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TERMOLI _ Abbiamo atteso un po’ di tempo prima di intervenire in merito alla crisi della Provincia di Campobasso, proprio per approfondire e comprendere meglio gli eventi che si sono succeduti. Ebbene, questo genere di fatti sono l’espressione della politica che noi del Partito della Rifondazione Comunista del Molise abbiamo da sempre respinto e finiscono con l’avvalorare la tesi che da tempo ormai sosteniamo, ovvero, che il centrosinistra è morto e sepolto. È un dato di fatto che la politica, nella sua più alta accezione, è stata crudelmente soppressa dal “politicismo”, inteso come mera occupazione del potere. La scuola dello “Iorismo” imperversa e pervade ormai tutta la politica molisana (a destra e a manca!). Tutto, infatti, si compone nell’ottica della gestione del potere istituzionale e nell’ambito delle famigerate ripartizioni “poltronistiche”: paiono solo questi i parametri che oggi delimitano il perimetro di alleanze e coalizioni. Gli esiti della crisi provinciale sfiorano poi quasi il paradosso e inverano drammaticamente le premesse qui poste.

Il Partito Democratico, “folgorato come San Paolo a Damasco”, si riscopre sostenitore dell’inviso Presidente della Provincia e l’Italia dei Valori, da sempre suo sostenitore, ne diventa adesso acerrimo oppositore. Si addiviene, così, all’ennesima giunta “semipresidenziale”, senza programmi e senza maggioranza. Questo è bastato perché successivamente, tre partiti (PD, PDCI e PS) annunciassero giubilanti in conferenza stampa che il centrosinistra è risorto. A questo punto sfugge qualcosa di essenziale: cosa pensano i cittadini molisani di tutto questo? Perché poi ci si stupisce se il “berlusconismo” avanza e il nostro popolo di sinistra si ritrae deluso? A scanso di equivoci, cominciamo col dire che in tutta la vicenda provinciale il Partito della Rifondazione Comunista molisano non è mai stato coinvolto o interpellato. Ma questo noi lo scontavamo proprio per quanto appena premesso: se non stai nel palazzo non esisti. A dire il vero, rispetto a questa amministrazione provinciale avevamo già espresso nettamente il nostro giudizio e con i fatti: quando ci siamo trovati a dover scegliere tra le “poltrone” e la chiarezza politica. Dobbiamo, infatti, qui ricordare con forza che il PRC ha rifiutato l’ingresso in questa giunta provinciale, poiché allora sostenuta in consiglio da una sciagurata alleanza con pezzi del centrodestra.

Quella nostra autonoma scelta, di chiarezza e di coerenza politica, ci è costata in quella occasione la perdita del nostro eletto, che ha preferito salpare verso più comodi e premianti lidi. Quanto oggi va accadendo ci conferma la piena ragione di quella coraggiosa scelta, che allora suscitò critiche e incomprensioni. Viene dunque spontaneo chiedersi: qual è la sostanziale differenza politica tra questi indistinti “calderoni” definiti convenzionalmente centrodestra e centrosinistra? Non si contano i numerosi episodi di consociativismo e di trasversalismo tra maggioranze e opposizioni a cui abbiamo avuto modo di assistere (e denunciare!) qui in Molise e che non hanno indotto nemmeno per un attimo la classe politica molisana ad un ripensamento o ad una seria autocritica. Tutto pare avvolto da un raggelante senso di normalità, di autoconservazione e di continuità …verso il baratro! Che senso ha, allora, continuare a parlare di centrosinistra e pensare di rincorrere questi contenitori vacui e sganciati dal paese reale, che tanto male stanno facendo e traguardano tutto al conseguimento del potere per il potere. Sarebbe invece più utile e ragionevole costruire contenuti e iniziative su cui intrecciare con i movimenti sociali e di lotta, con i lavoratori e i ceti deboli, termini e condizioni per rilanciare in autonomia l’alternativa politica e sociale contro questo sistema economico, responsabile della crisi che attanaglia anche il nostro Molise.

In questo quadro è certamente auspicabile la costruzione a sinistra di uno spazio plurale di elaborazione e di confronto, ma che operi seriamente e dal basso per alimentare il conflitto sociale e intraprendere concreti percorsi di costruzione dell’alternativa al liberismo. Se qualcuno pensa di mortificare questo ambizioso processo facendolo scadere nel verticismo e nell’elettoralismo, nella subalternità verso chi possa garantire piazzamenti istituzionali, ha perso in principio la propria battaglia e vanifica le prospettive di chi crede sinceramente che un altro mondo e un’altra società siano possibili. Per questo pensiamo che oggi più che mai ha senso e motivazione la presenza di una istanza comunista e per questo i comunisti del PRC intendono proseguire nella difficile strada della costruzione di una alternativa reale a questo barbarico disfacimento morale e politico chiamato capitalismo, e lo faranno con il generoso carico della propria coerenza, della propria onestà e della propria diversità.

IL SEGRETARIO REGIONALE Antonello Manocchio