TERMOLI – Quando nel 1963 il Molise si separò dall’Abruzzo ci fu chi brindò e fece festa: i molisani avevano raggiunto l’indipendenza e cominciarono a programmare uno sviluppo adeguato a questa nuova situazione politico-economico-sociale. A Termoli la Democrazia Cristiana che allora dominava la Regione, buttò sul tavolo tutte gli assi politici che aveva a disposizione. Girolamo La Penna e in seguito Florindo D’Aimmo a Termoli, Giacomo Sedati a Riccia, Monti a Campobasso, fecero intendere che c’erano le possibilità e le condizioni di governare risolvendo molti dei problemi che affliggevano la Regione. Per la prima volta, con la benedizione di Fanfani, i due uomini politici termolesi occuparono dei Ministeri di rilievo: il primo come deputato ai Lavori Pubblici e alla Sanità, sindaco interrottamente dal ’57 al ’75 e deputato a 34 anni dal ’58 al ’94; il secondo Presidente della Regione Molise dal ’75 all’ ’82. A Termoli arrivò la FIAT e nel ’71 il Piano Regolatore. Fu creato anche il Nucleo Industriale e l’edilizia abitativa e l’urbanizzazione ebbero uno sviluppo notevole. Case, viadotti e strade sorgevano però, in modo molto disordinato. Alla fine degli anni ’90, Termoli aveva più che triplicato il numero dei residenti, con un indotto che durante l’estate si raddoppiava. Le Isole Tremiti, infatti, creavano quel turismo di massa e di passaggio che contribuiva a rendere la città a dir poco caotica.
Oggi conta circa 33.000 abitanti. E su questa cifra si è attestata da almeno trent’anni. In effetti lo sviluppo demografico si è fermato insieme al progresso! Non è appetibile più come una volta e vive su un passato nel quale riaffiorano i ricordi di un paese che avrebbe potuto avere un grande sviluppo. I due ospedali molisani più importanti e attrezzati, il San Timoteo di Termoli e il Vietri di Larino, stanno perdendo tutte le specializzazioni e i reparti che prima davano lustro alla Sanità Molisana. Si bandiscono concorsi per occupare i posti vacanti che poi non vengono coperti. Siamo in un guado spaventoso, nella melma di una burocrazia dalla quale non si riesce più ad uscire. Inoltre, la disoccupazione aumenta e molte imprese chiudono i battenti. In questa situazione così disastrosa, forse sarebbe giunto il momento di prendere decisioni drastiche anche se non molto originali. Ma l’annessione all’Abruzzo di alcuni paesi può essere una soluzione?
È questo il problema!
Già nel 2000 a Termoli fu proposto di costituire la terza provincia molisana. Ma allora non c’erano le condizioni obbiettive perché l’offerta potesse essere presa in seria considerazione. Ci sono oggi le condizioni per cui Termoli possa partecipare col territorio Abruzzese con benefici reciproci?
Esaminiamone brevemente l’orografia. Il nostro paese ha più anime: la fascia costiera, la fascia intermedia (tra la ferrovia e l’autostrada) e la fascia esterna, individuata oltre la tangenziale. Partendo dal mare, tutto è improntato per favorire un’impostazione turistica realizzata mediante la valorizzazione ed il potenziamento delle risorse ricettive. Ilterritorio inoltre, si presenta con un litorale di oltre 20 chilometri, due lunghe spiagge e un porto con l’attracco per le Isole Tremiti. Si può arrivare, volendo, anche in Iugoslavia e in Grecia. La parte interna è costituita dal Borgo Vecchio, la Città ottocentesca, la Città Vecchia e quella Moderna, la Città Nuova (i nuovi quartieri periferici), e, sempre lungo il mare, quella spontanea di Rio Vivo-Marinelle.
Risalgono a quel periodo, il 2001, due miei lunghi articoli pubblicati sul Quotidiano del Molise e riportati successivamente sul libro ”Termoli nella Cronaca locale dal 2000 a oggi”. Mettevo in evidenza che l’architetto Perugini, redattore del Piano Regolatore del ‘71, proponeva, tra l’altro, una riqualificazione della città attraverso un collegamento delle zone residenziali di Colle Macchiuzzo, Difesa Grande, Casalacroce, e la Zona Direzionale (quest’ultima individuata nell’attuale zona industriale). Coinvolgeva, infine, la balneazione, l’agricoltura, il commercio, proponendo un’utilizzazione del verde pubblico mediante la creazione di parchi naturalistici, (Sinarca), parchi a finalità culturali cosiddetti tematici (Parco Jacovitti) e parchi a finalità sportive. Estendeva, infine, il Piano anche all’ampliamento del Porto a fini commerciali, facendo conciliare uno sviluppo, si badi bene, prevalentemente turistico con uno pesantemente commerciale, che vedeva un ampliamento abnorme di quello attuale esteso fino ad oltre la foce del Biferno.
Ma quanti di questi progetti sono stati realizzati? Poco o niente! Saltato e snobbato l’ampliamento del porto che – vista anche la non attuazione del Tunnel – risulterebbe scollegato alle autostrade, oggi il paese si presenta con la sola vocazione turistica e larvatamente commerciale. L’annessione all’Abruzzo potrebbe costituire il ripristino di una Sanità efficiente dal momento che Termoli e Larino hanno già le strutture idonee per ospitare maestranze nei vari reparti di medicina. In particolare, si potrebbe ripristinare il Punto Nascite che ultimamente è stato mortificato dalla carenza di specialisti del settore.
Infine, è bene notare che l’orografia di Termoli è completamente differente da quella delle due province molisane prevalentemente montuose ed è più vicina a quella della costa abruzzese. In verità, dal ’63 ad oggi sono trascorsi quasi sessant’anni e a Termoli, dopo il boom degli anni ‘70 e ’80, la crescita si è arrestata. Tutto è fermo e sta scivolando lentamente verso quel pensiero ricorrente che… il Molise non esiste.
Non diamogli ragione e riprendiamoci la nostra Regione!
Saverio Metere
P.S. la divisione dall’Abruzzo dal Molise dura esattamente dieci anni in più di quella dell’Inghilterra che si divide oggi dall’Europa dopo 47 anni.
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