myNews.iT - Per spazio Pubblicitario chiama il 393.5496623
Sensazioni a San Nicola (foto C.L. Smoke)SAN DOMINO _ Mi piacerebbe scansare il rischio di venire frainteso come intenzionato a catechizzare chi mi presta attenzione. Il mio desiderio più schietto è mantenere sempre una linea rigorosa, secondo quell’etica di assoluta lealtà in cui personalmente credo, e in tale spirito rendere conto di quello che faccio.

Oggigiorno, secondo me, ciascun individuo sarebbe tenuto a mostrare i risultati del lavoro svolto. Intendo con questo rendere omaggio al principio di verità che indica la società moderna come un fenomeno pubblico e in tale contesto la mia persona non può rivelarsi un’essenza autarchica né io posso dimostrarmi un piccolo egoista spirituale che si rifiuta di condividere con il prossimo i risultati conseguiti nella propria officina. Non penso di trovarmi nell’errore quando, in qualità di essere umano, reputo un’esigenza per me primaria, di respiro universale, sottoporre alla comunità la consistenza di tutto quanto riesco a realizzare.
Ma bisogna pur prendere atto che esistono anche coscienze ben diversamente orientate.
In tale contesto, si dimostra con evidenza ormai lampante a tutti che il signor Giuseppe Calabrese rifiuta di rispondere alle domande che molti si pongono assieme a noi. Ne prendiamo atto con la curiosità insoddisfatta del cittadino pacifico. Inoltre, alcune considerazioni di pari chiarezza sconsigliano l’eventuale condotta caparbia di portare avanti ad ogni costo una reiterata richiesta – fattasi a tratti martellante – mirata ad ottenere dichiarazioni che l’autorità comunale non intende affatto esprimere. Tanto ci basti. Una chiarezza, se non altro, l’abbiamo conseguita.

A questo punto non parrebbe neppure sensato addebitare gratuitamente al Sindaco un’ipotetica intenzione di occultare realtà negative: lui possiede certo un alto senso della legalità, come si conviene ad un ex poliziotto delle forze speciali, le cosiddette “teste di cuoio”. Inoltre il popolare Pinuccio sa bene che, presto o tardi, le magagne vengono alla luce: e chissà quale figura ci farebbe se la cittadinanza, indignata per eventuali rivelazioni tardive troppo a lungo sottaciute, si rendesse conto di essere stata volutamente mantenuta all’oscuro d’importanti decisioni pubbliche. Ecco perché propenderei senz’altro nel senso di una probabile irreprensibilità della sua posizione sui casi sollevati, sebbene permanga tuttora una seria perplessità rispetto ad eventuali motivazioni di quel pervicace silenzio. Allo stato presente non si può dire, ma non dimentichiamo neppure che nella fattispecie potrebbero tuttavia sussistere anche aspetti positivi.

E’ vero, il primo cittadino, anche per tranquillizzare gli animi, avrebbe potuto spendere almeno due parole in omaggio al diritto dei cittadini che a lui si sono affidati. Ma non tocca certo a me sentenziare in merito alla legittimità di una scelta, che non gli si potrebbe onestamente contestare se avesse agito in via strettamente privata, mentre ben altra considerazione meriterebbe secondo me l’atteggiamento da mantenere nella condotta della cosa pubblica.

Oramai è chiaro che non è propriamente la condotta del Comune a impedire che il progresso delle Tremiti possa decollare, ma piuttosto una mentalità governata dal pregiudizio dei luoghi comuni

Può anche darsi che la sussistenza di dettagli a me sconosciuti autorizzino il segreto apparentemente osservato dal servitore della cittadinanza rispetto ai propri mandanti. Per una luce di definitiva chiarezza, attendiamolo comunque alla prova dei fatti. In tale scenario si profila nel frattempo un’ulteriore rivelazione altrettanto netta. La totale assenza di una concreta forza di opposizione sta costruendo una comoda strada per il protrarsi del predominio politico di Giuseppe Calabrese. Ne sembrano convinti anche certi suoi primitivi oppositori che, nello sbandierare la rivelazione di una ritrovata unità popolare, improvvisano adesso qualche timido balletto che parrebbe teso alla timida speranza di prossime aperture, secondo me poco probabili.
Ma occorre considerare anche l’altra faccia della realtà. Oramai è chiaro che non è propriamente la condotta del Comune a impedire che il progresso delle Tremiti possa decollare, ma piuttosto una mentalità governata dal pregiudizio dei luoghi comuni, che persiste in genere nell’intera classe dirigente locale, sia essa di governo come pure di opposizione.

La bontà d’animo, la paziente saggezza, la dignitosa umiltà e lo spirito di sacrificio che qualificano la splendida comunità tremitese non debbono indurre a sottovalutarne la capacità di giudizio. Diversi elettori pensano che non sia sensato starsene acquattati masticando amaro per quattro anni e poi riemergere tre mesi prima delle consultazioni di voto, divisi più che mai dalle personali smanie di capeggiare un’illusoria riscossa. Cavalcare con opportunismo tardivo lo scontento popolare serve solo a farsi “trombare”, come succede ormai da due tornate che potrebbero avere rafforzato, anziché corrodere, il potere contrattuale dell’attuale Sindaco.

Si ripropone allora la considerazione che l’insuccesso sia sovente figlio della presunzione, di quella spavalderia che non custodisce nel proprio intimo una parvenza di valori pregnanti e soprattutto non contribuisce alla crescita socio-economica della comunità. I cittadini, per quanto insoddisfatti, non sono mai propensi a lasciarsi prendere in giro da improvvisati tribuni che si dessero un gran daffare a distribuire loro sperticate lodi, forse nel tentativo ingenuo di lodare se stessi. Il popolo, a differenza di quanto si vorrebbe, possiede una saggezza atavica, che lo induce quasi sempre a propendere per il male minore. I difetti non mancano ad alcuno, ma non è nel disprezzo per le magagne dell’avversario che puoi trovare ragione, bensì piuttosto nella leale proposizione del tuo sensato progetto per un futuro migliore, che deve delinearsi nei dettagli con credibile lucidità, aderente all’etica dei diritti fondamentali.

Personalmente sono d’altra parte convinto che non si possano accettare le sporadiche presunzioni, dirette ad una comunità dall’opinione non certo univoca, bensì variamente orientata, che proprio per tale aspetto sarebbe bisognosa di ragionevoli suggerimenti coordinativi.

Emerge talvolta nella mentalità dei soggetti che più alzano la voce una bizzarra faciloneria, per nulla ponderata, che poggia le proprie fragilissime basi sull’inconcludenza dei luoghi comuni. Concetti elementari, unanimemente condivisi, ma per via della congenita vaghezza fin troppo ingannevoli.
Nessuno infatti può dichiararsi contrario a valori primari come ad esempio l’unità oppure la solidarietà: appartengono alla coscienza primitiva dell’uomo. Tant’è vero che tutti i modelli sociali, perfino negli angoli più remoti del Pianeta, fanno capo a tali concezioni virtuose. Ma è illusorio, se non addirittura ingannevole, associarne il pregio indiscutibile a sentimenti negativi o addirittura disumani.

Anche i rivoluzionari francesi arringavano il popolo proponendosi uniti dal mottoliberté, egalité, fraternité”; ma contemporaneamente scoprivano la ghigliottina. Per quanto benevolmente disposto da sincera simpatia nei confronti della fazione politica sonoramente battuta dall’attuale Sindaco, non posso in alcun modo accettare la sleale infamia delle false accuse con cui si è cercato – dopo la sconfitta, a giochi elettorali ormai conclusi – d’insozzare la vittoria di Giuseppe Calabrese. Si è inventato di sana pianta il ricorso di quest’ultimo a un artificio illegale, che avrebbe favorito la sua affermazione. Ed è solo una delle tante chiacchiere oziose, la più clamorosa, quella che ho ampiamente descritto come “la bufala dei voti importati”. Inoltre per dare maggior forza alla reazione sprezzante generata dalla sconfitta si è tentato di rincarare la dose con altri pretestuosi addebiti, trascurando invece a mio parere di approfondire altri dettagli che avrebbero potuto rivelarsi non proprio meritevoli di elogio. Nonostante le premesse, nessuno ha mai pensato di scusarsi con i paesani per il fango falsamente sparso. Oltre al cumulo di rifiuti materiali, si sono accatastate le immondizie concettuali.

Nonostante quella rinnovata lena di cambiamento positivo avvertibile nell’aria che avvolge le Isole, il cammino da percorrere potrebbe risultare ancora lungo nonché accidentato. Non mi pare proprio che la situazione reale testimoni già un compiuto consolidamento di quell’unità che allo stato attuale si ode sovente strombazzare con troppa enfasi come avvenuta. Esistono parecchi ostacoli generati tutti dalle presunzioni, come dicevo, dai luoghi comuni. I primi che riuscissero a liberarsi di quel bagaglio ingombrante si troverebbero possessori di una straordinaria ricchezza da condividere fraternamente con tutti, abbracciati gli uni agli altri, per promuovere assieme una meravigliosa rinascita. Questa, secondo la mia particolare visione, si alimenterebbe immancabilmente dal gioiello della ritrovata solidarietà unitaria, una virtù capace di catalizzare l’avanzamento verso qualsiasi conquista. Una grande collettività possiede gli strumenti per simili realizzazioni. In tale contesto bisogna tener conto, come ho già sottolineato, che la mancanza di una radice etnica profonda – e di una conseguente tradizione inveterata – sottrae ai residenti la preziosa possibilità di appoggiarsi alla pregnanza di simili valori. Sappiamo bene che la comunità residente oggi nelle Isole Tremiti discende dalla colonizzazione apportata nell’anno 1843 per decisione del re delle Due Sicilie Ferdinando II di Borbone. L’illuminato sovrano, ben consapevole dell’importanza di ripopolare il minuscolo arcipelago, comprese inoltre che una folla di bisognosi vivente all’epoca nei quartieri più miseri del capoluogo partenopeo, si sarebbe rigenerata a nuova vita qualora egli l’avesse trapiantata nell’area marina pugliese.

La determinazione laboriosa, unita alla sorprendente creatività di quella gente, diedero così inizio al cammino sociale dei coloni, che negli anni hanno reperito tutti gli strumenti utili ad evolversi. La loro storia, ancora breve, testimonia tuttora la potenza di un principio naturale. Esiste nella coscienza individuale un avviso pressante che rende l’uomo inquieto, teso con ansia instancabile alla ricerca di uno spazio universale motivato non tanto da presupposti filosofici, religiosi o sociologici, ma piuttosto dalla mera quotidianità. E’ la considerazione di potersi migliorare, nella certezza che chiunque riesca ad aprire l’anima e il cuore, potrà tentare di trasformare la propria vecchia individualità in quella di un’altra persona, un uomo rinnovato, teso in maniera più efficiente all’ ideale pur sempre irraggiungibile della perfezione. Sono tutti spazi ragionevoli che risulterebbero annullati dall’eventuale presunzione sciocca di essere individui di rango superiore, quasi perfetti. Mi piace pensare invece che sia una conquista senza pari raggiungere la comprensione che ciascun individuo è unico, insostituibile, meraviglioso. Io sono la persona più importante al mondo, ma lo sono soltanto nell’attimo in cui riconosco che, al pari mio, anche tu sei tale.

Le persone animate in tal senso saranno capaci di rigenerare la realtà delle Isole Tremiti verso l’infinito luminoso di nuovi orizzonti.
Io sono convinto che la scelta migliore sia proprio evitare le trappole dei pregiudizi meschini di cui dicevo, e rivolgersi con partecipazione convinta al proprio io come parte dell’infinito. Con profondo rispetto per la ragione, per l’universale, per la vita stessa.

Perché in effetti è la vita in sé a rappresentare qualcosa di speciale, da assaporare e godere in ogni minimo dettaglio. Non è una prova generale. E’ un evento irripetibile, unico e insostituibile come l’essenza di ciascun individuo. Un tesoro inusitato da non barattare per nulla al mondo. Qualcosa da abbracciare molto stretto per un tempo che possa risultare sempre il più lungo possibile.