manco la posso portare a lungo la mascherina per specifici problemi che mi crea e nonostante questo la indosso per rispetto verso le altre persone. Ho passato mesi a scrivere, a chiedere, a essere rimbalzata e a sentirmi leggermente presa per il culo.
So di non essere l’unica persona che sta subendo tutto questo, sicuramente ci sono altre persone che sono rassegnate allo schifo organizzativo nel quale viviamo, ma è il momento di finirla con questa rassegnazione. Un diritto calpestato non va taciuto, va raccontato. E sicuramente sono tante le storie come la mia. Raccontatele, non rassegnatevi al mondo come si trova.
Ad oggi per farsi ascoltare in questa regione tocca strillare, battere i pugni oppure sperare di trovare quelle persone meravigliose (che ci sono eh, per fortuna ci sono) che insieme a te provano a trovare una soluzione. Dottoresse, infermiere o impiegate che capiscono quanto siano tremende queste scatole cinesi dentro le quali si perde letteralmente la vita delle persone. Singole persone che sperano in un Molise diverso. Singole persone contro un sistema allo scatafascio. Stiamo a questi livelli da sempre ma andiamo avanti così. Andiamo avanti come l’orchestrina del Titanic dicendo che va tutto bene. E non va bene niente!
Oggi è il 19 maggio e non sono ancora vaccinata. Non mi interessa ascoltare altre chiacchiere, mi interessa risolvere il problema. Mi interessa uscire da questo limbo che sto ballando da troppo tempo. Adesso ho smesso di aspettare, adesso basta! Chi lo risolve questo problema?“
Alessia