Dunque, i comuni partecipano all’attività di accertamento fiscale nell’ambito dell’ordinario contesto operativo di svolgimento delle proprie attività istituzionali, fornendo informazioni suscettibili di utilizzo ai fini dell’accertamento dei tributi erariali, diretti ed indiretti; gli ambiti di intervento in cui possono spaziare le segnalazioni sono molteplici e vanno dal commercio e professioni, all’urbanistica e territorio, passando per le proprietà edilizie, le residenze fittizie e le disponibilità di beni indicativi di capacità contributiva. Detta partecipazione si concretizza in segnalazioni qualificate, inviate tramite il canale “SIATEL” (Sistema di Interscambio Anagrafe Tributaria ed Enti locali), intendendosi per tali, le posizioni soggettive in relazione alle quali sono rilevati atti, fatti e negozi che evidenziano, senza ulteriori elaborazioni logiche, comportamenti evasivi ed elusivi.
Pertanto non vengono richieste delle semplici e generiche informazioni relativamente ai tributi comunali, bensì analitiche segnalazioni che consentano l’accertamento fiscale diretto ed immediato delle imposte erariali. Anche se le segnalazioni risultano qualificate non è detto che si tramutino automaticamente in un’attività di controllo, che rimane oggetto di valutazione discrezionale degli uffici competenti. Nel caso in cui si arrivi al perfezionamento dell’avviso di accertamento ed alla sua definitiva riscossione, l’art.1 del DL 203/05 dispone che il 30% delle somme così recuperate è destinato ai comuni che hanno contribuito all’attività di accertamento. Detta disposizione normativa, accorre in aiuto a tutti i comuni italiani, i quali, a seguito dell’abolizione dell’ici sulla prima casa, si sono trovati a fare i conti con una situazione finanziaria non certo soddisfacente e tantomeno sufficiente per fare fronte alle esigenze sociali delle collettività amministrate. Difatti, per i comuni, il mancato gettito dell’ici, ha inevitabilmente determinato, a partire dal 2009, un graduale peggioramento di tutti i servizi locali (illuminazione, trasporti, prestazioni sociali, cura dei luoghi pubblici, manutenzioni varie, ecc, ecc, l’elenco è lungo).
Pertanto, attualmente, la collaborazione con l’Agenzia delle Entrate riveste particolare importanza in quanto rappresenta una delle poche leve su cui possono agire i comuni per aumentare il gettito potenziale delle entrate tributarie. L’operatività di questa disposizione, subordinata all’emanazione di un provvedimento attuativo da parte del direttore dell’Agenzia delle Entrate, è rimasta in stand-by per diversi anni, segno che prima non c’era un particolare interesse da parte degli enti comunali ad una rapida approvazione del relativo provvedimento, come invece le premesse alla stesura della legge avevano lasciato intendere.
Comunque, con il provvedimento di attuazione n. 175466 del 26 novembre 2008, l’Agenzia delle Entrate ha finalmente dettato le linee guida mancanti a cui i comuni dovranno attenersi per dare concreta attuazione al D.L. n. 203/2005, che ha previsto tale istituto, rimasto per troppo tempo inapplicato. Perciò, anche in vista di un possibile federalismo fiscale, non si può più prescindere da un contributo dei comuni italiani alla lotta all’evasione fiscale, contributo che peraltro potrebbe portare nelle casse degli stessi enti locali risorse aggiuntive, che non vanno sicuramente trascurate in un periodo così difficoltoso di gestione delle risorse finanziarie.
Dott. Marco Laureti