VENAFRO _ Nell’ambito delle celebrazioni del 150° anno dell’Unità d’Italia, il giorno 8 luglio prossimo, alle ore 17,30 presso il Castello Pandone di Venafro (IS) verrà presentato il libro dal titolo “ Diario di Venafro – 1860- 1861”- Testimonianze inedite dei primi due anni dell’Unità d’Italia- scritto da un giovane suddiacono, Nicola Nola, della Città molisana e curato da Antonio D’Ambrosio, giornalista e storiografo molisano. Il volume racconta gli avvenimenti accaduti in quei difficili momenti della costruzione dell’Italia unita. Il Diario parla in generale delle vicende d’Italia di quei due anni ed in particolare dei avvenimenti accaduti a Venafro ed Isernia, territorio che ha visto svolgersi azioni tra le più importanti e purtroppo cruenti dell’Unità d’Italia. La forza del Diario del Nola, indubbiamente, sta nella freschezza e nel modo di raccontare gli avvenimenti, considerato che è stato fatto da un giovane poco meno che ventenne, curioso e pieno di buoni sentimenti e di devozione ai Santi martiri di Venafro : Nicandro, Marciano e Daria.
Egli, in questi momenti di rivolgimenti politici e sociali, nel chiuso della sua stanza racconta le gioie, i timori, le viltà, i vizi, i tradimenti che l’animo umano è capace di compiere in tali frangenti. Uno spaccato di vita, una lettura profonda ed intensa dell’animo umano di fronte ai cambiamenti ed alle incertezze della vita, anche se la vita di ognuno, in questi giorni, veramente non conta e non vale assolutamente nulla. Un altro elemento di grande interesse che emerge dal Diario è la profonda fede e l’amore per la sua Città, dei suoi Santi Martiri e protettori.
Egli, con tenerezza, ci guida per Venafro facendocela conoscere nei particolari: parlandoci dei suoi uomini illustri, della storia passata e del presente, dei suoi monumenti, dei suoi Santi, delle Chiese, della cultura e delle tradizioni sia clericali che laiche. Ogni suo resoconto, fatto di giorno in giorno, diventa un documento di valore storico, sociale ed umano più unico che raro. Un documento quindi d’interesse per la comunità di Venafro ma che per tutti quelli che, con animo sereno, si pongono di fronte alla storia partendo da quei momenti che si costruì l’Italia unita. Per quanto riguarda l’interesse prettamente storico il documento è di un valore unico ed eccezionale per la storia d’Italia in quanto esso ci racconta, meticolosamente, tutti gli eventi bellici accaduti in un’area di così strategica importanza per i due eserciti. A tutti è notorio che se si libera la strada del Macerone che porta sul Volturno, passando per Venafro, i piemontesi possono prendere i Realisti alle spalle. Cosa che accade. Inoltre, egli testimonia, la controversa battaglia del Macerone. Questo, fu l’evento per eccellenza dove prevalse la miseria umana di alcuni uomini. Qui, infatti, come in Sicilia ed in Calabria ed in altre battaglie, si consuma un altro di quei tradimenti dei generali Borbonici. Altra dettagliata testimonianza, riportata nel Diario, riguarda i noti e barbari fatti accaduti ad Isernia. Episodi di rivolta hanno fatto il giro del mondo civile. Isernia, attraverso la stampa liberale, è additata all’Europa come la Città per eccellenza più barbara d’Italia, identificando con essa l’atrocità del regime borbonico. Alla battaglia di Pettorano ed ai morti che ne conseguirono.
Il giovane suddiacono, inoltre, ridà dignità, al ruolo avuto, in questi frangenti, al Vescovo d’Isernia – Venafro, Monsignor Gennaro Saladino. Un uomo buono e caritatevole per la stragrande maggioranza dei suoi fedeli, barbaro e sanguinario per i liberali. Indicato da quest’ultimi, in particolare dal nuovo governatore del Molise, Nicola De Luca, come capo della rivolta isernina, cospiratore, facendo ricadere sulla coscienza, di questo povero Vescovo, ultra settantacinquenne, la responsabilità di uno tra i fatti più efferati accaduti nella storia dell’Unità d’Italia. Il Nola, invece, riesce a fronteggiare la campagna denigratoria dei liberali e dimostrare che Saladino è uomo mite e di pace, interessato ed attento, in quei drammatici giorni, a non far degenerare la rivolta contadina popolare. Egli, ci racconta poi le paure e le emozioni provate dall’entrata dei piemontesi a Venafro, della gentilezza dei suoi Ufficiali, i quali, egli dice che “ prima pagano e poi chiedono”, e delle nuove speranze che questi suscitano tra la borghesia venafrana. La descrizione particolareggiata e commentata, della visita del Re, Vittorio Emanuele II a Venafro nei giorni 24 e 25 ottobre. Racconta della farsa del plebiscito. Ci addita gli opportunisti ed i traditori.
Ci parla di uomini esemplari e delle amicizie con degli Ufficiali piemontesi, accolti nella loro casa ed in quelle di altri borghesi della Città, mettendo in evidenza l’ospitalità del popolo venafrano. Questi sentimenti sono particolarmente testimoniate attraverso l’arrivo del Battaglione dei volontari milanesi. Cinquecento giovani, comandati dai più fieri figli della borghesia meneghina, per quasi tre mesi presidiano la Città di Venafro ed il territorio circostante, tra l’entusiasmo della popolazione. Racconta, poi, tutte le notizie dettagliate delle azioni dei briganti e dell’animo dei borghesi venafrani i quali temono, allo stesso modo, gli indisciplinati garibaldini e le scorribande dei soldati borbonici sbandati. Essi atterriscono al pensiero dell’incursione di bande di uomini armati che combattono i liberali e depredano le Città, seminando disordine e lutti. Nel contempo non trascura di raccontarci le altrettanto atrocità ed inutili uccisioni effettuate dai piemontesi. Insomma pagine di vita vissuta all’interno di quei rivolgimenti politici e sociali che portarono all’Italia unita.