SAN FELICE DEL MOLISE _ Con il voto deciso e compatto di maggioranza e opposizione, anche il comune di San Felice del Molise ha respinto il progetto presentato dalla Dafin s.r.l. per la costruzione di un elettrodotto interrato collegato ad una centrale a biomasse. La decisione è stata presa ieri sera durante la sessione straordinaria del consiglio comunale, chiamato a deliberare in merito alla controversa questione che a breve approderà in Conferenza dei Servizi. Il 27 settembre 2012, infatti, nella stanza dei bottoni, lontano dalla Vallata del Trigno, lontano da chi la abita e lontano dagli ex-operai della S.M.I., gli emissari della Dafin proveranno per la seconda volta a fare il pieno di pareri positivi per la costruzione dell’impianto nel territorio del Comune di Mafalda, confinante con quello di San Felice Del Molise.
Tutti ricorderanno la doppia bocciatura da parte del TAR Molise e del Consiglio di Stato di quel progetto nefasto, ma cosa sarebbe successo se i giudici si fossero espressi diversamente? Saremmo stati d’accordo con la costruzione di una centrale inquinante alle porte del nostro paese? Noi crediamo che una decisione di questa portata debba essere frutto di un’attenta valutazione politica prima che giuridica. Chi amministra una comunità ha il dovere di prendere le decisioni riguardanti l’ambiente ed il paesaggio attraverso processi democratici e trasparenti, nell’interesse di chi ci abita e non di chi vuole solo sfruttarli. L’ambiente non è né di destra né di sinistra, ma è la casa dove tutti abitiamo e la scelta su come abitarla spetta ai suoi inquilini che hanno tutto l’interesse a mantenere la casa pulita. E se le amministrazioni passano, il paesaggio incontaminato o il disastro ambientale restano! L’ambiente e il paesaggio rappresentano un bene comune che come tale va salvaguardato e non svenduto al migliore offerente; diffidiamo pertanto dell’ insidioso ristoro ambientale, poiché non c’è nessuna cifra, per quanto allettante possa essere, capace di mitigare gli effetti tossici e nocivi delle emissioni prodotte da un’industria pericolosa.
L’unico verosimile contributo di cui saremo beneficiari ci sembra l’avvelenamento dell’aria che respiriamo. In secondo luogo la salute dei cittadini non può essere considerata come merce di scambio con il posto di lavoro. Entrambi –salute e lavoro- sono diritti che possono e devono essere garantiti senza escludersi a vicenda, ma purtroppo agli imprenditori stanno più a cuore i profitti che la salute della gente ed in Italia più che altrove sembra impossibile lavorare senza inquinare. E non facciamoci trarre in inganno dal biglietto da visita delle fonti “rinnovabili” poiché una centrale termoelettrica di queste dimensioni non è né sostenibile, né ecologica e tanto meno alimentata da fonti rinnovabili, come il nome -spesso utilizzato in modo surrettizio- lascerebbe intendere. Nutriamo seri dubbi sulla possibilità che questa centrale riesca a funzionare solo con raspi e bucce delle vinacce, che peraltro costituiscono il principale combustibile dell’ impianto; e quali sarebbero gli altri?
La Dafin non ce l’ha ancora detto! Potrebbe trattarsi di colture dedicate, e se così fosse, può mai essere sostenibile piantare, irrigare e concimare qualcosa al solo scopo di bruciarlo? Ci siamo chiesti quanti ettari di terra verrebbero in questo modo sottratti all’agricoltura? La continua perdita di terreno agricolo -che porta l’Italia a dipendere sempre più dall’estero per l’approvvigionamento delle derrate alimentari alla base della nostra alimentazione- è un’altra delle ragioni per cui siamo fermamente contrari ad utilizzare il suolo agricolo per alimentare una centrale anziché gli esseri umani. Ugualmente contrari saremmo nell’ipotesi in cui il combustile dovesse arrivare dall’estero come succede già con le centrali rifornite con olio di palma. La nostra opposizione in questo caso è dettata dalla forma di neocolonialismo insita nel costringere paesi -già ampiamente sfruttati- come il Brasile, l’Indonesia e la Colombia a fornirci legno (derivato dal disboscamento delle foreste tropicali) e/ o olio di palma affinché questi vengano ridotti in cenere in Italia.
Purtroppo come altri casi dimostrano, è molto probabile che una centrale di queste dimensioni (49,9MW termici/12MW elettrici) col passare del tempo si trasformi gradualmente in inceneritore di rifiuti che sicuramente non risolverebbe i problemi occupazionali data la sua elevata automazione. Allora perché anziché all’interesse di pochi, non pensiamo a quello di tutti, cominciando ad incentivare la riqualificazione energetica degli edifici? La sostituzione degli infissi, la coibentazione ed il montaggio dei pannelli solari creerebbero i posti di lavoro tanto necessari e desiderati oltre a ridurre drasticamente i consumi energetici e quindi il totale delle nostre bollette. Per questi motivi, esemplificativi ma non esaustivi, abbiamo espresso la nostra inflessibile contrarietà al progetto presentato dalla Dafin, autorizzato nel 2008 da un’amministrazione quantomeno compiacente e nel 2009 da una sbrigativa Conferenza dei Servizi. L’alternativa c’è sempre e compito delle amministrazioni locali non è quello di lasciare il territorio, magari in cambio di un obolo, in mano agli sciacalli che pensano solo al profitto, ma di gestirlo d’accordo con la sua vocazione che nel nostro caso è agricola ed alimentare.
Bisogna avere il coraggio di amministrare nell’interesse della comunità e non di affaristi senza scrupoli che stanno trasformando il Molise in una pattumiera piena di pale eoliche, pannelli fotovoltaici piantati su suolo agricolo ed inceneritori frutto di speculazioni selvagge ed esclusivi strumenti di profitto. Oggi siamo qui a rivendicare il diritto a prendere parte alle decisioni che riguardano il nostro territorio, diritto disatteso e negato dalla Conferenza dei Servizi prossima ventura che ci ha concesso l’onore di partecipare alla riunione, ma senza avere la possibilità di esercitare il diritto di voto. Come possiamo accettare che cinici imprenditori e funzionari non sempre coscienziosi e pignoli decidano sul futuro nostro e delle prossime generazioni?
La capogruppo di minoranza: Radatta Nicoletta