TERMOLI _ A gran voce in questi ultimi giorni non si fa che ripetere che le categorie, o, con termine dispregiativo, le corporazioni, sono in stato di agitazione e ciò farebbero per difendere i propri privilegi. Tra queste categorie, o peggio corporazioni, vi è quella degli Avvocati, i quali pure sono scesi in campo per difendere i propri privilegi. Ebbene chiarire che non siamo una corporazione, bensì un Ordine professionale, al quale si accede liberamente, dopo avere sostenuto, come in tutti i paesi civili, un esame di stato.
Il governo, pochi giorni fa, con il decreto sulle liberalizzazioni ha finito con il mortificare il mondo delle professioni, in maniera completamente irrazionale. Per quanto riguarda l’Avvocatura va rivendicata la peculiarità della professione forense, considerato che l’art. 24 della Costituzione prevede che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi e che la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. L’Avvocato per essere tale, per svolgere il suo compito, che è quello di difendere i diritti e gli interessi dei cittadini, deve avere una formazione adeguata e deve essere libero, autonomo e indipendente, né la sua attività può essere prestata all’interno di società di capitali. Ecco perché attraverso la mortificazione della professione forense si mettono in discussione gli stessi diritti dei cittadini ed è contro questo stato di cose che l’Avvocatura italiana intende civilmente, ma fermamente protestare.
Piuttosto si deve investire in una riconversione sociale che metta al centro la qualità e la giusta distribuzione – consapevoli che determinati servizi i privati, dominati dalla logica del profitto, non potranno mai darli – e non auspicare un mondo in cui ogni spazio di vita si pieghi alle esigenze del mercato, della crescita e della produzione. Stesso discorso vale per la delega data al Governo in sede di conversione del decreto legge n.138 del 13 agosto 2011 per la revisione della geografia giudiziaria. A fianco all’esigenza di risparmiare è tornato a galla il problema della soppressione degli uffici giudiziari cosiddetti minori e delle sezioni distaccate dei Tribunali. I risparmi previsti sono minimi. Lo stesso Governo li ha calcolati in circa 70 milioni di euro, ma non ha considerato però le spese conseguenti alla soppressione degli uffici e al loro accorpamento ad altri uffici. Come si è già detto in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del 2011 per il distretto della Corte di Appello di Campobasso, credo che si debba partire dalla considerazione che la Giustizia costituisce una delle funzioni insopprimibili per uno stato democratico.
Bisogna uscire da logiche di mercato, che peraltro non può essere considerato come la giusta soluzione ad ogni problema, proprio perché lo Stato non può rinunciare ad assolvere a quelle che sono le funzioni che ne giustificano l’esistenza stessa. Quella dell’eliminazione dei Tribunali minori e delle Sezioni Distaccate dei Tribunali è una tesi sostenuta per i seguenti motivi: la produttività dei magistrati risulterebbe crescente in diretta proporzione con l’incremento delle dimensioni dei Tribunali, in virtù di una migliore gestione del personale e delle attrezzature e di una ripetuta attività su una materia specifica; le specializzazioni non sono possibili nei piccoli Tribunali dove i giudici esercitano funzioni promiscue; la perdita di efficienza si riscontra solo nei Tribunali che hanno un numero superiore a 80 magistrati; attualmente in Italia ben 88 Tribunali presentano un organico inferiore a 20 unità, 59 tra 20 e 50 e solo 18 hanno un organico superiore a 50 unità. Tale analisi viene decisamente contestata dal Coordinamento Nazionale degli Ordini Forensi Minori, dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura e dal Consiglio Nazionale Forense.
È errato il presupposto che i piccoli uffici non funzionino e siano troppo dispendiosi, è vero il contrario; senza dire che la produttività è un criterio che non può essere trasferito dal mondo industriale a quello giudiziario, considerato che le sentenze, le ordinanze e i decreti non sono prodotti meccanici, ma provvedimenti che incidono a volte profondamente, e talvolta irreversibilmente, sulla vita dei cittadini. Quanto alla specializzazione, pur essendo la stessa di indubbia utilità non può tuttavia disconoscersi il valore della pluridisciplinarietà e della interdisciplinarietà. Si deve inoltre prendere atto delle particolari metodologie negative con cui viene affrontato il problema: – la totale esclusione fino ad ora dal dibattito degli ordini forensi quali istituzioni aventi articolazioni e radicazioni territoriali che coprono l’intera nazione; – l’accentuazione degli aspetti statistici e, quindi esclusivamente quantitativi, dell’acquisizione dei dati sulla produttività degli uffici giudiziari a scapito del fattore qualitativo, più direttamente attinente al rapporto fra amministrazione della giustizia e utente; in tutte le iniziative adottate per suggerire i criteri sui quali poggiare il riordino dei circondari emerge il dato numerico. Ritengo che si debba diffidare del dato puramente numerico, non essendo possibile ridurre in unico comune denominatore la valutazione dei carichi di flussi e dei provvedimenti.
Ci si deve solo augurare che vi sia un ripensamento da parte del Governo sul suo attuale modo di procedere e che la questione venga presa nella giusta considerazione, ascoltando finalmente le componenti dell’Avvocatura, perché il problema Giustizia, attenendo alla stessa tenuta dello stato democratico, è problema di fronte al quale nessuno può, senza assumere pesanti responsabilità, rimanere indifferente o proporre soluzioni inidonee. Allo stato, però, l’Avvocatura ha deciso in segno di protesta di disertare le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario, che si terranno domani nei vari distretti di Corte di Appello. I soli Presidenti degli Ordini Distrettuali leggeranno un testo comune in tutte le sedi di Corte di Appello, così come anticipato ieri dal Presidente del CNF in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Dopo la lettura di detto documento il Presidente dell’Ordine Distrettuale abbandonerà la cerimonia per dare un segnale civile, composto, ma non fraintendibile, di allarme per ciò che sta accadendo nel nostro paese.
Il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Larino avv. Marco D’Errico