TERMOLI – Da ogni donna emerge un racconto, a cui è possibile attribuire un’esperienza, e classificarla con una tipologia psicologica, per risalire a un modello di vita e del rappresentare l’esistenza; come del resto è emerso in molti autori delle post-avanguardie storiche, che hanno scelto come finalità del proprio fare il «sentire», lo «sperimentare», l’«organizzare», la narrazione partendo dall’esperienza personale. Con meraviglia, visitando poi la chiesa di san Timoteo di Termoli, incontro un altro tipo di suoi lavori con la terracotta; per lo più sono opere appena sbozzate, che evocano esperimenti di altri autori d’avanguardia, riutilizzati in modo originale dall’artista termolese. Il fare (poiein) rappresentativo di Cleofino Casolino è attento a raccontare sia le varie forme di coinvolgimento dell’animo e della mente nel quotidiano, che in effetti caratterizzano il lato sensibile — o femminile — degli uomini in generale, sia quella contemplazione che porta alla perdita del proprio genere.

Sembra che Cleofino nelle rappresentazioni del mistero del sacro predilige porre, però, l’accento sull’esperienza di un corpo mistico che ha subito gravi colpi dalla nostra attuale organizzazione sociale. Dalle sue rappresentazioni traspare, infatti, una probabile doppia soluzione; e il racconto si sospende nel vago, perché non rivela all’osservatore se la fede (rappresentata come una barca sconquassata e senza governo — o timone —) sta dirigendosi verso un naufragio sicuro in alto mare, oppure nonostante le distrazioni che seducono oggi il nostro universo fisico-e percettivo e che agitano così i marosi (pensieri) della mente, essa (fede) ora si sta dirigendo verso un approdo sicuro, in un porto. Nell’atelier trovo un altro tipo di rappresentazioni. Sembra che l’altra natura dell’autore, attenta alla vita di tutti i giorni, lo induca a rappresentare nella terracotta anche i cambiamenti delle relazioni umane, cioè di quella materia tranquilla e sottomessa che prima veniva tenuta a freno dalle leggi spirito; fino a mostrarne altresì le tensioni che si producono nel fisico e nell’animo. In questo modo, quelle sue opere acquisiscono un significato sottile, che trattano di stati psicologici. Le sue rappresentazioni sono caratterizzate a partire proprio da quei vorticismi attrattori di movimenti che possono provocare instabilità, inquietudine, turbamento e angoscia nell’animo umano in generale, e femminile in particolare.

Quei movimenti trascinano l’intera struttura fisica in una tensione, fino a segnarne l’aspetto interiore ed esteriore. La materia sembra sia diventata compartecipe degli umori e del coinvolgimento dell’animo umano, assumendo la forma del “genere” femminile. Lo sviluppo del tema delle terrecotte di Casolino, infatti, oscilla proprio tra il tema delle “donne” di San Timoteo, che furono ligie nell’educare il giovane santo in vita, alla probità, alla bontà e alla santità, a quello che emerge da un volto femminile adagiato e ancora trasognante e senza espressione, su una barca sventrata e senza poppa e timone, fino alla rappresentazione di volti e corpi di donne prese dalle tensioni generate dalla vita. Casolino sente tutto il coinvolgimento dell’umano in queste due estreme forme di organizzazione; da una parte quella che spinge l’uomo ad assumere un modello di elevazione e di distacco dagli accidenti della vita, dall’altra quella che percepisce l’inarrestabile coinvolgimento del proprio universo fisico e mentale nelle tante tensioni e disequilibri, che spesso s’introducono inarrestabili nel quotidiano, dove è impegnata questa nostra esistenza che, però, si vorrebbe armonica e pacificata come in un film.

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