parigiTERMOLI – In Francia si partecipa o si sta a casa. I cattolici italiani in visita, anche praticanti, rimangono perplessi e ammirati, di fronte al piccolo “tour de force” rappresentato da un rito francese. Niente di gratuitamente bizzarro, sia chiaro. Semplicemente, non ci si può distrarre. In apertura, il celebrante spiega che l’assemblea dei fedeli non è un gruppo di estranei. Invita perciò i vicini a presentarsi. Questa operazione, che in Italia verrebbe risolta con un breve saluto e in Germania con un cenno del capo, in Francia diventa un piccolo “happening”….

L’aspetto comunitario non si esaurisce con le presentazioni. C’è il Padre Nostro mano nella mano;gli applausi per i suonatori…In qualche caso, durante l’omelia, il celebrante rivolge domande sulle letture( obbligano i presenti oltre a stare in campana, anche ad essere preparati sulle letture). Durante la preghiera dei fedeli, ognuno ha la possibilità di proporre un’intenzione. In Italia, a termoli in particolare, quando accade, si tratta quasi sempre di intenzioni oneste, ma vagamente retoriche( pace nel mondo, fame in Africa…) I Francesi invitano a pregare per amici familiari, con tanto di nome e cognome, e aggiunta di particolari privati. Durante la comunione, poi, la differenza tra una chiesa francese e una chiesa italiana, diventa enorme. In Francia tutto avviene con perfetta coordinazione: escono i fedeli dei primi banchi, si allineano al centro, rientrano lungo i corridoi esterni. Quando un banco rientra, quello successivo si muove. Avete notato quello che succede in Italia? Tutti partono contemporaneamente, formando una dozzina di file private, che si snodano attraverso i banchi e le sedie. Chi rientra al proprio posto, assorto, o così pare, cozza contro chi aspetta, in una spettacolare riproduzione degli ingorghi automobilistici sperimentati durante la settimana. 

E’ alla fine della funzione, tuttavia, che un italiano smette di sentirsi per metà in imbarazzo e per metà ammirato, e propende per quest’ultimo sentimento. In Italia, le parole: “La messa è finita” producono l’effetto di un botto in un branco di gatti: i presenti schizzano fuori, girando le spalle al celebrante, neanche fosse il cameriere di un bar. Quando il povero sacerdote arriva a pronunciare la frase: “Andate in pace”, la gente è già sul sagrato, o in pasticceria.

In Francia i fedeli cantano con gusto l’ultimo inno, attendono rispettosamente che il celebrante scenda dall’altare e arrivi alla porta, dove saluterà i presenti uno a uno. Allora, senza fretta, si avviano in direzione dell’uscita, e verso il resto della domenica.
Siamo in “guerra”, è stato detto da un noto politologo, perchè hanno osato violentare non la nostra fede e il nostro Dio, ma la Patria dove il loro Dio ha gli stessi diritti del Nostro. Come dice Papa Francesco “uccidere in nome di Dio è una BESTEMMIA”.

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