COLLETORTO _ La festa del patrono richiama la comunità alle sue origini. Colletorto tributa ogni 29 agosto onori particolari al santo definito il più grande tra i nati di donna, il precursore di Cristo: Giovanni detto il Battista. Le comunità in antico venivano messe sotto la protezioni di persone illustri, forti, generose, così possiamo pensare che prima dell’anno mille il piccolo abitato di Colletorto, si diede per patrono, protettore, Giovanni Battista, il precursore di Cristo, tale dicitura è scolpita nella pietra nell’architrave dell’antico ingresso della chiesa madre di Colletorto, con le abbreviazioni (I.B.P.C.) In un documento d’archivio, probabilmente della metà del ‘700, da poco rinvenuto è scritto: “La chiesa matrice del comune di Colletorto è Ricettizia numerata sotto il titolo di San Giovanni Battista, essa fu edificata contemporaneamente al paese da circa otto secoli addietro ed ampliata nel 1730…” Figlio di Elisabetta e del sacerdote Zaccaria, Giovanni era nato ad Ain Karim, una località distante circa 10 chilometri da Gerusalemme.
Giovanni, nome non certo usuale nella famiglia di Zaccaria, significa Dio ha avuto misericordia, la sua nascita è stata un prodigio come racconta l’evangelista Luca (Cf. Lc 1,5-25). Dunque il Battista è patrono, ciò protettore, colui che difende e aiuta l’intera comunità. La storia di Giovanni la possiamo confrontare anche con quella “laica” di Giuseppe Flavio, lo storico ebreo che narrò le vicende del popolo d’Israele. Di Giovanni scrive: “Erode infatti aveva ucciso quest’uomo buono che esortava i Giudei a una vita corretta, alla pratica della giustizia reciproca, alla pietà verso Dio, e così facendo si disponessero al battesimo…” . Per lo storico Flavio, Erode era spaventato dalla forte ascendenza che Giovanni aveva sul popolo in materia di giustizia, di onestà nonché di moralità e correttezza nei costumi: “Quando altri si affollavano intorno a lui perché con i suoi sermoni erano giunti al più alto grado, Erode si allarmò.
Una eloquenza che sugli uomini aveva effetti così grandi, poteva portare a qualche forma di sedizione, poiché pareva che volessero essere guidati da Giovanni in qualunque cosa facessero. Erode, perciò, decise che sarebbe stato molto meglio colpire in anticipo e liberarsi di lui prima che la sua attività portasse a una solleva¬zione, piuttosto che aspettare uno sconvolgimento e trovarsi in una situazione così difficile da pentirsene”, per questo Erode decise di condannare a morte il precursore del Messia: “A motivo dei sospetti di Erode, (Giovanni) fu portato in catene nel Macheronte, la fortezza che abbiamo menzionato precedentemente, e quivi fu messo a morte. Ma il verdetto dei Giudei fu che la rovina dell’esercito di Erode fu una vendetta di Giovanni, nel senso che Dio giudicò bene infliggere un tale rovescio a Erode”.
I vangeli, invece, sottolineano come Erode ammirasse la predicazione del Battista e nello stesso tempo ne avesse paura. La morte del profeta è descritta con una certa enfasi nel vangelo di Marco: durante un festino Salomè, dopo aver ballato per Erode chiede e ottiene, su suggerimento di Erodiade, moglie di Erode la testa di Giovanni Battista, l’ordine di decapitazione. Messaggio forte quello di Giovanni Battista soprattutto per quanti si prendono cura della cosa pubblica, amministratori, politici, imprenditori, associazioni, ad essere giusti, corretti, non facili al compromesso, e soprattutto al rispetto delle leggi.
La festa dunque, non è solo banda ed orchestrina, passeggiata la sera con i fuochi d’artificio, sarebbe minimizzare e banalizzare il messaggio di san Giovanni che ha saputo andare contro l’ingiustizia e contro il potere corrotto. Più che mai oggi, Giovanni Battista ricorda al nostro tempo, attraversato e segnato dalla crisi profonda (essenzialmente crisi di valori) che la verità è stata annaffiata e camuffata dai nostri desideri e della nostre incertezze. Il patrono dunque, grida, non per mettere paura ma per incoraggiare a perseguire il bene, la correttezza, l’onestà, la moralità, soprattutto in coloro che sono chiamati nell’amministrare la cosa pubblica.
La festa, dunque, come una sorta di riflessione in profondità di come vive la comunità ecclesiale e civile, se il ben-essere è cresciuto oppure si è abbassato, se il senso civico, il rispetto delle regole è di tutti o di nessuno, se il dovere è solo un’apparenza a discapito dei diritti.
Giustamente il papa Benedetto XVI nella recente enciclica ha voluto sottolineare l’importanza di equilibrare diritti e doveri: “per questo è importante sollecitare una nuova riflessione su come i diritti presuppongano doveri senza i quali si trasformano in arbitrio… L’esasperazione dei diritti sfocia nella dimenticanza dei doveri. I doveri delimitano i diritti perché rimandano al quadro antropologico ed etico entro la cui verità anche questi ultimi si inseriscono e così non diventano arbitrio. Per questo motivo i doveri rafforzano i diritti e propongono la loro difesa e promozione come un impegno da assumere a servizio del bene” (Bendetto XVI, Caritas in Veritate, 43).
Così le nostre comunità assetate di sviluppo e di ripresa sociale, economica, politica, dopo il terremoto del 2002, hanno estremo bisogno di riprendersi, confidando non tanto sugli aiuti esterni, l’assistenzialismo è il male che ci condannerà, ma su quelli di tutti coloro che hanno a cuore il bene. Il papa sottolinea: “Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune. Sono necessarie sia la preparazione professionale sia la coerenza morale”. Per Colletorto, dunque, un messaggio di chiarezza, di verità e di trasparenza, del resto queste sono le cose che fanno crescere e sperare nel futuro.
Don Mario Colavita