TERMOLI – Il consumo di suolo “è un processo associato alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale, limitata e non rinnovabile, dovuta all’occupazione di una superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale con una copertura artificiale. È un fenomeno legato alle dinamiche insediative e infrastrutturali ed è prevalentemente dovuto alla costruzione di nuovi edifici, fabbricati e insediamenti, all’espansione delle città, alla densificazione o alla conversione di terreno entro un’area urbana, all’infrastrutturazione del territorio” […] “In termini di suolo consumato pro capite, i valori regionali più alti risentono della bassa densità abitativa tipica di alcune regioni. Il Molise presenta il valore più alto […] rispetto al valore nazionale” (Rapporto Ispra, 2020).
Nella nostra Regione, insomma, rispetto al numero di abitanti in calo costante, si costruisce molto, troppo. Occupiamo inutilmente troppo spazio, sottraendolo alla natura e, vedremo, impiegandolo per puri scopi di profitto di pochi.
Vediamo innanzitutto se dall’osservazione della nostra realtà quotidiana si riscontra una corrispondenza tra quanto enunciato nel Rapporto Ispra e i cambiamenti del tessuto urbano di Termoli.
Nella nostra cittadina, più o meno nell’ultimo anno, mentre eravamo chiusi in casa, è iniziata la costruzione di molti nuovi complessi edilizi: il nuovo complesso residenziale in via Corsica dove sorgeva il silos della Barilla, già demolito; in questi giorni si sta sventrando l’area dell’ex viadotto Foce dell’Angelo, vicino al cimitero dove c’era il distributore di benzina: nuove villette in arrivo? In zona palazzetto dell’Airino sono recintate due aree per la costruzione, temo, ancora di due palazzi: uno proprio lì vicino, un altro di fronte al Liceo Classico; in via Pertini, prima della rotonda verso San Giacomo, stanno costruendo ancora palazzi …
Inoltre: dove c’era il ristorante Cian, a 10 metri dal mare, stanno costruendo un nuovo Residence … In via Elba i lavori sono quasi finiti: da quello che ho visto, oltre alla sede per le associazioni, ci saranno un paio di palazzi (oltre ad un altro supermercato, se non erro …); da poco è stato costruito un nuovo palazzo dentro al parco (al parco è quasi finita la piscina e non so con i tutti i lavori annessi e connessi cosa aspettarci); la svendita del Nautico e della Schweitzer potrebbe aprire a nuove costruzioni private, mentre quegli stabili potrebbero essere riqualificati per il benessere comune.
Residenza, palazzi, villette, centri commerciali. Dovremmo rallegrarci di vivere in una città dove la ricchezza è così diffusa …
A maggio 2020, secondo i dati forniti da IACP di Campobasso, a Termoli su 126 nuclei in graduatoria per l’accesso alle case popolari, 120 risultano ancora in attesa. Inoltre il Molise registra tra il gennaio e il dicembre 2019 un elevatissimo tasso di sfratti eseguiti rispetto all’anno precedente con 152 sfratti eseguiti, tutti in provincia di Campobasso (+ 40,74%). Molti di questi sfratti vengono eseguiti per morosità, cioè perché chi viene sfrattato non riesce a pagare. E, intanto, restiamo in attesa che le case della palazzina di Colle Macchiuzzo, di proprietà di IACP, possano essere assegnate …
Ora, a fronte di una tale crisi abitativa, la domanda sorge quasi spontanea, ed infatti siamo in molte e in molti a porcela: che senso ha continuare a costruire palazzi su palazzi, se poi le case non vengono date a chi ne ha bisogno? Il senso c’è, ed è parte del processo generale che sta investendo Termoli ormai da decenni: la nostra città viene pensata in funzione dei profitti dei grandi investitori privati del turismo e dei grandi speculatori edilizi.
Termoli, in fondo, è il fanciullino di South Beach, cioè già da decenni si sviluppa perseguendo quel modello di città (per i ricchi e contro il territorio) e pertanto non meraviglia che molti cittadini siano favorevoli a quella colata di cemento internazionale.
Finita la fase dello sviluppo trainata dalla fabbrica, infatti, un certo modello di turismo (vorace, arrogante, incurante dei luoghi) è diventato come la nuova industria di massa: esso si impianta nei territori aggredendoli e modificando l’assetto delle città, poi distribuisce le briciole ai lavoratori sottopagati e sfruttati nei ristoranti e nelle altre attività ricettive locali. Si scoperchierebbe un vaso di Pandora, temo, andando a vedere in estate le condizioni di lavoro dei lavoratori in questi locali commerciali …
Insomma, è dentro questa idea di sviluppo urbanistico della città, che persegue un modello economico e di turismo incurante del territorio e predatorio, che maturano le disuguaglianze sociali e lo sfruttamento del lavoro.
Le politiche sociali municipali, in molti casi assistenzialiste e caritatevoli, del tutto bistrattate in altri, vengono concepite come residuali rispetto al modello dominante di città liberista, e arrancano. Esse non vengono pensate in relazione alle dinamiche che investono la trasformazione del tessuto urbano cittadino. Le politiche sociali potrebbero, al contrario, essere concepite come possibili volani per immaginare una città costruita sul sociale e a partire dall’inclusione di chi resta indietro, dal coinvolgimento e dalla partecipazione dei molti Enti di Terzo Settore che fanno la comunità di cura locale. Ad esempio dando sostegno allo sviluppo di forme di lavoro cooperativo, alla definizione di regolamenti per l’amministrazione condivisa, a patti per lo sviluppo di forme di economia sociale e civile, alla preparazione degli orti urbani e sociali cittadini. Oltre che a sviluppare ulteriormente le varie forme di sostegno a chi vive condizioni di vulnerabilità. A generare sempre più la cultura della solidarietà, del mutuo appoggio, dell’accoglienza.
Lo stesso valga per le politiche ambientali, e per quelle giovanili: quale il senso di organizzare le pulizie delle spiagge con i volontari, mentre tutto intorno si cementifica? Io rispetto profondamente il grande impegno delle volontarie e dei volontari, di chi attivamente si prende cura della città, dei suoi spazi verdi, dei luoghi della socialità, ma allo stesso modo sono fortemente critico verso la posizione politica del Comune, che da un lato “non ostacola” la cementificazione della città e poi organizza e patrocina le pulizie del verde … A proposito: non sarebbe il caso di pensare ad una riqualificazione in chiave ecologica e sociale di Pozzo Dolce, ora che finalmente il rischio della sua privatizzazione pare essere stato sventato? Una riqualificazione che parta dal coinvolgimento dei giovani che quel luogo frequentano ogni giorno?
Come si può infatti solo biasimare le giovani generazioni per i loro comportamenti a volte irresponsabili in questa fase pandemica se non ci facciamo alcune domande essenziali: in che città li stiamo facendo crescere? Dentro quale idea di vivere associato nello spazio urbano? Quali strumenti abbiamo ideato per favorire la loro attiva partecipazione nell’ideazione delle politiche culturali cittadine (la cultura è partecipazione)?
Abbiamo costruito intorno a loro, e intorno a noi tutti, una città a misura di consumatore, in cui i giovani stessi sono merce da vendere e comprare e denaro da intascare. In cui noi tutti siamo inglobati dalla logica delle merci e del profitto per pochi, smarrendo così il senso profondo dell’abitare un luogo, che è invece cura del territorio e tessitura di relazioni che ci liberano come comunità.
Roberto De Lena