Lo svolgimento del capitolo più rovente avvenne, come si sa, lo scorso marzo con una delle frequenti sparate pirotecniche del sindaco, alle quali tuttavia i residenti non hanno ancora fatto l’abitudine: “vendo Pianosa” aveva dichiarato, come se l’isola fosse stata una sua proprietà personale.
Subito gli aveva risposto, fra gli altri, Nichi Vendola. Richiesto di uno specifico giudizio da parte di ADNKRONOS, il Governatore pugliese spiegava che Il sindaco “NON E’ IL PROPRIETARIO dell’isola che è una riserva marina e, come tale, appartiene al Parco Nazionale del Gargano e al demanio. Ricordo che ci vogliono permessi anche solo per approdare a Pianosa. Mi sembra una battuta – aveva rincarato Vendola – nell’ambito di una delle attività della politica-spettacolo, in UNA GARA A CHI LA SPARA PIU’ GROSSA”.
Quasi all’unisono, interveniva pure l’assessore regionale al turismo Massimo Ostillio con un’osservazione quasi divertita: «Questa volta ci è andata bene, perché il sindaco Pinuccio Calabrese ha ridotto le dimensioni dell’eventuale menomazione: per fortuna si accontenta di voler vendere al leader libico Gheddafi soltanto un’isola. Alcuni anni addietro voleva invece concedergli l’intero arcipelago.” In effetti nel giugno del 1992, adirato contro il governo che non lo finanziava in misura consona per poter procedere allo smaltimento rifiuti, annunciò ad Oscar Luigi Scalfaro la propria determinazione a far votare dal consiglio comunale il passaggio dell’intero arcipelago delle Tremiti alla Libia. Naturalmente lo spauracchio – impossibile sotto il profilo tecnico come dal punto di vista legale – si esaurì con il solo annuncio. E allo stesso modo con tutta probabilità vedremo concludersi anche il caso attualmente sotto i riflettori: non ci saranno vendite all’asta né sbarchi di ospiti africani, più o meno sgraditi.
Fatto sta che Giuseppe Calabrese sembra proprio l’uomo delle provocazioni. Negli anni passati, lamentando sempre il fatto che le istituzioni provinciali e regionali non si preoccupavano dei problemi delle Tremiti, aveva lasciato intendere la possibilità di abbandonare la Puglia per affidarsi al Molise, argomentando il passo programmato con la scusa che, nell’imminenza della Borsa Internazionale del Turismo, gli sarebbe giunta un’offerta per concordare la presenza del Comune Isole Tremiti nello stand della Regione Molise. Salvo poi operare una repentina inversione di marcia, una sterzata brusca che il sindaco suddetto attuò in quanto la Regione Puglia si sarebbe scossa accogliendo anche le Tremiti nel novero dei comuni ufficialmente annoverati nei propri stand. Pertanto anche allora tutte le anticipazioni declamate del sindaco non ebbero seguito nel senso pronosticato in prima uscita.
Permane comunque tuttora l’anomalia del rilievo – d’altra parte ineccepibile -, che per quanto attiene alla giurisdizione marittima della Capitaneria di Porto, le Isole Tremiti debbono dipendere dal relativo dipartimento del Molise, in quanto accorpate all’attività specifica del porto di Termoli.
Ma torniamo al nodo principale. Contestualmente agli annunci di programmata menomazione territoriale del Comune con la vendita di Pianosa, veniva somministrata alla sparuta popolazione l’immagine di un salvatore (Muhammar Gheddafi) che avrebbe dovuto sbarcare proveniente dalla costa nordafricana, per portare alla comunità tremitese un roseo futuro denso di prosperità e benessere. Realtà di sogno. Tutti conoscono l’avidità insaziabile di quel personaggio, abilissimo a prendere nonché restio a concedere alcunché, abile utilizzatore di strumenti psicologici quali timore o preoccupazione indotti. Senza considerare il rischio di vedere le Isole Tremiti strumentalizzate alla maniera di Lampedusa, con possibili sbarchi di profughi disperati, se non addirittura minacciate. Il vecchio faro di San Domino è una drammatica testimonianza di tale rischio. Non dimentichiamo inoltre quei missili Scud lanciati nel 1986 contro l’isola siciliana, volutamente fuori bersaglio, ma pur sempre di chiaro effetto al fine di una minaccia eloquente.
Personalmente sono dell’opinione che una sua eventuale venuta sulle Isole Tremiti porterebbe certo ben altro che i decantati vantaggi, ma solo deprecabili penalizzazioni purtroppo irreversibili.
Non vorrei disturbare il canto alle sirene di mitologica memoria compiaciute, pur nelle venture più drammatiche, di attrarre i naviganti verso facili visioni d’improbabili rotte orientate ad orizzonti felici. Dalla prospettiva dei giorni nostri, dovremmo piuttosto far tesoro della visione omerica di un Odisseo che, per non cedere alle irresistibili lusinghe delle Sirene, si fece incatenare all’albero di maestra della propria nave ordinando poi ai fedeli marinai di fare altrettanto con loro stessi.
Un grande abruzzese, Ennio Flaiano, scriveva che “la pubblicità è la droga dei poveri”. Se tale concetto risulta veritiero come in effetti è, possiamo ben comprendere che i nominati “poveri” siano tutti coloro che si trovano in svantaggio, non solo intellettuale, rispetto ai protagonisti. Questi ultimi dispongono di un palcoscenico (reale o mediatico), di un microfono la cui potenza possono gestire in autonomia, e di tutto un contorno informativo che altro non aspetta se non riportare le loro “uscite”. Non a caso uno dei massimi quotidiani nazionali ha definito in maniera pittoresca quelle anticipate dal sindaco delle Isole Tremiti, peraltro mai verificatesi.
Mi riferisco al servizio “COLPI DI TEATRO” apparso su “io Donna” in data 6 gennaio e anticipato il giorno precedente nell’edizione nazionale sul “Corriere della Sera” sotto il titolo “E Gheddafi verrà in Italia in visita di Stato… Ma alle isole Tremiti”. All’origine delle strategie pubblicitarie imperversa ormai un subdolo aleggiare di chimere utopiche, di seducenti scenografie coronate ad arte con il provvisorio incanto dell’arcobaleno.
Ma la pubblicità è quel che tutti sanno, anche se molto più subdolo può risultare l’artificio di mascherarne la fattispecie, come potrebbe verificarsi appunto quando al pubblico si somministrasse propaganda camuffata da informazione. E’ questa la tagliola che soprattutto la politica tende troppo spesso alle personalità più eminenti, quand’anche per nulla complici e quindi non sospettose dell’eventualità di risultare strumentalizzate, fatto probabilmente accaduto nel caso del noto cantautore Lucio (“DALLAH”, come si è affrettato ad alludere qualche allegro buontempone). Non ritengo necessario precisare nuovamente i termini della specifica presa di posizione del personaggio a cui ho dedicato un intero articolo.
Fatto sta che la propaganda commerciale o politica e l’informazione stessa rientrano tutte nel medesimo canale della comunicazione. Ecco dunque spiegato come il confine fra pubblicità e informazione sia divenuto sempre più labile, tanto che a garanzia di una chiara divisione delle due fattispecie rimanga ormai soltanto l’onestà, il rigore e l’attenzione deontologica degli operatori. Mi sia concesso in questa sede di ribadire alcuni concetti, secondo me sacrosanti, che ho già potuto esporre compiutamente in altro luogo per spiegare come, nella realtà intellettuale che domina il nostro tempo, l’attualità giunga troppo spesso ad influenzare soprattutto il mezzo espressivo capace di condizionare le mosse dell’uomo pubblico.
E’ un effetto pressoché inevitabile in quanto l’informazione, con il potere del proprio fascino, è divenuta oramai fulcro di una cultura politica globale. Cinquant’anni fa i filosofi (che già possedevano un senso naturale della globalità) avevano bisogno della spiritualità per giustificare la dimensione universalista del proprio pensiero. Intendevano così compensare in modo più umano l’autoritarismo che poteva nascere dall’estensione dei loro concetti politici e operativi.
Oggi la situazione è cambiata. Quella informazione si è resa dimensione dominante di una politica basata sull’universalità. La dimensione globale della comunicazione. E’ proprio questa globalità del messaggio ad affascinare oggi non solo la moltitudine popolare degli elettori, ma anche i candidati che aspirano ad amministrarne il prossimo futuro.
Per detti protagonisti non esiste ormai politica senza divulgazione. La politica stessa si è fatta in tal modo vettore di questa comunicazione, che i migliori spiriti tentano di rendere ricca di umanismo. Ne deriva una visione del mondo quasi telematica. Quanto alle arbitrarie accuse strumentali con cui Giuseppe Calabrese si sforzava di puntellare una posizione alquanto instabile, Vendola ricordava innanzitutto che ”per le Tremiti già ci sobbarchiamo parecchie spese, per esempio sui rifiuti e i trasporti. Stiamo facendo, in generale, molti sforzi nell’ambito di un quadro finanziario avaro e con un governo che non ci aiuta. I finanziamenti, poi, non si chiedono in astratto – concludeva il presidente – ma partecipando agli appositi bandi e predisponendo PROGETTI SPECIFICI. Su questa base siamo più che disponibili, anche a SCRIVERLI ASSIEME”.
A questo punto s’impone una domanda, che mi permetto di sottoporre al Sindaco non senza una calda raccomandazione: caro Calabrese, non Le pare piuttosto impropria la costante segretezza, l’apparente silenzio sotto il quale sembrano covare tante questioni vitali per gli amministrati?
E’ certo inutile precisare che che il Suo lavoro appartiene alla Comunità intera e in quanto tale necessita di visibilità. In tale spirito, penso d’interpretare un desiderio comune a tutti, ponendo una questione lampante. Sarebbe interessante – ma anche onestamente chiarificatore, leale nei confronti dell’elettorato tremitese e precisa espressione della dovuta trasparenza – poter condurre una specifica disamina di tutti i passi ufficiali eventualmente compiuti dalla Sua amministrazione civica nel senso suggerito da Nichi Vendola. Noi siamo dell’opinione che detta trasparenza non sia mai emersa dalla densa cortina fumogena malauguratamente sollevata in troppe occasioni dalle troppe chiacchiere, dalla facile propaganda, dalle affermazioni apparentemente pretestuose costellate qua e là d’inquietante vaghezza. Vendola, con grande signorilità e senso del grado che ricopre, Le ha offerto di scrivere assieme le domande necessarie al conseguimento dei finanziamenti perseguiti dal Comune. Come ha risposto Lei nello specifico?
Per favore, Sindaco, a tranquillizzare una comunità che appare sempre meno serena servirebbe il pregio di una chiarezza inoppugnabile in sostituzione delle dichiarazioni frastornanti, forse troppe.