
Il Dott Molinari, referente regionale per l’Abruzzo e il Molise dell’AIUG, ci spiega che l’Uroginecologia è un branca in cui si sente in modo particolare la necessità di aggiornamento. L’approccio al prolasso genitale femminile e all’incontinenza urinaria si è radicalmente modificato negli ultimi anni con l’introduzione delle reti sintetiche e degli slings medio-uretrali. Si può dire che la tecnologia ha preso il sopravvento sulla chirurgia tradizionale che spesso è gravata da insuccessi a breve, medio e lungo termine con conseguente e preponderante affermazione della nuova chirurgia protesica, facendola diventare argomento cult della uroginecologia di oggi.
L’idea di utilizzare delle reti di rinforzo per la chirurgia del prolasso deriva dall’osservazione che le riparazioni in chirurgia generale delle ernie addominali con un rete sintetica (in prolene) hanno tassi di guarigione molto più alti. Inoltre permette di operare risparmiando l’utero mentre fino a poco tempo fa si asportava sempre, cosa ingiusta quando l’organo è sano.
La chirurgia del prolasso ha molte sfaccettature tra cui una delle più importanti è proprio il tentativo di limitare il numero degli insuccessi; la principale causa di insuccesso delle tecniche chirurgiche cosiddette “tradizionali” è che cercano di “riparare” i tessuti di sostegno degli organi genitali ma che spesso questi sono troppo deteriorati o geneticamente insufficienti; si utilizzano cioè dei tessuti deboli per riparare un tessuto indebolito che ha prolassato, il che va contro tutti i principi di base della chirurgia. Non c’è da meravigliarsi quindi che i tassi di recidiva con questa chirurgia classica siano alti!. D’altro canto l’introduzione del materiale protesico garantisce più efficacia e durata del sostegno ma ha introdotto alcune nuove complicanze legate alle caratteristiche del materiale “estraneo”.
Al momento quindi si ritiene senz’altro indicato l’impiego della chirurgia protesica nelle recidive di prolasso (dove la chirurgia tradizionale abbia già fallito) o in prima istanza in pazienti anziane con tessuti deboli e pazienti con prolassi di alto grado, o laddove ci siano presenti chiari fattori di rischio. Questa tecnica permette una ricostruzione totale del pavimento pelvico senza alcun danno estetico per la paziente; e inoltre può essere eseguita in anestesia spinale con un indubbio vantaggio soprattutto per le pazienti più anziane che speso sono portatrici di altre patologie (sistemiche o metaboliche). Come per ogni procedura chirurgica, anche per questa esistono tuttavia dei rischi, sia generici che specifici. Si deve sempre valutare i vantaggi di utilizzare reti sintetiche con i rischi connessi. In realtà le complicanze sono molto rare e i materiali utilizzati oggi hanno dimostrato di essere molto ben tollerati con rischio minimo di complicanza. In ogni caso è sempre bene ricordare che al di là della tecnica o del materiale molto rilievo ha la preparazione specifica dell’operatore e la sua esperienza.