CAMPOBASSO _ La Corte di Appello di Campobasso ha assolto Antonio Curcio dal delitto di calunnia in danno del capitano Antonio Bandelli, già al Comando della Compagnia Carabinieri di Venafro e protagonista della famosa inchiesta “Piedi d’argilla”. Dopo la sentenza di assoluzione all’esito del processo di primo grado, arriva così per Antonio Curcio una nuova pronuncia liberatoria che, confermando quella pronunciata dal Tribunale di Isernia in data 13 marzo 2012, “certifica” come egli non abbia commesso alcun reato chiedendo alla procura della Repubblica di Isernia e ad altri Uffici (giudiziari e non) una verifica circa l’ortodossia dell’operato dell’allora tenente Bandelli nella conduzione dell’indagine sulla costruzione della variante di Venafro.
Antonio Curcio era stato ingiustamente coinvolto nell’indagine Piedi d’Argilla pur essendone completamente estraneo, tanto che la sua posizione giuridica era stata dapprima stralciata ed in seguito archiviata. Il grave errore in cui erano incorsi gli inquirenti aveva spinto – in seguito – Antonio Curcio a chiedere che fosse compiuto un approfondimento investigativo sulla metodologia di indagine seguita dal capitano Bandelli, al fine di verificare se egli avesse tenuto comportamenti “abusivi” durante lo sviluppo di “Piedi d’argilla”.
Antonio Bandelli aveva così sporto denuncia querela per il delitto di calunnia, istaurando il procedimento penale che è ha visto Antonio Curcio assolto sia in primo grado che in appello, dopo che la parte civile costituita, assistita dallo Studio Messere di Campobasso – prima – ed il Procuratore generale presso la Corte di Appello di Campobasso – poi – avevano impugnato la decisione del Giudice di prime cure. Appresa la notizia in sud America, dove ora Antonio Curcio vive e lavora, essendo stato costretto ad emigrare a seguito della “gogna mediatica” che ha patito dopo essere stato indicato quale uomo della ‘ndrangheta, ha espresso grande soddisfazione e sollievo: “è finito un incubo” ha dichiarato, aggiungendo di essersi sentito per anni un personaggio kafkiano imprigionato nelle maglie di una Giustizia ingiusta e ringraziando i legali dello Studio Ranaldi di Cassino che lo hanno assistito.