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BARI – Il processo Black Hole, ormai morente di vecchiaia, è finalmente entrato nel vivo. In verità dai conteggi sui termini di prescrizione è già morto. Oggi, tuttavia, davanti al Tribunale di Bari, è stata celebrata la prima udienza istruttoria, nel corso della quale sono stati sentiti due testi, indicati dalla Pubblica Accusa, il primo dei quali era una donna, che quando ebbe a svolgere , nel lontano 2006, le attività demandate si presentava prorompente e sicura di sé. Gli anni passano per tutti e dopo 11 anni da quando era salita sul proscenio davanti al GIP del Tribunale di Larino, la donna ha mostrato i segni di una giovinezza ormai passata.
Le è stato chiesto di dare conto delle attività espletate. La signora, che proveniva dal Nord Italia, era stata a suo tempo incaricata di trascrivere, i contenuti dei flussi vocali (comunemente le intercettazioni telefoniche e ambientali) che la Polizia Giudiziaria ed il P.M. dell’epoca avevano acquisito. Si trattava di migliaia di intercettazioni telefoniche che la amabile signora, alla testa di un nutrito gruppo di collaboratori (forse trenta) aveva provveduto a trascrivere su carta , formando una mole costituita da ben 29 faldoni, per più di 30.000 pagine.
Pur dando atto della pazienza e solerzia dimostrata dall’equipe capeggiata dalla teste, la difesa ha dovuto chiedere come avevano fatto ad abbinare la voce risultante dai flussi intercettati, ai singoli interlocutori. La risposta della teste è stata esilarante: “l’equipe ha analizzato la lingua parlata dai protagonisti e ha rilevato che alcuni si esprimevano con accento dell’Abruzzo del Sud, altri con l’accento della Puglia del Nord ed altri in un dialetto con influssi campani”. In definitiva abbiamo avuto la conferma che il Molise non esiste nemmeno per le espressioni dialettali.
Antonio De Michele