TERMOLI – “C’era una volta il Molise… ce l’avete presente la storiella del “Molise che non esiste”, che imperversa in rete e sui social da molto tempo? Ecco, a noi molisani un po’ ci fa sorridere e molto ci fa arrabbiare. Il Molise esiste: è una terra che ha tutto, mare, laghi, fiumi, colline, montagne e ambiente incontaminato. E ancora storia, cultura tradizioni millenarie, popolazione orgogliosa e determinata che ha abitato il mondo, una qualità del vivere che altrove se la sognano. Ma, da troppo tempo a questa parte, le cose non vanno proprio bene. Al vivere talvolta abbiamo sostituito il sopravvivere, all’esiste dobbiamo quotidianamente affiancare il resiste.
Perché questo? Difficile dirlo: un po’ la marginalità territoriale, un po’ la mancanza di reti e di collegamenti, un’economia con alcune o poche eccellenze e molti soldi pubblici buttati negli anni, i giovani che emigrano e i vecchi che si arrendono, la mancanza di una idea forte di sviluppo che valorizzi le specificità, una classe politica assente sugli scenari nazionali e che si arrabatta nelle beghe locali.
Ma è da questa situazione, preoccupante e talvolta disperante, che dobbiamo partire in questo “tempo del cambiamento” dove abbiamo tutti la responsabilità di costruire un paese più equo, più moderno, liberando le energie che sono rimaste ferme in questi anni. Le risorse economiche, che oggi sembra proprio che ci siano, rappresentano una grande opportunità per invertire la rotta e impostare, anche nel piccolo Molise, un futuro di progresso, sviluppo economico, opportunità occupazionali, benessere e coesione sociale, partecipazione e protagonismo individuale, che diventa una strategia collettiva.
Noi come Sindacato, con la Uil al centro, ne stiamo parlando da tempo, abbiamo un percorso avviato di confronto concreto con le altre forze sociali, che prova a non farsi condizionare dalla distrazione e l’autoreferenzialità della politica. Serve, anche solo per delineare il progetto verso la trasformazione, un “Patto per il futuro” che coinvolga tutti e concentri le risorse sullo sviluppo sociale sostenibile, che metta da parte gli interessi clientelari e individuali a favore del bene comune, per creare un cluster territoriale che parta dalla formazione delle nuove competenze a sostegno dello sviluppo sostenibile, eliminando le diseguaglianze territoriali, partendo innanzitutto dalla necessità primaria di dare opportunità sociali economiche e formative a tutti, oltre che la pianificazione delle grandi reti infrastrutturali con il resto del Paese.
Non faccio qui l’elenco dei progetti, degli obiettivi, delle riflessioni in corso. Anche per lo spazio a disposizione, che voglio utilizzare per azzardare un’idea non proprio consueta, ma un sentimento che da noi comincia ad avvertirsi e in tanti manifestano convintamente: sono state date alle regioni funzioni e compiti che in alcuni casi, e certamente in Molise, richiedono abilità, capacità di governo, logiche di sistema, progettualità, capacità di spesa produttiva, programmata, realizzata, in trasparenza e legalità. Forse è meglio se questo sistema viene ripensato, riportando nelle incombenze dello Stato e nella centralità nazionale quelle competenze che hanno coinvolgimenti sul piano costituzionale globale: dalla sanità al trasporto, dalla mobilità all’ambiente, dalle politiche per la formazione, alla gestione delle dinamiche del mondo del lavoro. Basta disparità territoriali, meno frammentazione territoriale delle competenze e delle responsabilità che, sovrapponendosi, moltiplicano la burocrazia, per ridurre le diseguaglianze che danneggiano la coesione sociale. Noi su questo siamo pronti a ragionare e di questo e altro ne parliamo in piazza, sabato 6, a Termoli.
Il modello ideale è andare verso un’economia civile, restituendo il ruolo alla società – civile appunto – per un principio di sussidiarietà circolare attraverso il quale i tre pilastri: mercato, stato e società, possano interagire tra loro, nell’interesse della soluzione dei problemi. L’attuale assenza di ascolto e comunicazione con le parti sociali accentua le diseguaglianze economiche, inceppando il meccanismo della produttività: serve quindi un vero cambio di passo.
Orgogliosi Sì ma non siamo stupidi: se l’autonomia che ci è stata regalata ci ha piuttosto penalizzato che resi protagonisti, se il vero scenario su cui combattiamo è quello europeo o addirittura intercontinentale, delle specificità e di alcuni particolarismi potremmo cominciare ad occuparcene di meno.
Ci guadagna, di sicuro, il Molise (quello che esiste e che resiste)”.
Tecla Boccardo
Segreteria Uil Molise